Mia nipote ha 3 mesi e solo da poco i medici hanno detto che è risultata positiva al test per la fibrosi cistica. In questo momento è ricoverata perchè ha avuto la bronchite e adesso la porteranno a Genova per fare alcuni esami. Vorrei sapere qualcosa di più, perché ci è crollato il mondo addosso. Oltre tutto ho altri 2 nipotini. Può essere che gli esami siano insicuri, essendo la bambina cosi’ piccola? Ho letto infatti che la malattia si sviluppa intorno ai 2 -3 anni. Grazie mille
Rispondiamo a questa domanda facendo alcune supposizioni perché i quesiti non sono del tutto chiari.
Supponiamo che a scrivere sia una nonna, che ha una nipotina, e che questa nipotina stia per essere ricoverata perché si sospetta la fibrosi cistica. Poiché la nonna chiede se gli esami sono “insicuri”, essendo così piccola, bisogna chiarire quali sono questi esami o meglio qual è oggi la procedura in base alla quale la FC può essere diagnosticata o esclusa fin dal primo mese di vita..
In molte regioni d’Italia tutti i neonati sono sottoposti, prima di essere dimessi dalla maternità,
ad un test consistente nel prelievo di una goccia di sangue sulla quale è dosato un enzima, la tripsina. Se questa analisi dà valori alterati si procede in genere con una seconda analisi che è un test genetico (ricerca delle mutazioni del gene della fibrosi cistica). Le due analisi insieme prendono il nome di screening neonatale (= realizzato alla nascita ) per fibrosi cistica.
Il risultato dello screening neonatale, in un limitato numero di casi, può “sbagliare”. Si dice, infatti, che lo screening ha dei falsi positivi (= bambini in cui viene sospettata la FC, ma poi non viene confermata) e dei falsi negativi (bambini in cui la FC non è sospettata e in cui la diagnosi viene fatta solo più in là nel tempo, se presentano sintomi caratteristici della malattia). Su questo argomento ci sono altre risposte (Screening neonatale del 5.10.04, Screening neonatale: test della tripsina e analisi genetica del 2.11.05).
Supponiamo che la nipotina sia risultata positiva allo screening neonatale. A questo punto la diagnosi non è definitiva. Per confermarla serve un altro test, che sbaglia pochissimo (e che non sappiamo se sia già stato eseguito o faccia parte di quelle analisi che la bimba dovrà fare durante il ricovero): il test del sudore. Questo è il test fondamentale per la diagnosi di FC e dà una risposta certa in quasi tutti i casi anche a tre mesi di vita; può esserci qualche difficoltà a volte nei bambini molto piccoli nel raccogliere il sudore, ma si fanno più tentativi di stimolazione della sudorazione fino ad averne una quantità adeguata, in modo da ottenere dal test risultati sicuri.
Il test del sudore può dire se c’è o non c’è la fibrosi cistica anche in bambini che non hanno nessun sintomo, perché l’alterazione del sudore (contenente una quantità di sale maggiore del normale) è presente indipendentemente dall’età del soggetto e dalla presenza o assenza dei sintomi della malattia.
Per quanto riguarda poi l’età di comparsa dei sintomi stessi, bisogna sapere che è molto variabile, non è detto che siano i due-tre anni. In alcuni casi ci possono essere manifestazioni respiratorie e/o intestinali già nei primi giorni o nei primi mesi di vita, in altri solo più avanti nel tempo, non c’è un’epoca o un periodo caratteristico e prevedibile. Ed è molto importante sapere che l’entità dei sintomi e quindi il decorso della malattia può essere molto diverso da caso a caso, ci sono forme “benigne” e forme più severe, per le quali comunque le cure possono fare moltissimo.
E’ importante infatti sapere che si punta molto sulla diagnosi in epoca neonatale o nei primi mesi di vita perché permette un inizio più precoce di una serie di misure che sono adattate alla situazione del bambino: possono essere semplici controlli o vere e proprie pratiche (aerosolterapia, fisioterapia, enzimi pancreatici se necessari) per prevenire la comparsa dei sintomi o per curarli. Numerose ricerche finora svolte hanno dimostrato che in questo modo aumenta per il bambino la probabilità di una vita e di un futuro di buona salute. Non siamo in grado di dire quante siano queste probabilità per il singolo bambino. Ma possiamo dire che scienziati e ricercatori di tutto il mondo si stanno occupando di questa malattia, per far sì che queste probabilità diventino quelle di qualsiasi altro bambino, e che i progressi ottenuti fino a questo punto della ricerca sono stati notevolissimi.
Per quanto riguarda la preoccupazione circa il rischio di fibrosi cistica negli altri due nipotini,
non possiamo essere molto precisi perché non conosciamo alcuni dettagli importanti. Bisognerebbe sapere innanzitutto se sono stati anch’essi sottoposti alla nascita al test di screening per FC, lo stesso a cui è risultata positiva la bambina. Se così fosse c’è da dire che la possibilità che la malattia sfugga allo screening oggi si può considerare molto bassa (altre informazioni sull’argomento si possono trovare nella risposta del 24/01/2005 Screening neonatale: falsi negativi).
E bisognerebbe poi sapere se i due nipotini sono fratelli della bimba in cui è stata appena diagnosticata la FC o figli d’altri figli. Infatti, il rischio di fibrosi cistica cambia molto in relazione al grado di parentela con la bimba già diagnosticata. Per sapere se gli altri nipotini sono stati sottoposti a screening può rivolgersi all’ospedale presso cui sono nati.
Concludiamo le informazioni per questa nonna con una osservazione: anche i nonni hanno bisogno di sapere e anche per i nonni il fatto d’avere informazioni chiare può aiutare a fare chiarezza dentro di sé, a sentirsi meno smarriti e a sostenere meglio il proprio ruolo.
Per tutta una serie di ragioni, le nonne (e talora anche i nonni) sono figure fondamentali nella vita quotidiana delle famiglie italiane d’oggi. Soprattutto se in una famiglia ci sono bambini piccoli ed entrambi i genitori lavorano, il ruolo delle nonne diventa insostituibile e il loro coinvolgimento negli eventi della vita dei figli e dei nipoti è fortissimo. Si potrebbe dire che sono nonne in prima linea, come ci conferma questa nonna, una nonna che prende l’iniziativa di chiedere informazioni via Internet. La diagnosi è stata comunicata ai genitori, ma i nonni la vivono di riflesso sulla loro pelle; può capitare che proprio il fatto di non aver avuto informazioni dirette li renda ancora più preoccupati e li faccia sentire impotenti.
A questi nonni vanno date le informazioni indispensabili e va detto in aggiunta che anche semplicemente facendo i nonni possono fare tante cose. Prima di tutto possono “esserci” per i loro figli, i genitori del bambino malato; possono offrire ai figli l’equilibrio, il buon senso, la capacità di guardare al futuro che in genere hanno le persone di una certa età, cui la vita, con i suoi eventi ora buoni, ora cattivi, ha già insegnato tante cose; possono trasmettere fiducia nelle cure, nelle possibilità della medicina, della ricerca scientifica; sottolineare gli aspetti di salute e di normalità che ha sicuramente anche un bambino diagnosticato affetto da FC; non negare gli aspetti di malattia, ma “accoglierli” e integrarli assieme a quelli di salute (la crescita, il primo dente, i primi passi, le prime parole) nella vita di tutti i giorni.
E poi i nonni possono “esserci” per i loro nipoti, un “esserci” non in polemica o in contrasto, ma in sostegno alle cure consigliate dai medici, aiutando i nipoti ad accettarle come solo le nonne sanno far accettare ai nipoti qualcosa di profondamente sgradito, ma necessario.