Mi hanno sempre detto di fare fisioterapia, ma mia figlia non ha catarro per il momento (ha sei anni) e io ho ritenuto opportuno non stressarla, visto che comunque sta benissimo! Mi chiedo se i bambini con FC debbano essere curati tutti allo stesso modo! Se le informazione che i centri ci danno siano tutte giuste, se sia giusto “curare” anche senza sintomi! Ho paura di sbagliare in entrambi i sensi! Se non tutti sono uguali perchè curare tutti nello stesso modo? Se mia figlia può stare per il momento senza fisioterapia perchè continuano a consigliarla? Non vi sembra che sei anni dimostrino che alcuni possano farne a meno almeno fino a quando non sia veramente necessario? E se la fisioterapia per alcuni casi non serve, come faccio ad avere la certezza che curando mia figlia preventivamente non provoco danni? E le resistenze agli antibiotici non le creano gli antibiotici stessi? Perchè darli? Premetto che mia figlia ha fatto solo quattro cicli antibiotici in tutta la sua meravigliosa vita, so che è fortunata, e vorrei che continuasse ad esserlo! Non vorrei accelerare un processo che forse non si verificherebbe mai! Sbaglio a pormi queste domande? PS: “Mia figlia è seguita in maniera scrupolosa”
Prima risposta
Lei ha colto nel segno una problematica clinica assistenziale che non raramente mette a dura prova i medici curanti. Il dubbio che Lei pone non è italiano ma è mondiale e non ha oggi la risposta adeguata nonostante il continuo miglioramento delle conoscenze sui meccanismi che causano i danni d’organo, in particolare quello polmonare.
Di fatto, la genetica non ci ha aiutato a definire la forma di espressione di malattia, tanto meno ci aiuta il livello del cloro al test del sudore, anche quando esso è superiore a 60 mEq/l. Ci hanno invece molto aiutato a comprendere la storia naturale di alcune forme di malattia esami invasivi come la TAC polmonare o il Lavaggio Broncoalveolare. E abbiamo imparato che bambini apparentemente asintomatici (neppure un raffreddore in 3 anni!) mostrano quelli che noi chiamiamo rimaneggiamenti del tessuto polmonare e che di fatto sono processi di fibrosi e danno del parenchima polmonare. Oppure, studiando il liquido del lavaggio broncopolmonare evidenziamo, oltre ai batteri, alcune cellule che sono espressione di una infiammazione attiva. Ciò significa che il paziente ha perso una piccola percentuale di tessuto in grado di respirare e che se non effettuiamo una terapia di prevenzione il danno progredisce.
Come Lei sa, le uniche armi oggi a nostra disposizione per la prevenzione del danno polmonare sono la rimozione dei secreti e la terapia antibatterica rivolta a germi che colonizzano le vie respiratorie di quel paziente anche se esso non mostra sintomi di infezione bronchiale. Questo modello di lavoro è talmente importante ed ha dimostrato di essere utile nel migliorare la prognosi (cioè la durata di vita e la qualità della stessa) che è stato copiato per altre patologie croniche polmonari diverse dalla fibrosi cistica.
Tutta questa premessa per dirle che abbiamo pochi mezzi a disposizione per decidere chi deve e chi invece può non fare la terapia quotidiana di drenaggio delle secrezioni. Non è facile, perché abbiamo imparato che anche pazienti senza insufficienza pancreatica (quindi con patologia lieve), se non ben trattati, possono andare incontro ad insufficienza respiratoria in età adulta.
Occorrerebbe fare uno studio scientifico prospettico di almeno 10 anni, in cui si confrontano due gruppi di pazienti FC con le stesse caratteristiche cliniche e genetiche, di cui uno sottoposto a fisioterapia quotidiana e l’altro no. Non è facile.
Vincenzina Lucidi,
Responsabile Centro FC, Osp. Bambino Gesù, Roma
Seconda risposta
Riguardo alla fisioterapia come misura* preventiva* non esistono le cosiddette evidenze scientifiche, cioè non è stata chiaramente dimostrata la sua reale efficacia, cosi’ come non ci sono evidenze contrarie, che dimostrino cioè la sua inutilità. Quando viene proposta in questo intento preventivo, e ciò avviene nella maggior parte dei centri in Italia ma anche all’estero, è perchè c’è alla base l’idea che, esistendo nella Fibrosi Cistica, per condizione genetica, una tendenza alla iperproduzione di muco, questa possa
costituire una sorta di misura igienica: tenere puliti i bronchi
per diminuire la probabilità di attecchimento dei germi. Un pò come lavarsi i denti diminuisce il rischio di carie. Un’ altra ragione è quella per cui un bambino che ha acquisito fin da piccolo questa abitudine, è poi più disponibile, piu’pronto, al momento in cui ce ne fosse assoluto bisogno.
Sicuramente la fisioterapia respiratoria non provoca danni, o effetti collaterali, almeno di tipo fisico. Questa, come lei dice, è una “maniera scrupolosa” di curare, che ha una consuetudine e una sua buona motivazione.
Premesso questo, se la sua bambina non ha veramente mai avuto segni di interessamento polmonare, penso che lei possa discutere e scegliere eventualmente con chi ha in cura la bimba strategie diverse, soprattutto tenendo conto dell’eventuale presenza di germi nella coltura faringea profonda.
Per quanto riguarda gli antibiotici, è vero che il loro uso alla lunga provoca resistenze, e cio’ è particolarmente vero per l’uso indiscriminato che ne viene oggi fatto nell’ambiente, per es. per uso agricolo e zootecnico; così come bisognerebbe ridurne l’impiego anche nei bambini (e adulti) quando non ce ne sia bisogno. In Fibrosi Cistica il discorso è un pò diverso, perchè qui sappiamo che l’infezione respiratoria è quasi sempre sostenuta da batteri e che essa può cronicizzare e dare il via al danno polmonare progressivo, per cui l’impiego di antibiotici è un cardine della terapia (e questa volta le evidenze scientifiche ci sono) con diverse strategie, che cambiano a seconda di una valutazione che tiene in considerazione la storia clinica,i germi in causa,la funzionalità respiratoria, le immagini radiologiche, etc. Queste strategie sono diverse nei diversi pazienti. La terapia antibiotica è importante e qui il gioco vale la candela.
Teresa Repetto,
Centro Regionale Toscano FC, Osp. Meyer, Firenze
Terza risposta
In una domanda così, che è piena di emozioni e di vissuto personale (sintetizzabile nel concetto: è molto difficile applicare terapie preventive ad un bambino con fibrosi cistica che sta bene), credo che il medico debba riportare il genitore ad una certa capacità di ragionamento. Ragionare e mettere dei distinguo di fronte alla piena dei sentimenti non è cosa facile, ma a volte può servire al contenimento, insomma a mettere delle sponde, dei confini alla sensazione di malessere e frustrazione che il genitore prova quando si sente non ascoltato e non capito. Quindi: un genitore non sbaglia a porsi delle domande, perchè non può fare nei confronti del figlio cose di cui non è convinto, prima o poi il suo non convincimento risulterebbe sicuramente evidente attraverso comportamenti incoerenti (oggi facciamo la fisioterapia, ma domani no…); e per un figlio invece la coerenza del genitore è un valore fondamentale. Alcune affermazioni di questo genitore sono perfettamente condivisibili da parte del medico: i bambini con FC non sono tutti uguali; i bambini con FC non vanno tutti curati allo stesso modo.
Entriamo più nello specifico: il genitore si pone domande sulla fisioterapia e sull’antibioticoterapia. Non sono, a mio parere, trattamenti sullo stesso piano, per quanto sappiamo sulla loro utilità. Credo si debba ammettere che non abbiamo evidenze certe dell’utilità della fisioterapia nella fase totalmente asintomatica della malattia FC (vedere su questo sito La fisioterapia nel lattante FC senza apparenti sintomi, progressi di ricerca del 15/05/08 ). Quindi, nei confronti di un bambino asintomatico, fatta comunque salva la necessità di istruire il genitore nella fisioterapia da applicare al primo sintomo e fatta salva la necessità di un controllo stretto del bambino stesso, non mi sentirei di suggerire con convinzione una tecnica preventiva. Il genitore sa quello che sappiamo noi, e cioè che non ci sono evidenze a supporto di un tale atteggiamento: in base a che cosa glielo proponiamo?
Diverso il discorso sull’antibioticoterapia: qui mi sembra che abbiamo qualche evidenza in più su quando e quale germe trattare e come trattarlo; e di nuovo, questo il genitore deve saperlo, come lo sappiamo noi. La mia ferma convinzione che occorrano evidenze nelle terapie FC (evidenze che forse potremmo anche non raggiungere mai) si basa anche sul ricordo di quando andavo a spiegare alle mamme FC che assolutamente dovevano applicare una rigorosa dieta povera di grassi (guai al burro nel risotto! guai alle patatine fritte!) ai loro bambini: poi siamo andati nel 1980 a Toronto e lì abbiamo visto i pazienti mangiare allegramente le patatine fritte ..e sono uscite le pubblicazioni dei medici canadesi e di altri che dimostravano l’importanza di fornire molte calorie al malato FC, comprese quelle dei grassi, e personalmente ho capito l’importanza della ricerca clinica. Il paragone può essere forzato, ma credo sia inevitabile avere ragionevoli dubbi sulla prescrizione di alcuni comportamenti curativi, fisioterapia in particolare, in assenza di sintomi, se non abbiamo più che ragionevoli argomenti a favore.
G. Borgo
Nota redazionale. Il tema proposto dalla nostra interlocutrice è effettivamente tra quelli cruciali e sui quali non vi è una risposta definitiva. Per tale ragione abbiamo voluto proporre a chi ci ha rivolto pressanti domande, sul problema delle cure preventive in assenza di sintomi, le riflessioni di tre medici che si occupano o si sono occupati intensamente di assistenza a persone con fibrosi cistica.
Suggeriamo di vedere su questo sito anche alcuni commenti sul tema, a proposito di un tentativo di consenso fatto dai fisioterapisti FC inglesi, in Progressi di ricerca del 15.05.08: La fisioterapia nel lattante FC senza apparenti sintomi . Una messa a punto esauriente sul razionale della fisioterapia respiratoria è affrontata nella risposta alla domanda del 4.07.08: Fisioterapia-Riabilitazione respiratoria nel bambino con fibrosi cistica.