Dopo aver scoperto che io ero portatrice sana di fibrosi cistica i miei genitori si sentirono in qualche modo responsabilizzati e così iniziò il loro impegno a sostegno della Ricerca.
Ottavia Cestonaro è un’atleta professionista, saltatrice di triplo per la Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL) e il Centro Sportivo Carabinieri. Nel suo cassetto coltiva un sogno: i cinque cerchi, le Olimpiadi.
Nel frattempo, rimane con i piedi ben ancorati alla pista partecipando alle principali rassegne, inanellando successi – nel 2018 vicecampionessa ai Giochi del Mediterraneo, campionessa agli Europei juniores nel 2013, vincitrice di 4 titoli italiani assoluti – e conseguendo due lauree, una in Scienze Motorie l’altra in Scienze Forestali.
Ottavia è portatrice sana di fibrosi cistica, è così che ha conosciuto Fondazione.
Sono nata a Vicenza il 12 gennaio 1995. Dopo essere stata sottoposta allo screening neonatale per la fibrosi cistica i medici informarono i miei genitori che dovevano procedere con qualche approfondimento, c’erano dei valori che non tornavano. Il sospetto era che avessi questa malattia e così mi sottoposero al test del sudore.
I giorni in attesa del responso sono stati tremendi. Prima di allora non avevano mai sentito parlare di fibrosi cistica, ma bastò una ricerca per rendersi conto della gravità.
Vennero chiamati dal Centro FC di Verona per il ritiro dell’esito del test del sudore, che è il test diagnostico definitivo per la fibrosi cistica e che completa il percorso di screening neonatale. Leggendolo tirarono un sospiro di sollievo. Per giorni si erano sentiti appesi alla sorte, in balia dei numeri e delle statistiche che avevano letto e riletto sui materiali informativi che erano riusciti a recuperare.
Successivamente, con il test genetico che permette di sapere se si è portatori sani, scoprirono che mia mamma era portatrice sana, così come mia sorella maggiore. Io stessa sono portatrice sana. Negli anni a venire indagarono su tutti i membri della mia famiglia, scoprendo che lo erano anche altri parenti dal ramo materno.
Il Veneto ha sempre avuto una politica d’avanguardia in tema di prevenzione e diagnosi della fibrosi cistica: qui fu realizzato il primo programma di screening neonatale. Oggi tutti i nuovi nati in Italia, ad eccezione di quelli della regione Friuli Venezia Giulia, vengono sottoposti allo screening per la fibrosi cistica, per la legge n. 104 del 5 febbraio 1992. Sempre negli anni ’90 un programma di ricerca del Centro FC di Verona si occupò di rintracciare i portatori sani, reclutando i parenti di neonati con test del sudore positivo o portatori sani, per avvisarli del rischio genetico: così si spiegano le diagnosi di portatore per Ottavia e i suoi familiari. Come risultato di quella ricerca è stata prodotta una pubblicazione scientifica che ha permesso di conoscere le mutazioni del gene della malattia più frequenti nel Nord-Est d’Italia (1). Scarica qui il documento informativo sul test del portatore sano in fibrosi cistica.
Dopo aver scoperto che io ero portatrice sana, i miei genitori si sentirono in qualche modo responsabilizzati e così iniziò il loro impegno a sostegno della Ricerca. Da allora facciamo una donazione di famiglia a FFC, ogni anno, da sempre. So che nella mission di FFC c’è la diffusione della conoscenza sulla malattia: è un argomento che mi sta molto a cuore. Interessando circa 7.000 persone in Italia so che è poco conosciuta. Capita spesso infatti che ne parli con amici e conoscenti e che nessuno di loro ne abbia mai sentito parlare: eppure una persona su 25 in Italia è portatrice sana.
Fuor di retorica, fortunata e grata. Nel mio piccolo non farò mai mancare il mio sostegno alla Ricerca. Inoltre, io e mia sorella oggi sappiamo che possiamo pianificare in futuro una famiglia con una consapevolezza in più.
Questo accordo mi ha profondamente inorgoglita. Come laureata in scienze motorie posso dire che l’attività fisica, di qualsiasi forma e livello, deve diventare sempre di più parte della quotidianità di ognuno. Porta grandi benefici anche nelle persone con fibrosi cistica. Il messaggio che deve passare e che per me è di fondamentale importanza è che noi siamo l’insieme di corpo e mente. Molti si concentrano sul beneficio estetico, in pochi si soffermano sul beneficio mentale che l’attività fisica apporta: lo sport è sotto questo punto di vista una medicina.
È normale che ci siano dei giorni no. È normale sentirsi ogni tanto poco motivati, capita anche agli atleti professionisti. Per esperienza assicuro che gli allenamenti che danno maggiore soddisfazione sono quelli che erano partiti con il piede sbagliato. Io trovo forza nell’obiettivo che mi sono prefissata. Il mio consiglio è dunque di cercarne uno davvero grande e trovare in esso la forza di non mollare: in base alla mia storia, potrebbe essere la consapevolezza che il benessere psicofisico è strettamente legato al tempo che si dedica allo sport. Le motivazioni interne, quelle costruite dentro di noi, sono le più forti: proiettatevi in avanti e non mollate mai.