«Le mutazioni su cui stiamo lavorando sono diventate davvero la prima urgenza a cui pensare, per numero di malati coinvolti e per serietà degli effetti.»
Sembrava una sfida di nicchia quella condotta da circa dieci anni nei laboratori dell’Università di Palermo alla ricerca di soluzioni per le mutazioni nonsenso, dette anche stop, quelle che bloccano la sintesi della proteina CFTR, facendo quindi saltare il meccanismo regolatore delle secrezioni di molti organi, problema che sta alla base della fibrosi cistica.
Mentre gli scienziati di tutto il mondo concentravano i propri sforzi per trovare una risposta alla mutazione di gran lunga più diffusa tra i malati FC, la F508del, un gruppo di ricercatori del Dipartimento STEBICEF siciliano proseguiva con determinazione gli studi dedicati alle mutazioni stop.
Oggi, con l’arrivo di Kaftrio, potenzialmente in grado di coprire il 70% dei malati in Italia, le ricerche palermitane balzano in prima linea: sono loro, le temute mutazioni stop, a rappresentare la sfida del momento, attesa dal 15% delle persone oggi affette da FC nel nostro Paese, la maggioranza dei malati oggi ancora orfani di una cura.
Le risposte potrebbero non essere lontane. Ad alimentare le speranze, il deposito di brevetto internazionale su tre composti e un’opzione di licenza avanzata da una multinazionale per approfondire gli studi. Laura Lentini è professore associato al dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche dell’Università di Palermo, responsabile come principal investigator di tre progetti (su quattro finanziati da FFC a partire dal 2011 presso questa Università), tutti puntati al superamento dei segnali di stop prematuri nelle cellule FC. Progetti portati avanti insieme al gruppo partner della prof. Ivana Pibiri e del prof. Andrea Pace.
“È una sfida che vogliamo portare a termine: le mutazioni su cui stiamo lavorando sono diventate davvero la prima urgenza a cui pensare, per numero di malati coinvolti e per serietà degli effetti”.
Mutazioni stop o nonsenso, il termine spiega la gravità?
“Al contrario di altre mutazioni dove la proteina viene portata a maturazione, nei casi più gravi (semplificando molto) possiamo avere l’intervento del segnale di arresto in una fase precoce di formazione della proteina e la perdita totale del canale CFTR”.
L’Università di Palermo sta lavorando da un decennio su queste mutazioni: cosa avete trovato?
“Abbiamo tre molecole risultate efficaci nella sperimentazione in vitro nel superare il segnale di stop nella sintesi della proteina CFTR. In questa fase non è stata rilevata tossicità, nemmeno dal controllo incrociato fatto all’Istituto Gaslini dal gruppo della dottoressa Nicoletta Pedemonte. Ora, con il progetto FFC 6/2020, stiamo passando al livello successivo: alla valutazione di tossicità in vivo in organismi superiori per capire come viene metabolizzato il composto. Se tali esperimenti daranno i risultati sperati, vogliamo anche capire l’efficacia delle molecole su un sistema modello murino di FC recentemente prodotto negli Stati Uniti dal prof. Craig Hodges”.
Questi nuovi composti, brevettati anche con il concorso di Fondazione Ricerca FC, hanno attratto l’attenzione di un’industria farmaceutica. Lo conferma?
“Al momento possiamo solo dire che c’è un interessamento serio da parte di un’azienda multinazionale: abbiamo un’opzione di licenza ma più di questo non è possibile rivelare”.
Sulle mutazioni stop si sta concentrando l’interesse dell’industria farmaceutica e Palermo si trova in competizione con uno studio di fase II della Eloxx Pharmaceuticals, con sedi negli Stati Uniti e in Israele, specializzata nella ricerca sulle malattie genetiche rare. Come si sente a essere in gara?
“Non ho mai visto i miei studi come una competizione. Per me resta forte la soddisfazione di avere trovato qualcosa che funziona e la convinzione che più prodotti sono benvenuti nel mercato perché aiutano a controllare i prezzi, a perfezionare efficacia e tolleranza. Pensi alla mutazione F508del: sono usciti tanti farmaci e alcuni sono migliorativi dei primi”.
Quando studia, pensa alle persone o solo al farmaco?
“Penso molto alle persone. Ho conosciuto malati, mamme, bambini, ho collaborato con gruppi di volontari e quindi non sono mai asettica: dietro il mio lavoro, dietro i finanziamenti che lo consentono, ci sono tutte le persone che si spendono per questi obiettivi”.
Mi pare che la sua attenzione verso le persone sia ricambiata: il vostro progetto FFC del 2020 è stato immediatamente e completamente adottato dalla Delegazione di Palermo.
“Sono persone forti che sento vicine, che sanno essere concrete e non fanno castelli in aria”.
Lei ha un curriculum di 22 pagine denso di studi, pubblicazioni internazionali, impegni di docenza, attività di ricerca, ma c’è posto anche per altro nella sua vita?
“Sono impegni spalmati in 20 anni di attività! Certo che c’è dell’altro nella mia vita: ho due bambini e giornate molto movimentate. Mi piace cucinare (un debole per le crostate), dipingere (sono una pittrice mancata), allevare bonsai, suonare il pianoforte. Insomma ho bisogno di fare cose normali per staccare la testa”.
C’è anche un marito in tutto questo?
“C’è ma in realtà non c’è quasi mai. È allenatore della nazionale femminile under 21 di canottaggio, spesso in viaggio per gare e allenamenti”.
Mamma mia…
“Sì, nazionale maschile sarebbe stato meglio. Però abbiamo appena fatto 11 anni di matrimonio”.
Siamo al telefono ma sento che sorride. Ci lasciamo con un pensiero al suo gruppo di ricerca con cui “c’è un grande affiatamento e un bellissimo spirito di collaborazione: è come se ognuno di noi fosse il responsabile, le idee sono di tutti e se qualcuno si ferma per le difficoltà un altro spinge. E così riusciamo sempre ad essere sul pezzo”.