“Prima della nascita di Stella mi ero trasferita da Bisceglie a Roma per seguire il mio amore di sempre: la fotografia. Da piccola giravo con la macchinetta ma dopo il liceo ho deciso di fare le cose seriamente e quindi ho traslocato a Roma per un master di fotografia all’Istituto Europeo di Design e in seguito ho iniziato a lavorare con Fabio Lovino (ritrattista di fama internazionale, ha immortalato i volti di personaggi famosi come Robert De Niro, Al Pacino, Benicio Del Toro, David Lynch, Bernardo Bertolucci e molti altri, ndr). È stato in quel periodo che ho conosciuto il mio compagno e che abbiamo deciso di spostarci a Seregno dove è nata Stella”.
“Nessuna. Niente di niente. Io ero del tutto ignorante sull’argomento: nessuno me ne aveva mai parlato e quindi non c’erano state verifiche per sapere se eravamo portatori sani di FC. Il test l’abbiamo fatto solo dopo la diagnosi di Stella: su sei nipoti da parte di mamma, tre erano positive…ma i loro figli erano sani. Da parte del mio compagno, l’unico portatore sano era solo lui”.
“Quello non si dimentica. Era il pomeriggio del 16 settembre e mia mamma era arrivata dalla Puglia per farmi una sorpresa. Stella aveva 13 giorni e io ero felice. Quando hanno chiamato dall’ospedale dicendo che il test neonatale aveva segnalato la possibilità di fibrosi cistica e che erano necessari degli accertamenti, ho provato uno spavento mai sentito prima. È una cosa pericolosa?, ho chiesto, ma la tipa non sapeva cosa rispondere: ha buttato lì solo che era una patologia importante e mi ha dato appuntamento alla De Marchi di Milano (la clinica, sede del Centro di riferimento regionale per la FC, ndr). Non capivo più niente, sono corsa dal mio compagno senza nemmeno svegliare mia mamma che in quel momento stava dormendo sul divano. Lui conosceva questa malattia. È uno curioso, che si interessa di tutto, e l’ho visto spaventatissimo. Dalla felicità all’incubo in un momento solo”.
“Il primo è stato Agostino, un amico pediatra, che da quel momento è diventato anche il mio psicologo! Ci ha detto che dovevamo essere positivi perché la ricerca su questa malattia sta andando avanti bene e che non dovevamo farci suggestionare da quanto leggevamo perché ogni caso è diverso dall’altro. Però sentire parlare di mancanza di respiro, quella è stata per me un’immagine davvero terribile. Stavo imparando a fare la mamma ma non capivo su cosa mi dovevo concentrare: sulla felicità o sulla devastazione che sentivo?”.
“Io e Stella siamo state in ospedale dieci giorni. Continuavano a fare esami ma non dicevano niente. C’era una dottoressa che mi guardava con degli occhi che invece dicevano molto; una notte ho preso coraggio e le ho chiesto se c’era una speranza che si stessero sbagliando. Lei ha riposto soltanto di non attaccarmi a questa possibilità e infatti noi, alla fine, siamo tornati a casa con la diagnosi di fibrosi cistica”.
“Per i primi due anni ho pianto ogni giorno, lo facevo tutte le sere. Eravamo tutti e due disperati ma abbiamo reagito perché, senza di noi, lei non sarebbe andata avanti. Ripensandoci, non credevo di essere così forte. Anzi, prima che succedesse tutto questo, non avrei scommesso su di me”.
“C’è un unico argomento che può tirarti su: la sicurezza che la ricerca va avanti e che ci sarà una cura. Nel frattempo il nostro compito è aiutare i nostri figli ad affrontare la malattia senza paura, nel modo più positivo possibile, come una compagna di viaggio che può essere cattiva e che va sempre tenuta a bada con le cure”.
“Non mi va giù il fatto che non sia già disponibile per tutti: è assurdo che la fibrosi cistica non compaia tra i controlli di routine, consigliati dal ginecologo prima di progettare un figlio. Le coppie dovrebbero essere informate del rischio, della possibilità di test e poi ciascuno decide liberamente. Quando è successo a me, ho avvisato tutte le mie amiche ma – sembra incredibile – nessuna di loro ha fatto il test”.
“La gente pensa che non succederà mai a loro. In questo modo lasciano le cose al caso… e finiscono per decidere per la vita degli altri”.
“Vivo molto alla giornata e cerco progetti fattibili”.
“Passare l’inverno al mare. Amo il mare, è bello, rigenerante, fa bene al respiro di Stella e sarebbe una buona cura per tutti e tre”.
“Spero che la ricerca arrivi prima che le manchi il respiro. Me la immagino sportiva, iperattiva, testarda com’è adesso…e so che da grande mi darà tanto filo da torcere!”.
“Mi manca il mio lavoro e vorrei tanto poter ricominciare”.
“Mi andava di dare il mio contributo per far capire alle persone cos’è la fibrosi cistica e per sensibilizzare sulla ricerca. Ho capito che posso essere utile attraverso la fotografia e aiutare mi fa sentire bene”.
L’intervista a Marisa è stata pubblicata in anteprima sul Notiziario FFC 58, l’avevi letta? Il nostro periodico è sempre disponibile qui: puoi continuare a supportarlo donando con la causale “Notiziario 58”.
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