Giorgia, tu lavori per Intercom Façades, che dallo scorso anno è impegnata in un’attività di Corporate social responsibility, vuoi raccontarci come si è creata questa sinergia?
Tutto è partito dalla mia storia personale. Lavoravo in Intercom Façades da circa 3 o 4 mesi quando ho ricevuto la diagnosi per la tosse e i problemi che si protraevano da tempo: fibrosi cistica. Tutti quanti in azienda hanno vissuto con me questo sconvolgimento. Ho affrontato il primo ricovero (quasi 20 giorni) e le mie colleghe hanno assistito anche ai miei momenti più difficili.
A livello personale ho subito avvertito il bisogno di avere attorno persone che sapevano cos’è la fibrosi cistica, che avevano familiarità con quanto ho iniziato a imparare a 23 anni, quindi la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica e la Delegazione di Padova, nella persona di Alessia soprattutto, mi hanno fornito un primo supporto.
Successivamente, ho iniziato a parlarne in azienda. Tutti sono stati molto partecipi e sensibili, dalla dirigenza ai colleghi. Intercom Façades era già attiva rispetto a temi sociali e ha voluto esprimere la propria vicinanza contribuendo a dare un aiuto concreto per la ricerca di una cura per tutti i malati di fibrosi cistica.
Non solo l’azienda ha contribuito con una donazione, ma tu e i colleghi avete partecipato attivamente. Come ti ha fatto sentire vedere il coinvolgimento in prima persona delle persone con cui lavori tutti i giorni?
È stato emozionante e inaspettato sentire la vicinanza e comprensione di tutti colleghi, i quali mi si sono stretti attorno e, oltre a donare personalmente per i ciclamini della Campagna Nazionale, mi hanno da subito chiesto maggiori informazioni in merito alla mia situazione e alla malattia. Mi sono sentita compresa e sostenuta dalla loro grande sensibilità nei miei confronti e nei confronti della particolare situazione in cui mi sono ritrovata.
In generale, perché un’azienda dovrebbe fare un’esperienza simile e attivare i propri dipendenti? Qual è il valore aggiunto della Fondazione?
Fare un’attività di beneficenza di questo tipo, come la campagna ciclamini, è un modo funzionale e coinvolgente per fare del bene. Nello specifico, la Fondazione garantisce la massima trasparenza: sapere che ci sono dei delegati sul territorio e che la sede è nella nostra regione (Intercom Façades è in provincia di Padova, FFC Ricerca a Verona) dà sicurezza. Inoltre, il meccanismo dell’adozione di progetto permette di sapere con esattezza dove vanno i fondi raccolti e come concretamente si contribuisce alla causa. I farmaci di oggi, come Kaftrio, sono la dimostrazione concreta che il lavoro fatto dalla Ricerca serve.
Inoltre, penso che in ogni azienda sia fondamentale fare sensibilizzazione: far conoscere la malattia, comunicare che c’è 1 portatore sano ogni 30 persone e che esiste un test per saperlo. In fin dei conti, in ogni azienda ci sono dei dipendenti giovani che possono pensare a creare o ad accrescere la famiglia.
Ti è capitato di parlare del portatore sano di FC e della Campagna informativa 1 su 30 e non lo sai in azienda? Potrebbe essere un modo interessante di coinvolgere più persone?
Sì, mi è successo! Dopo la raccolta in azienda, ho ringraziato i colleghi e li ho informati per coinvolgerli, e abbiamo anche discusso di questo. Ho saputo che alcuni colleghi si sono successivamente interessati al test per i portatori di FC. Ritengo sia fondamentale sensibilizzare riguardo a questo test, affinché tutti coloro che desiderano diventare genitori possano farlo con consapevolezza e prevenire il concepimento di un bambino affetto da questa patologia.
Quanto è importante il legame con le Delegazioni o gruppi di sostegno dei volontari FFC Ricerca sul territorio?
Avere un tramite diretto tra Fondazione e il territorio è decisivo, è più a misura, sei e ti senti più vicino. A livello personale per me è stata un’àncora vitale: avere persone vicine che conoscono e capiscono la tua situazione, confrontarsi su come ti senti rispetto ai farmaci, come affronti notizie spiacevoli come Pseudomonas… Attraverso la Delegazione e altri volontari ho avuto la fortuna di incontrare persone molto disponibili, che mi hanno fatta sentire meno sola a dover gestire questa situazione completamente nuova e con i quali avere sempre la possibilità di confrontarmi.
Cosa ti senti di aggiungere, per coinvolgere altre aziende o per valorizzare la Fondazione come partner per progetti di CSR?
Mi rendo conto che i banchetti o le pubblicità su questo tema, in generale, possano non dare fiducia a chi è sospettoso verso il terzo settore. Invece, creare questi momenti all’interno di un’azienda, in modo organizzato, è più efficace perché non è percepito come l’ennesima associazione che chiede denaro, ma ti trovi in un ambiente che conosci, sei più aperto all’ascolto e c’è maggior fiducia. Di conseguenza, si comunica di più e meglio, si arriva più in profondità. È importante che le aziende si attivino e selezionino con serietà.
I punti di forza della Fondazione sono la concretezza nel far vedere l’adozione dei progetti e l’approccio positivo delle Campagne. Ci si sente realmente utili e vicini alla causa che si sostiene.