“Una cura per tutti” è il messaggio che negli ultimi anni ha riassunto l’obiettivo che Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica si pone. Si tratta di frase che vuole mettere a fuoco il nostro impegno principale, ma che merita di essere approfondita. Che si intende effettivamente per “cura” e che cosa per “tutti”?
Prendersi cura, per trovare una cura
Cura può essere vista come attenzione, sollecitudine, come nell’espressione “prendersi cura”. Si tratta di un’interazione che abitualmente riguarda il rapporto tra due persone più di quella che un’istituzione può avere nei confronti di chi la segue e vi partecipa. Eppure, in una certa misura questo significato può riferirsi anche a Fondazione, sia per l’attività di informazione che si occupa di dare risposte alle domande che le persone con FC e le loro famiglie si pongono sui vari aspetti della malattia, ma anche nel senso di cercare di rispondere a bisogni di ricerca.
Proprio questi bisogni di ricerca indicano la necessità di lavorare per raggiungere la “cura” intesa come altro significato di questa parola, cioè rimedio, terapia.
Oggi, quando una persona con FC pensa a nuove terapie, la sua attenzione è rivolta soprattutto ai farmaci modulatori, composti che recuperano parzialmente la funzione della proteina CFTR.
Non vi è alcun dubbio che i modulatori, e in particolare Kaftrio, abbiano portato nella maggior parte delle persone che li usano a notevoli miglioramenti, tali da indurre un’iniziale discussione nella comunità FC sul ridimensionamento della strategia di cura e sul futuro ruolo dei Centri FC.
Cura o guarigione?
Può essere allora giustificato chiedersi se almeno per queste persone si sia finalmente arrivati alla fine di un percorso di molti anni, alla cura, e che a questo punto vi sia scarso significato e rimanga poca necessità di proseguire nella ricerca. Credo che vada detto con chiarezza che, purtroppo, questo traguardo non è ancora stato raggiunto. Innanzitutto, perché chi viene trattato con modulatori può recuperare uno stato di salute in alcuni casi veramente ottimo, ma non è guarito dalla FC, che si ripresenterebbe con tutte le sue manifestazioni se la terapia dovesse essere interrotta.
Perché ricercare farmaci sempre migliori
Non tutte le persone in trattamento, ad esempio con Kaftrio, traggono lo stesso beneficio, e stanno anche emergendo segnalazioni su alcuni casi che registrano una completa mancanza di miglioramento clinico. Questo non deve sorprendere, perché in generale la variabilità della risposta ai farmaci è nota. Oltre a questo, gli studi clinici che hanno preceduto la commercializzazione di Kaftrio mostravano che un piccolo gruppo di persone non godeva di alcun miglioramento in parametri chiave come il test del sudore o la spirometria.
Più di quattro anni dopo la prima introduzione di Kaftrio nella pratica clinica, negli Stati Uniti, non è ancora completamente chiarito perché questo accada.
In alcuni casi la ragione può essere l’assunzione scorretta o incostante del modulatore, o il contemporaneo utilizzo di farmaci che possono attivare meccanismi che degradano il composto riducendone il tempo di presenza e l’attività nell’organismo.
Alcune ricerche indicano che mutazioni rare non precedentemente identificate possono contribuire alla scarsa o assente risposta a Kaftrio. Altri fattori ancora, che non conosciamo, potrebbero essere coinvolti.
Altri aspetti critici sono l’impossibilità di prescrivere modulatori a persone che, pur avendo mutazioni compatibili, non hanno ancora l’età che ne consente l’uso o sono stati trapiantati; l’efficacia di questi farmaci sulle manifestazioni di malattia non respiratorie e sulle colonizzazioni di batteri e sull’infiammazione nel polmone, che per ora appare limitata. Infine, non mancano alcuni effetti collaterali, verosimilmente non ancora tutti identificati, come dimostra il fatto che soltanto recentemente è stato incluso tra questi l’aumentato rischio di depressione.
Tutto questo indica chiaramente la necessità di proseguire la ricerca anche per chi oggi usa con soddisfazione i modulatori, con l’obiettivo di sviluppare alternative a questi farmaci (progetti strategici FFC Ricerca: Task Force for Cystic Fibrosis, Molecole 3.0, GenDel-CF), di monitorarne gli effetti non solo positivi ma eventualmente anche negativi (progetto Effetto Kaftrio e FFC#1/2023), di identificare terapie che controllino più efficacemente il circolo vizioso di infezione e infiammazione alla base dei sintomi (con questo obiettivo, nel 2023 sono stati finanziati 11 progetti sull’infezione e 3 sull’infiammazione in FC).
L’urgenza di una cura per chi non ce l’ha
Nonostante tutti questi aspetti sottolineino che la ricerca ha ancora molto da fare per le persone che oggi possono usare i modulatori, la loro condizione è comunque decisamente favorevole rispetto al 10-20% di malati nel mondo – e al 30% in Italia – con mutazioni per le quali i modulatori CFTR non sono utilizzabili. La necessità di cura di queste persone, pur senza dimenticare le altre, è prioritaria per la ricerca.
Una parte di costoro non accede ai modulatori perché le agenzie che regolano l’accesso ai farmaci (EMA in Europa, AIFA in Italia) richiedono prima di procedere dati di sperimentazione sull’uomo, difficili da ottenere per mutazioni rare. Per altri, si tratta di mutazioni che provocano difetti nella proteina apparentemente non corretti dai modulatori oggi disponibili. L’identificazione di nuovi farmaci modulatori è una via per dare una risposta a questi bisogni (progetti Task Force for Cystic Fibrosis, Molecole 3.0).
Terapia di precisione sulle mutazioni rare
Dati di theratyping, ottenuti tramite misurazioni che valutano su colture cellulari la possibile risposta individuale della proteina CFTR mutata a terapie modulatrici, possono inoltre essere indicativi di una buona risposta clinica nei malati, e in questo modo contribuire ad ampliare il numero di mutazioni trattabili con modulatori in commercio o in fase sperimentale. Sono attualmente attivi tre progetti di Fondazione sul theratyping (FFC#3/2023, 8/2021, 10/2021) e il Servizio colture primarie è una fonte importante di cellule per eseguire queste valutazioni.
La possibile via risolutiva della terapia genica
Altre persone ancora presentano alterazioni del gene CFTR che impediscono la produzione di proteina su cui i modulatori possano agire. Per costoro il percorso di ricerca che oggi viene tenuto in maggior considerazione, pur con le inevitabili difficoltà che sempre si incontrano nel cercare di sviluppare una terapia efficace, è quello della terapia genica, un approccio che peraltro potrebbe potenzialmente essere utilizzato per trattare tutte le persone con FC. Alcune ricerche in questo campo hanno l’obiettivo di inserire sequenze corrette di DNA o molecole di RNA nella cellula, che
potrebbe così produrre una forma funzionante di proteina CFTR. Uno degli aspetti più complessi di questo approccio è quello di fare arrivare il materiale genetico all’interno delle cellule bronchiali, utilizzando delle strutture trasportatrici di origine virale o lipidica chiamate vettori.
L’intero processo che porta il materiale genetico all’interno della cellula si chiama delivery, e proprio allo sviluppo di sistemi efficaci di delivery si dedica GenDel-CF, il nuovo grande progetto strategico di Fondazione. Lo studio, a cui partecipano importanti laboratori internazionali, avrà una durata di tre anni, sta iniziando in questi mesi e viene presentato in questo Notiziario dalla sua coordinatrice, la professoressa Anna Cereseto.
La ricerca ha portato senza dubbio a grandi risultati, che sono evidenti se pensiamo a come la FC sia cambiata negli anni. Alcune terapie sono diventate sempre più personalizzate, cioè specifiche per alcuni, ma purtroppo non utilizzabili da altri.
Questi ultimi devono oggi essere al centro della ricerca, per riuscire a identificare nuove opzioni di trattamento, ma è ugualmente importante che per tutte le persone con FC la ricerca prosegua per raggiungere l’obiettivo della miglior cura possibile.
Questo intervento compare anche sul Notiziario FFC Ricerca 63.