Le iniziative di FFC Ricerca per migliorare durata e qualità di vita di tutte persone con FC e sconfiggere tale patologia aumentano.
Da quest’anno, accanto al tradizionale bando che dal 2002 promuove progetti di ricerca in FC, ci sarà anche il Gianni Mastella Starting Grant (GMSG), uno schema di finanziamento per sostenere giovani ricercatori e ricercatrici che vogliono consolidare la loro carriera nello studio della fibrosi cistica.
La prima edizione del grant ha riscosso grande interesse, con 15 candidature e altrettante proposte di ricerca pervenute a Fondazione. A seguito del percorso di valutazione, il progetto vincente è stato quello della dott.ssa Giulia Maule del dipartimento CIBIO dell’Università di Trento che, nei prossimi tre anni, si dedicherà a studi di terapia genica basati sulla tecnologia CRISPR-Cas. Abbiamo chiesto a Giulia Maule di raccontarci qualche dettaglio in più sul suo progetto di ricerca e sull’importanza del finanziamento ricevuto.
Il Gianni Mastella Starting Grant sosterrà la sua ricerca per i prossimi tre anni: di cosa si occuperà?
Avrò la fortuna di continuare gli studi in un campo che mi appassiona sin dall’università, quello della terapia genica. Nel laboratorio di cui faccio parte usiamo in particolare il sistema CRISPRCas, composto da una forbice molecolare chiamata Cas, capace di tagliare il DNA in punti precisi e voluti, e da un RNA guida, che indirizza la forbice al punto nel DNA che deve essere tagliato.
Che tipo di mutazioni cercate di correggere, in fibrosi cistica?
I nostri studi sono focalizzati sulle mutazioni di splicing a carico del gene CFTR, tra cui la 3272–26A>G, la 3849+10kbC>T e la 2789+5G>A. Lo splicing è quel meccanismo che permette il montaggio (una sorta di taglia e cuci) del messaggio portato dal DNA per dare inizio alla produzione della proteina. Le mutazioni di splicing impediscono in tutto o in parte il corretto funzionamento di questo processo.
Avete già raggiunto qualche risultato su queste mutazioni?
Abbiamo messo a punto tre diversi approcci di editing per correggere queste mutazioni e siamo riusciti a ottenere buoni risultati in vitro su modelli. Nel tempo, abbiamo anche perfezionato
sempre più l’azione di CRISPR-Cas nel riparare CFTR in modo che sia più precisa nel taglio. La sfida adesso consiste nel trovare un modo per portare il sistema CRISPR-Cas alle cellule bersaglio in vivo, cioè direttamente al polmone delle persone con FC. E qui entra in gioco il mio progetto, che si propone di sviluppare un nuovo sistema di trasporto per fare terapia genica in vivo a livello polmonare.
Su cosa si baserà questo trasporto?
Su particolari particelle costituite da elementi derivati da virus, che però del virus mantengono solo l’involucro mentre all’interno ci sarà la proteina Cas e la sua guida a RNA. Questo tipo di sistema ha il vantaggio che permette di modulare l’azione di Cas ed evitare o comunque ridurre al minimo i tagli fuori bersaglio, pur mantenendo efficiente l’azione di editing (correzione).
È una tecnica nuova o l’avete già sperimentata?
Nel laboratorio in cui lavoro abbiamo già sviluppato un sistema simile, molto efficiente nel trasportare Cas all’interno di vari tipi cellulari: purtroppo però non arriva ai polmoni, quindi è necessario cambiare l’orientamento delle particelle, per renderle specifiche per questo organo.
Uno studio che potrebbe avere un impatto concreto nelle persone con FC. E nella sua carriera di scienziata?
I finanziamenti sono sempre difficili da ottenere, soprattutto in Italia, e ricevere un sostegno del genere subito dopo il dottorato è un grande aiuto. Il GMSG rappresenta un passo importante per la mia carriera. Mi permette di continuare a fare ricerca in un campo che mi appassiona molto e in un ambiente scientifico all’avanguardia. Non è scontato avere questa possibilità. Non penso che siamo distantissimi dal riuscire a mettere a punto un sistema efficiente di trasporto CRISPR-Cas; e poi in laboratorio abbiamo pensato ad alcuni piani B per raggiungere comunque l’obiettivo.
Quello che il prof. Mastella chiamava “fervore di idee” e che poi si è concretizzato nella nascita dei bandi di ricerca. Lei lo ha conosciuto, il prof?
Non ho avuto l’occasione di conoscerlo di persona, ma per il nostro gruppo di ricerca il suo supporto è sempre stato fondamentale, fornendoci una visione più ampia delle tematiche legate alla fibrosi cistica e allo sviluppo di una cura per questa malattia. Il suo punto di vista, molto attento e scrupoloso, ha generato all’interno del nostro gruppo un grande
rispetto nei suoi confronti.
A proposito del gruppo di ricerca, non sarà da sola a portare avanti questo progetto.
Siamo in tanti nel gruppo di Anna Cereseto, avrò diversi collaboratori ma principalmente lavorerò a stretto contatto con una dottoranda. Sento però una grande responsabilità, verso me stessa, le persone con FC, la Fondazione: è la prima volta che mi trovo a rispondere in prima persona delle mie idee e della mia ricerca. Anche se, devo ammettere, è davvero entusiasmante e mi dà l’opportunità di lasciare qualcosa nel tempo: per quanto piccoli potranno essere gli avanzamenti, sono sicura che avranno un impatto.
Questa intervista compare anche sul Notiziario FFC Ricerca 61.