Il miglioramento dell’attesa di vita ha prodotto un rilevante aumento della popolazione adulta affetta dalla malattia FC, per cui, di fatto, circa la metà dei pazienti seguiti dai Centri FC ha un’età superiore ai diciotto anni. Come per altre malattie croniche, quindi, è di fondamentale importanza trasferire la presa in carico dei pazienti da una struttura di assistenza pediatrica a una dell’adulto, ove le necessarie competenze proprie dell’età sono garantite. Il processo di transizione da una struttura all’altra (“transition”) si accompagna però a molteplici difficoltà: diffidenza dei pazienti e dei loro famigliari nei confronti di nuove figure professionali di riferimento, difficoltà da parte degli operatori dell’adulto nei confronti di una malattia fino a poco tempo fa poco conosciuta al di fuori dei confini della pediatria, problemi strutturali dei reparti di assistenza dell’adulto e insufficiente comunicazione tra gli operatori delle due strutture. Già a partire dal 1996 la Cystic Fibrosis Foundation in U.S.A. si è occupata del problema “transition” e ha fornito norme generali in base alle quali, tra l’altro, viene raccomandato il passaggio alla struttura dell’adulto entro i ventuno anni.
Gli Autori di questo studio (1), operatori del Centro FC pediatrico dell’Università del Michigan (U.S.A.) avevano, di fatto, già iniziato l’organizzazione del processo di “transition” presso una Pneumologia dell’Adulto nei primi anni ’80. Il loro schema organizzativo si è basato sulla preparazione al passaggio alla struttura dell’Adulto grazie alla comunicazione, fin dal momento della diagnosi, del programma futuro di trasferimento; alla progressiva responsabilizzazione del paziente già dai primi anni dell’adolescenza, favorita da frequenti contatti con psicologi e assistenti sociali; e alla presa di contatto precoce tra il team dell’adulto e i pazienti. Al momento della “transition”, decisa collegialmente dagli operatori del bambino e dell’adulto, il contatto del paziente con il Centro dell’Adulto si concretizza con visite degli operatori del Centro degli Adulti nel Centro pediatrico, visite del paziente nella struttura dell’Adulto e condivisione, nel corso di meeting ripetuti, della documentazione clinica relativa al paziente.
In questo studio vengono pubblicati i risultati di questionari compilati da pazienti in regolare follow up presso il Centro degli Adulti con diagnosi di malattia effettuata in età pediatrica. Il questionario ha compreso domande riferite al grado di soddisfazione e alle condizioni psicofisiche presenti prima e dopo la “transition”. Il disegno dello studio ha previsto il confronto tra le risposte fornite dai pazienti che avevano seguito il programma di transizione in atto presso il Centro (gruppo A) e un gruppo di pazienti, prima seguiti presso altri Centri FC Pediatrici, che erano pervenuti al Centro degli Adulti senza aver seguito il percorso specifico descritto (gruppo B).
91 pazienti hanno completato il questionario. 44/91 appartenevano al gruppo A. Le caratteristiche demografiche e cliniche dei due gruppi, al momento della compilazione del questionario, non differivano se non per l’età (mediamente più anziano il gruppo B) e la funzionalità respiratoria (mediamente peggiore nel gruppo B). I pazienti del gruppo A hanno manifestato un maggiore livello di soddisfazione per l’assistenza ricevuta nel periodo pre-“transition” e un maggiore grado di benessere percepito del proprio stato clinico. Non è stata dimostrata però alcuna differenza significativa fra i due gruppi nel grado di soddisfazione del livello di assistenza ottenuto nel Centro dell’Adulto, nel grado di ansia associato al processo di trasferimento; e nemmeno rispetto al grado di indipendenza raggiunto dal paziente nella gestione della malattia. Nell’ambito del programma “transition” è risultata soprattutto apprezzata, da parte dei pazienti, la possibilità di avere contatti ripetuti col medico dell’adulto già nell’ ambiente pediatrico. Gli Autori, a conclusione del loro lavoro, affermano che le risposte ottenute dimostrano come il loro programma “transition” ottenga complessivamente un buon apprezzamento da parte dei pazienti e una buona ricaduta sulle condizioni cliniche dei pazienti stessi.
A commento di questo lavoro, va segnalato però che i risultati ottenuti sono solo parzialmente convincenti circa la reale efficacia dello schema organizzativo. Da un lato, infatti, non vengono fornite informazioni su eventuali differenze tra i due gruppi riguardo l’evoluzione clinica (espressa in termini “oggettivi” con i parametri abitualmente usati, come FEV1% e dati microbiologici) e il grado di aderenza al follow up nel corso dell’assistenza nella struttura dell’Adulto; dall’altro il programma “transition” non sembra risultare efficace nel prevenire la condizione di ansietà che è uno dei principali “effetti collaterali” del passaggio al Centro dell’Adulto. Forse avrebbe dovuto essere presa in considerazione, come parametro fondamentale, l’età media del trasferimento stesso. Potrebbe essere, infatti, di grande impatto sull’efficacia del programma trasferire un paziente nella struttura dell’Adulto durante l’adolescenza, età in cui già si verificano importanti cambiamenti fisiologici. Questo lavoro ha comunque il pregio di aver focalizzato nuovi argomenti di discussione in un tema che, seppure con notevole ritardo rispetto al mondo anglosassone per motivi culturali, sta diventando di grande attualità anche nella realtà italiana. Massima attenzione deve essere assicurata a questo necessario passaggio nella storia naturale della FC, perché una cattiva gestione del problema si può accompagnare a pesanti ricadute sulla prognosi della malattia, soprattutto legati a perdita di aderenza al programma di cura e di follow up.
1. Chaudhry S. “Evaluation of a Cystic Fibrosis Transition Program from Pediatric to Adult Care” Pediatric Pulmonology. 2012;DOI 10.1002/ppul.22647