La complessa sintomatologia della FC si basa su un difetto genetico che, impedendo il corretto funzionamento della proteina transmembrana CFTR, determina un’inadeguata idratazione dei secreti ghiandolari nei vari organi e apparati dei soggetti affetti. Le terapie oggi a disposizione mirano a contrastare i danni che conseguono a questo problema ma non sono in grado di prevenire, se non in piccola parte, la comparsa dei problemi stessi. Negli ultimi 10 anni, però, la ricerca si è indirizzata allo studio di farmaci in grado di intervenire direttamente sul difetto primario della patologia FC. Poiché il difetto genetico è causato da oltre 1900 mutazioni diverse, il tipo di malfunzionamento della proteina CFTR non è il medesimo per tutti i pazienti e la terapia deve essere personalizzata sulla base del tipo di mutazione responsabile della malattia. Al momento attuale esistono due grandi categorie di farmaci per la CFTR: i “correctors” che inducono la produzione della proteina a livello intracellulare e i “potentiators” che ne aumentano l’attività a livello della membrana cellulare. VX-77O, un farmaco della prima categoria, approvato per il commercio negli USA con il nome di Kalydeco, ha dimostrato buona efficacia e sicurezza in pazienti portatori di una mutazione del gene CFTR (la G551D) presente in circa il 4% dei pazienti FC americani. Ivacaftor ha anche dimostrato, attraverso prove di laboratorio, una certa attività in cellule bronchiali di pazienti con mutazione DF508. Gli Autori di questo studio (1) riportano i risultati ottenuti da Ivacaftor in pazienti che hanno due mutazioni DF508.
Sono stati arruolati 130 pazienti in follow-up presso 32 Centri FC in USA, con età eguale o superiore a 12 anni e con funzionalità respiratoria medio-buona (FEV1 =>40%). I pazienti sono stati divisi in due gruppi: il primo gruppo (Gruppo A: 104 pazienti) ha assunto ivacaftor alla dose di 150 mg due volte al giorno per bocca e il secondo gruppo (Gruppo B: 26 pazienti) ha assunto un placebo. Il disegno dello studio ha previsto una prima fase (Part A) di 16 settimane cui hanno partecipato tutti i pazienti arruolati e la somministrazione del farmaco o del placebo era “in doppio cieco”; e una seconda fase (Part B) in cui solo i pazienti di entrambe i gruppi che avevano dimostrato un miglioramento significativo dei parametri di funzionalità respiratoria e dei valori del test del sudore, hanno continuato il farmaco (“in aperto”) per altre 96 settimane. Come parametri utili a dimostrare la sicurezza del farmaco in studio sono stati considerati la comparsa di eventi avversi (comprese le riacutizzazioni broncopolmonari) e l’alterazione di parametri clinici e di laboratorio riferibili a problemi respiratori, cardiaci, epatici e renali. L’efficacia è stata valutata in base all’analisi dell’andamento della funzionalità respiratoria, della concentrazione di sodio e cloro nel sudore, sullo stato nutrizionale e sulla qualità della vita valutata tramite questionario compilato dai pazienti.
I risultati dello studio hanno dimostrato che Ivacaftor ha un buon profilo di sicurezza. Gli eventi avversi e l’alterazione dei parametri clinici e di laboratorio infatti sono stati simili nei due gruppi considerati, ad eccezione del numero di riacutizzazioni broncopolmonari che sono state meno frequenti, anche se non significativamente, nel gruppo A.
Il farmaco però non ha dimostrato un’efficacia apprezzabile rispetto al placebo né sull’andamento delle prove di funzionalità respiratoria, né sullo stato nutrizionale né sulla qualità della vita, sia nella Part A, sia nella Part B dello studio. Il farmaco ha determinato nella Part A dello studio una piccolissima, ma statisticamente significativa, diminuzione del cloro nel sudore (in media meno 2.9 mmol/L), che però non è stata confermata nella seconda fase (Part B, molto più lunga, ma con molti meno pazienti). Per il 15% dei soggetti trattati la riduzione del cloro è stata superiore o uguale a 10mml/L, supportando quindi l’ipotesi che in questi una quota di proteina CFTR mutata abbia comunque raggiunto la membrana cellulare e lì sia stata potenziata dal farmaco.
Gli Autori discutono i loro dati affermando che ivacaftor si è dimostrato complessivamente sicuro e ben tollerato, anche se, purtroppo, non è stato possibile evidenziarne una reale efficacia nei pazienti con due mutazioni DF508. E’ forse ipotizzabile, in base alla frequenza di riacutizzazioni polmonari e al temporaneo effetto sulla concentrazione di Sodio e Cloro nel sudore, una parziale efficacia in una sottopopolazione di questi pazienti. Ma si deve concludere dicendo che ivacaftor, almeno alle dosi e con le modalità studiate, non può essere considerata una valida arma terapeutica per i soggetti con due mutazioni DF508, e questo è importante dal momento che DF508 è la più frequente mutazione genetica associata alla malattia. Parimenti però, deve essere sottolineato che, anche se molto lavoro è ancora da fare, la via della terapia farmacologica della proteina CFTR è una strada sicuramente promettente, che può realmente cambiare la prospettiva generale nella cura della FC. Di fatto, una parte considerevole dei trials clinici in corso in tutto il mondo, nell’ambito della FC, riguarda proprio questo campo di ricerca. Sono già in fase avanzata di studio trials sull’efficacia di una seconda molecola (il correttore VX-809) da sola o in combinazione con ivacaftor nei pazienti con una o due mutazioni DF508: è ipotizzabile che la combinazione di un correttore (VX-809) con un potenziatore (ivacaftor) possa ottenere migliori risultati.
1. Flume P. A. “Ivacaftor in Subjects with Cystic Fibrosis who are homozygous for the F508del-CFTR mutation” Chest 10.1378 /chest.112672