La malattia polmonare FC richiede frequenti cicli di terapia antibiotica per via endovenosa: può succedere che in alcuni casi l’accesso alle vene periferiche diventi difficile: perchè sono troppo usate, perchè si sono danneggiate, perchè i farmaci infusi sono irritanti. Vi è allora l’indicazione all’utilizzo di un catetere venoso centrale, vale a dire di un dispositivo (una cannula morbida e pieghevole di silicone) che serve a mettere in comunicazione con l’esterno una grossa vena del collo (la succlavia o la giugulare) e che permette di effettuare per questa via prelievi di sangue, infondere farmaci o sostanze nutritive. Per inserirlo è necessario l’intervento del chirurgo, che pratica una piccola incisione sulla pelle e inserisce il catere nella vena “centrale” (di lì il catetere prosegue fino al cuore, nell’atrio destro). L’incisura del punto di ingresso viene chiusa con pochi punti che sono rimossi dopo qualche giorno. Una breve porzione del catetere rimane libera esternamente e viene chiusa con un tappo speciale. Il catetere non si nota sotto l’abbigliamento e non impone limitazioni (le sole attività sconsigliate sono il nuoto e gli sport che implicano un contatto fisico potenzialmente traumatico e il pericolo di urti). L’utilizzo di cateteri venosi centrali (CVC) è divenuto negli ultimi anni più frequente anche nei malati FC. Ma non sappiamo “quanto” frequente. Inoltre non esistono linee-guida riguardanti quando effettivamente sia opportuno inserirlo, i requisiti, le condizioni cliniche dei malati FC che lo usano.
Per conoscere questi dati e per arrivare a valutazione omogenee sull’utilizzo del CVC, il Gruppo Infermieri della Società Italiana Fibrosi Cistica ha ideato uno studio (1) basato su di un questionario conoscitivo, che è stato inviato a tutti i Centri e Servizi di supporto per la FC in Italia. Hanno restituito il questionario 19 Centri, che seguono complessivamente 2256 malati, pari al 55% dei malati FC italiani registrati. I portatori di CVC sono risultati 54, pari al 2.4% dei malati, e sono prevalentemente adulti o adolescenti, ma in 4 casi anche bambini con età inferiore a 6 anni. I motivi che hanno portato più frequentemente all’inserimento sono stati il fatto che le vene superficiali si erano daneggiate e/o risultavano insufficienti (64.5%), la necessità di svolgere terapia endovenosa protratta o frequente a domicilio (15.5%), la necessità di infondere farmaci irritanti,le ospedalizzazioni frequenti. Tra le cause più frequenti di rimozione del CVC va considerata l’infezione dello stesso. In 7 casi è stato rimosso perchè non più necessario, ad esempio dopo il trapianto d’organo.
Un dato particolarmente interessante evidenziato dallo studio è che 7 Centri ( che raggruppano 612 malati) non hanno alcun malato portatore di CVC, mentre altri 4 Centri (che raggruppano 570 malati) hanno più del 5% dei loro assistiti portatori di CVC. Esiste quindi una notevole differenza fra i Centri di cura ed è necessario che vengano elaborate delle linee-guida che orientino i medici nella scelta di proporre al malato l’inserimento di un CVC.
1) Ballarin S , Milella I et all “Uso del catetere venoso centrale nei pazienti con fibrosi cistica: un indagine nazionale” Atti del XII Congresso Italiano della Fibrosi Cistica. Firenze , 23-25 novembre 2006. Minerva Medica Vol 97, Suppl n 5, Ottobre 2006, pag 139.