Attualmente non esiste una terapia specifica contro l’infezione da virus Covid-19. Il nome scientificamente corretto del virus è in realtà SARS-CoV-2, mentre si usa il termine Covid-19 per definire l’infezione dell’attuale pandemia. Il nome scientifico lascia anche intendere la stretta parentela dell’attuale virus con quello più virulento e letale che fu causa di un’epidemia più circoscritta geograficamente (Cina e Canada) alcuni anni orsono.
C’è un fervore di studi in tutto il mondo, Italia compresa, per mettere a punto un vaccino efficace per prevenire l’infezione: questo richiederà ancora parecchio tempo. Attualmente sono in corso trattamenti empirici, con benefici reclamati in alcuni casi, basati su farmaci antivirali già impiegati per le infezioni da virus Ebola e AIDS; ma anche anticorpi monoclonali (Tucilizumab) che agiscono non sul virus ma contrastano l’eccesso di un mediatore dell’infiammazione (Interleukina-6, IL-6), responsabile della polmonite interstiziale dell’infezione Covid-19. Su quest’ultimo è stato avviato in Italia un trial clinico.
La novità, comunicata via web il 12 marzo scorso (1), riguarda l’identificazione di un anticorpo monoclonale capace di neutralizzare il virus SARS-CoV-2, a opera di un gruppo di ricercatori della Divisione di Virologia dell’Università di Utrecht in Olanda. Questo anticorpo agirebbe legandosi a una proteina (Spike receptor), che costituisce la base delle protuberanze a corona che la microscopia elettronica ci mostra diffusamente in questi giorni. Questo legame con la proteina antigene Spike impedirebbe l’ingresso del virus nella cellula ospite, indipendentemente dall’inibizione del legame tra recettore della membrana cellulare e lo Spike. A questo anticorpo, identificato a seguito un complesso iter di screening di possibili molecole anticorpali, è stato dato il codice 47D11.
L’anticorpo servirà alla ricerca e alla diagnosi laboratoristica con i test finalizzati a identificare la proteina chiave del virus SARS-CoV-2. Gli anticorpi neutralizzanti dovranno servire a modificare l’infezione nei soggetti colpiti ma anche a proteggere dall’infezione i soggetti non ancora infettati ma esposti al virus. Naturalmente occorrerà ancora del tempo per ulteriori verifiche di laboratorio e precliniche, prima di passare alla sperimentazione sull’uomo e alla fine per produrre l’anticorpo in scala per strategie di prevenzione e cura. La notizia è di quelle buone, anche perché se questa strada dovesse funzionare ed essere sicura potrebbe anche anticipare l’avvento del vaccino.
1) Chunyan Wang, Wentao Li, Dubravka Drabek, Nisreen M.A. Okba, Rien van Haperen, Albert D.M.E. Osterhaus, Frank J.M. van Kuppeveld, Bart L. Haagmans, Frank Grosveld, Berend-Jan Bosch. A human monoclonal antibody blocking SARS-CoV-2 infection.