La fibrosi cistica è malattia con manifestazioni molto variabili da caso a caso e questo limita la possibilità di fare previsioni a medio – lungo termine sul suo andamento. Però di fronte alla necessità di prendere decisioni importanti quale per esempio la scelta di ricorrere o no ad un trapianto di polmone, sia per il malato (per scegliere consapevolmente) che per il medico (per fornire informazioni e ragionare su evidenze scientifiche), diventa indispensabile avere un “modello predittivo” (che predica cioè l’attesa di vita a partire da quel momento). Il modello predittivo si costruisce scegliendo alcuni parametri indicatori dell’andamento della malattia e studiando la loro correlazione con la durata della vita dei malati; lo studio va fatto su grandi casistiche di soggetti seguiti per un certo numero di anni. Si ottengono in questo modo alcuni valori statistici che possono indicare nel singolo soggetto, in base ai parametri clinici che compongono il modello, la sua “probabilità” di essere in vita con il passare degli anni. Queste probabilità possono essere più o meno accurate e, per provare quanto lo sono, il modello va “validato” andando a verificare il numero di malati in vita e quello di malati deceduti in una casistica diversa da quella su cui il modello è stato costruito.
Nel 2001 fu pubblicata un’importante ricerca americana che proponeva il “modello predittivo Liou” (dal nome del principale ricercatore, che portò qualche anno fa un suo contributo sul trapianto polmonare FC ad un Seminario di Primavera FFC), indicante in base ai dati clinici la probabilità per il malato FC di essere in vita dopo cinque anni.
Il modello era stato creato e validato sulla numerosa casistica dei pazienti FC del Registro americano. I dati clinici su cui si fondava erano l’età, il valore della FEV1, il sesso, il peso, la presenza/assenza di sufficienza pancreatica, diabete mellito, infezione da Stafilococco aureo e/o Burkholderia cepacia, e il numero d’infezioni respiratorie per anno. Dopo la sua segnalazione alla comunità scientifica, non ci sono stati studi per confermarne la validità in malati diversi da quelli americani e in anni più recenti.
Perciò è importante questo studio collaborativo italiano (1) che, partendo dalla casistica di pazienti fornita da 9 centri FC italiani (945 soggetti), ha costruito e validato un modello predittivo diverso da quello americano; e inoltre l’ha confrontato con questo, per valutare se fosse più o meno accurato. La casistica su cui è stato costruito era composta da 475 dei 945 pazienti inizialmente considerati. Le elaborazioni statistiche realizzate hanno indicato che i parametri clinici più efficaci per predire gli anni di vita erano il valore di FEV1, la presenza di Stafilococco aureo e/o Burkholderia cepacia, il numero di esacerbazioni respiratorie annuali. Complessivamente è stato utilizzato un numero minore di parametri rispetto a quello di Liou e infatti è stato chiamato “modello parsimonioso”. Dopo essere stato elaborato, il modello è stato validato su di una casistica di altri 470 pazienti (sempre appartenenti al gruppo iniziale) seguiti nel periodo 2003-2008.
Applicato a tutti i 945 pazienti il modello predittivo Liou forniva la previsione che non fossero in vita al termine dei 5 anni di osservazione 94 pazienti (9.9% di quelli in vita all’ingresso nello studio). In realtà i pazienti che non ce l’avevano fatta sono stati molto meno: 62(6.6%, con un differenza in meno del 34%). In pratica il modello Liou è risultato poco accurato nei pazienti italiani. Invece il modello costruito sui pazienti italiani ha fatto una previsione più accurata e su 470 ne “prevedeva” non in vita dopo 5 anni 29 e ne sono realmente deceduti 31. Le ragioni della minor accuratezza del modello Liou, secondo gli autori della ricerca, sono da attribuire soprattutto al fatto che è stato elaborato ormai più di dieci anni fa (2001), basandosi su di una casistica di pazienti ancora precedente (a partire dal 1993). Da allora il tempo trascorso ha reso troppo pessimistiche le previsioni che il modello forniva, dal momento che oggi le strategie terapeutiche sono migliorate, i pazienti vivono più a lungo e in base a questo le previsioni più accurate sono più ottimistiche.
1. Buzzetti R et al “Validation of a predictive servival model in Italian patients with cystic fibrosis” Journal of Cystic Fibrosis 2011, doi:10.1016/j.jcf2011.08.007.