Un’altra notizia sulle cellule staminali viene da un gruppo di ricercatori di Londra.
Il sangue fetale contiene cellule staminali; esse possono essere prelevate e trattate geneticamente per mezzo di un virus vettore che trasporta un particolare gene. Dopo questo trattamento esse conservano le loro caratteristiche, che sono quelle di replicarsi in grande quantità e differenziarsi in altri tipi di cellule, che mantengono però il gene inizialmente introdotto. Se il gene introdotto fosse quello per una terapia genica, a quel punto le cellule staminali corrette potrebbero essere infuse nel feto stesso, al fine di riprodursi in larga quantità e sostituirsi alla popolazione di cellule contenenti il gene sbagliato.
Ci sarebbe la possibilità quindi di realizzare una grande attesa, quella della terapia genica fetale, con modalità di “autoterapia” (prevenendo quindi un possibile rigetto delle cellule infuse). Rispetto alle altre ipotesi di ricerca, il progetto sarebbe ideale soprattutto dal punto di vista etico: non ci sarebbe bisogno di staminali embrionali e quindi non si toccherebbe il problema degli embrioni utilizzati a scopo di ricerca, si troverebbe una soluzione addirittura al problema dell’aborto, scelta dolorosa adottata da molte coppie nel caso di una grave malattia genetica diagnosticata in epoca fetale.
Il feto diagnosticato malato potrebbe essere curato prima di nascere. Questa la speranza, vediamo la realtà delle cose e cioè quello che i ricercatori hanno realizzato in laboratorio.
Hanno prelevato una piccolissima quantità di sangue fetale da un feto che era alla decima settimana di sviluppo, in una gravidanza che sarebbe stata comunque interrotta per ragioni cliniche. Trattando questo sangue con speciali fattori di crescita hanno ottenuto cellule staminali; esse si presentavano come quelle che in genere ci sono nel sangue dell’adulto (o nel midollo osseo) e sono dette MSC (Celllule Staminali Mesenchimali). Nelle MSC ricavate dal feto a questo punto è stato introdotto un virus contenente un certo gene, artificialmente inserito nel DNA del virus stesso. Il fatto importante è che dopo l’inserimento del virus le MSC hanno continuato a fare il loro lavoro di staminali (=replicarsi e differenziarsi), per cui sono aumentate di numero e si sono trasformate in altri tipi di cellule, cellule dell’osso e cellule del muscolo, che hanno mostrato di contenere, almeno per un certo periodo (14 settimane), il gene introdotto inizialmente attraverso il virus.
Immaginando di trasferire in pratica l’esperimento e di applicarlo alla fibrosi cistica, si potrebbe ipotizzare di creare in laboratorio una popolazione di cellule staminali prelevate da un feto malato, correggerle geneticamente attraverso un vettore virale, farle evolvere in cellule dell’epitelio respiratorio e a quel punto trasfonderle nel feto ancora in uno stadio molto precoce della gravidanza (fine primo trimestre o inizio del secondo). Il polmone di quel feto avrebbe a disposizione per svilupparsi cellule epiteliali geneticamente corrette.
L’ipotesi è affascinante, le difficoltà enormi, una fra tante quella di monitorare nel feto, così ben protetto nell’utero materno, e non “all’esterno” processi così fini.
Ma la ricerca ha proprio questo scopo: esplorare tutte le vie possibili e quando si parla di staminali si può dire che siamo solo agli inizi di un percorso molto lungo ma molto ricco di potenzialità.
Chan Jerry et al. “Human Fetal Mesenchimal Stem Cells as Vehicles for Gene Delivery”. Stem Cells 2005; 23:93-102