La lesione epatica in FC è un problema di rilievo nell’ambito dell’evoluzione della malattia. L’interessamento iniziale, che è asintomatico ed è presente nella maggior parte dei pazienti, evolve, nel 25-30% dei casi, in una malattia epatica (CFRLD= CF related liver disease) che si manifesta con segni clinici e alterazioni degli esami di laboratorio (aumento di volume del fegato e innalzamento dei valori degli enzimi epatici nel sangue). In una piccola percentuale di pazienti affetti da CFRLD, compare cirrosi biliare che, in alcuni casi, è complicata dalla presenza di ipertensione portale caratterizzata da aumento di volume della milza e comparsa di varici esofagee (overt liver disease=malattia epatica conclamata )
L’ Acido Urso-DesossiColico (UDCA) è un acido biliare che normalmente è prodotto in piccola percentuale assieme al restante pool di acidi biliari sintetizzati dal fegato. Da circa trent’anni, grazie alle sue capacità citoprotettive, antiossidanti e immunomodulanti, è utilizzato nel trattamento della patologia epatica e biliare e, fin dai primi anni ’90, è stato introdotto anche nella terapia della lesione epatica in FC. Sono stati pubblicati, a tutt’oggi, numerosi studi che hanno dimostrato l’efficacia di UDCA nel migliorare la secrezione biliare e gli indici di laboratorio di funzionalità epatica, ma tutti gli studi erano riferiti a follow up di breve periodo o a casistiche molto limitate.
In questo recente lavoro (1), gli Autori pubblicano i risultati di uno studio retrospettivo basato sulla casistica osservata nel periodo 1989-2005 in regolare follow up presso il loro Centro FC.
In tale periodo i pazienti erano stati regolarmente esaminati tre volte all’anno: CFRLD era stata diagnosticata sulla base di un persistente aumento degli indici biochimici di funzionalità epatica e persistente aumento del volume del fegato, mentre “overt liver disease” era stata diagnosticata sulla base dei sintomi clinici e di laboratorio associati alla presenza di ipertensione portale. Tutti i pazienti con diagnosi di CFRLD avevano effettuato terapia con UDCA. I pazienti con CFRLD sono stati confrontati con un numero di pazienti di stessa età e sesso, seguiti nel medesimo periodo e non affetti da CFRLD (gruppo di controllo 1) e con un gruppo storico di pazienti, che erano stati seguiti nel periodo antecedente all’uso di UDCA, 1975-1989 (gruppo di controllo 2). Nel confronto con il gruppo di controllo 1 sono stati valutati parametri nutrizionali e di funzionalità respiratoria. Nel confronto con il gruppo 2 è stata valutata la percentuale di comparsa di “overt liver disease“.
Sono entrati nello studio 98/382 pazienti con diagnosi di CFRLD. Il gruppo di controllo 1 era composto da altrettanti pazienti senza CFRLD nell’ambito della stessa serie casistica. Il gruppo di controllo 2 era composto da tutti i 352 pazienti seguiti presso il Centro FC nel periodo 1975-1989. La diagnosi di CFRLD e l’inizio di terapia con UDCA erano stati fatti all’età media di 14,8 anni (range da 6 mesi a 36 anni). Il trattamento è stato effettuato per un periodo medio di 7,2 anni ( range 1-17).
Dopo il trattamento con UDCA è stata dimostrata una significativa e persistente riduzione degli indici di laboratorio di funzionalità epatica in 87/98 pazienti, essendo gli indici normalizzati nel 50 % dei pazienti già dopo un anno di terapia. Considerando gli 11 pazienti con indici epatici persistentemente elevati, in 10 è stato possibile giungere a una spiegazione della mancata risposta al trattamento: 3/11 erano affetti da calcolosi biliare, 2/11 erano in terapia con farmaci potenzialmente epatotossici, 1/11 era affetto da associata malattia epatica autoimmune, 3/11 presentavano CFRLD da lungo tempo prima dell’inizio della terapia con UDCA, 1/11, un uomo di 24 anni, aveva sviluppato, dopo 4,5 anni dall’inizio della terapia, overt liver disease.
Nessuna differenza è stata dimostrata tra i pazienti con CFRLD e i pazienti del gruppo di controllo 1 (98 senza CFRLD) per quanto riguarda i parametri di funzionalità respiratoria e lo stato nutrizionale. La comparsa di “overt liver disease” è stata significativamente inferiore nei pazienti trattati con UDCA rispetto a quella dei pazienti del gruppo di controllo 2: 1/98 nel gruppo trattato, 9/352 nel gruppo non trattato.
Gli Autori concludono questo studio affermando che la terapia con UDCA ha dimostrato di poter migliorare (nella metà dei casi fino alla normalizzazione) gli indici di funzionalità epatica, probabilmente soprattutto se assunta in una fase precoce della complicanza epatica; inoltre di essere associata, nei pazienti con CFRLD, ad una evoluzione della funzionalità respiratoria e dello stato nutrizionale non differente rispetto a quella del gruppo senza CFRLD.
I risultati ottenuti fanno ipotizzare inoltre un importante effetto protettivo sull’evoluzione della patologia epatica, diminuendo in modo significativo la probabilità di un peggioramento fino al quadro di “overt liver disease”. Però vanno espresse anche alcune incertezze, perché lo studio è di tipo retrospettivo e ha considerato due differenti periodi storici, in cui l’approccio diagnostico per CFRLD è stato differente e il protocollo generale di trattamento della malattia FC può essere stato non completamente sovrapponibile.
Questo lavoro ha comunque dimostrato con evidenza che la terapia a lungo termine con UDCA è priva di effetti collaterali e, al contrario, permette ai pazienti con CFRLD un’evoluzione della malattia FC non differente da quella dei pazienti senza CFRLD, rimanendo peraltro ancora aperto il problema se tale trattamento sia in grado di affrancare definitivamente i malati dalla malattia epatica conclamata.
1. Kappler M et all ” Ursodeoxycholic acid therapy in cystic fibrosis liver disease: a retrospective long-term follow up case-control study”. Aliment Pharmacol Ther 2012;36:266-273