Una precoce identificazione dei neonati affetti da FC genera benefici in termini di attesa di vita, accrescimento, stato nutrizionale, minore necessità di terapie a lungo termine, numero di ospedalizzazioni, minor incidenza d’infezioni croniche da Pseudomonas aeruginosa nell’infanzia. In Italia solo 15 regioni su 20 attuano lo screening neonatale per fibrosi cistica (FC) sebbene una legge nazionale (Legge 104/1992) ne sancisca l’obbligatorietà. In termini pratici significa che nel nostro paese ad oggi 1 neonato su 5 non viene screenato alla nascita per FC.
Nel 2004 negli USA solo quattro Stati facevano screening neonatale per FC, nel 2012 lo fanno tutti gli Stati e vi è molto interesse nei confronti dei risultati e delle modalità pratiche che possano migliore l’attuazione dei programmi. Questi programmi sono diversi nei vari Stati (succede anche in Italia nelle varie regioni) ed è quindi importante monitorarne costantemente l’efficacia e l’efficienza, in considerazioni degli esiti attesi, ed anche dei costi. Lo stato del Wisconsin ha avviato lo screening neonatale nel 1985 ed ha investito ed investe molte risorse per migliorare l’efficienza di questo tipo di intervento. Il programma di screening del Wisconsin prevede un notevole coinvolgimento del pediatra di riferimento nel contatto con la famiglia del bambino risultato positivo allo screening.
Un recente studio (1) ha voluto valutare l’effetto di un intervento volto a migliorare questo coinvolgimento. L’intervento consisteva nel comunicare al pediatra l’esito del risultato dello screening oltre che per fax anche con un contatto telefonico simultaneo; sono stati inclusi nello studio i neonati che allo screening risultavano “dubbi” in quanti presentavano tripsina immunoreattiva (IRT) elevata e una mutazione CFTR, perciò nel fax era introdotta la dicitura “bambino con possibile FC”. Un gruppo di 301 neonati nati tra Dicembre 2007 e Dicembre 2009 (gruppo avvisato via fax + telefono) è stato confrontato con un gruppo di 355 neonati nati tra Novembre 2005 e Novembre 2007 (gruppo di controllo avvisato solo via fax).
I risultati dello studio hanno evidenziato che nel gruppo avvisato solo via fax il 92% dei neonati è arrivato ad eseguire il test del sudore. Il contatto telefonico con il pediatra è stato importante, prima di tutto perché ha consentito di accertarsi della sua corretta identità (nel 19,7% dei casi, infatti, il pediatra contattato era sbagliato). Poiché al pediatra è affidato l’incarico di avvisare la famiglia, il contatto con la persona giusta ha diminuito i tempi dell’appuntamento per eseguire il test del sudore. Inoltre sia la comunicazione telefonica, sia la dicitura “bambino con possibile FC” hanno aumentato del 2% il numero di neonati sottoposti al test del sudore, ma soprattutto hanno cresciuto dell’8% i neonati che hanno effettuato il test del sudore prima delle 8 settimane di vita (come raccomandato a livello internazionale).
L’intervento studiato ha avuto un impatto economico sul costo totale dello screening neonatale variabile dall’1 al 6%, impatto considerato giustificabile in rapporto all’obiettivo di anticipare la diagnosi.
Gli autori hanno anche valutato se il tipo di struttura che effettua il test del sudore (e da cui parte l’informazione per i pediatri) influenzi il programma. Hanno evidenziato che il numero di neonati che effettuano il test del sudore entro le 8 settimane di vita nei centri medici di comunità (poliambulatori che servono un determinato territorio) è aumentato del 16% con la comunicazione via fax +telefono, mentre è rimasto invariato nei centri clinici universitari. Il miglioramento dell’organizzazione quindi si realizza non solo nei pediatri di famiglia ma anche nei centri stessi che effettuano il test del sudore, probabilmente accrescendo la consapevolezza che la diagnosi precoce in FC è un obiettivo importante.
La comunicazione è certamente una delle aree più critiche di tutto il processo di screening neonatale in FC per la complessità dei temi trattati (in questo studio infermieri e consulenti genetisti sono indicati come gli operatori sanitari più idonei a gestire la comunicazione con il pediatra di famiglia), per le numerose equipe coinvolte (laboratorio screening, centro clinico, punti nascita), pertanto progetti simili andrebbero certamente incentivati.
Anche in Italia da pochi anni si è costituito in seno alla Società Italiana Fibrosi Cistica un gruppo di lavoro che si occupa di valutare i programmi di screening neonatale per FC attivi in Italia. Inoltre, un progetto di ricerca finanziato dalla Fondazione (Progetto 23/2010) ha evidenziato i punti di forza e di debolezza dei programmi di screening FC in Italia ed ha consentito di individuare possibili aree di miglioramento (2).
1) La Pean A, Farrell MH, Eskra KL, Farrell PM. Effects of Immediate Telephone Follow-Up with Providers on Sweat Chloride Test Timing after Cystic Fibrosis Newborn Screening Identifies a Single Mutation. J Pediatr. 2012 Oct 23. pii: S0022-3476(12)01013-X. doi: 10.1016/j.jpeds.2012.08.055. [Epub ahead of print]2) DOSSIER Screening neonatale della fibrosi cistica (progetto FFC#23/2010) (www.sifc.it – Documenti di divulgazione)