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11 Novembre 2013

Report dal 27° Congresso Nordamericano sulla fibrosi cistica: le nuove terapie.

G.M.

Report dal 27° Congresso Nordamericano sulla fibrosi cistica: le nuove terapie.

Salt Lake City (Utah, USA), 17-19 ottobre, 2013

Come negli anni passati, l’annuale congresso nordamericano sulla fibrosi cistica si è rivelato mastodontico nella partecipazione e nei contributi portati, certamente il più importante appuntamento mondiale su questa patologia. Quasi 4000 partecipanti, più di 800 contributi, più di 10 ore di sedute, per lo più distribuite in 7-8 sessioni parallele, in ciascuno dei tre giorni congressuali, con una esibizione di 670 poster scientifici. I contributi hanno riguardato tutte le discipline afferenti alla fibrosi cistica, quelle di rilevanza assistenziale e organizzativa e quelle più strettamente attinenti alla ricerca. E’ stata piuttosto ridotta la partecipazione dei ricercatori europei, compresi quelli italiani (crisi economica?). Vi sono state 10 presentazioni di risultati ottenuti da progetti FFC, inerenti le aree di infezione/microbiologia e infiammazione polmonare.

E’ stato questo il congresso in cui la nuova strada aperta con la scoperta dei modulatori della proteina CFTR ha avuto una specie di esplosione. I brillanti risultati clinici ottenuti con il kalydeco, il primo farmaco effettivamente in grado di agire sul difetto di base, hanno spinto ricercatori americani ed europei, ma anche l’industria farmaceutica, ad investire in questa direzione per offrire soluzioni terapeutiche personalizzate per i pazienti FC che non hanno la mutazione G551D, quella sinora riconosciuta suscettibile all’azione del kalydeco.

Intanto, dati preziosi sono derivati da uno studio osservazionale condotto con kalydeco su 153 pazienti G551D dopo l’approvazione ufficiale del farmaco. Sono stati sostanzialmente confermati i risultati ottenuti nei due trial di fase III che avevano condotto all’approvazione: sensibile incremento della FEV1, quasi normalizzazione del test del sudore, forte riduzione delle esacerbazioni e del ricorso al ricovero ospedaliero, aumento sensibile del peso e della qualità di vita. Ma si sono aggiunte informazioni importanti su alcuni possibili marcatori precoci dell’efficacia del farmaco, utilizzabili in altri studi clinici: ad esempio, la misura della secrezione sudorale CFTR dipendente (oltre che della concentrazione di sale), il recupero della clearance muco-ciliare, l’incidenza di infezione da Pseudomonas. I pazienti che avevano partecipato ai due studi clinici di fase III per 48 settimane hanno continuato il trattamento per 144 settimane mostrando che i risultati clinici si mantenevano e la terapia era ben tollerata anche nel lungo termine. Vari centri poi hanno riportato la loro esperienza sul positivo andamento dei soggetti trattati con kalydeco, anche se viene segnalata una certa variabilità di risultati da caso a caso. Di interesse i primi casi in cui si è registrata una influenza positiva di kalydeco sulla secrezione di insulina in CF diabetici. Abbiamo avuto informazioni sui risultati di uno studio in pazienti FC con mutazioni più rare aventi effetti simili a quelli della G551D (mutazioni di “gating”): sovrapponibili a quelli ottenuti su G551D, sia sul piano clinico che su quello del test del sudore. E’ in corso anche un trial su pazienti con mutazione R117H, una mutazione con effetto combinato su CFTR, di conduzione e di apertura del canale, responsabile di manifestazioni cliniche molto variabili, da classiche a minime. Annunciato anche un trial con kalydeco in bambini con mutazioni di gating di età 2-6 anni. In progettazione un trial con kalydeco per mutazioni rare che conservano un residuo di funzione CFTR: qui, essendo rare le mutazioni in causa, appare difficile raggruppare pazienti omogenei per genotipo e si dovrà ricorrere ad un diverso disegno di studio individuale (denominato “N of 1”) in cui praticamente ogni soggetto è controllo di sé stesso alternando cicli di terapia con cicli di placebo. Almeno 40 mutazioni rare sono in causa con queste caratteristiche (tra cui mutazioni di splicing): parecchie di queste sono presenti anche nei malati italiani. Questo insieme di prospettive di espansione nell’uso di kalydeco fanno prevedere che almeno 7000 malati potrebbero fruire in futuro del trattamento potenziatore.

Ma oggi la sfida maggiore riguarda la più comune mutazione, la DF508, che interessa nel mondo più del 70% di malati FC. Qui il problema è quello di far maturare ed arrivare in membrana apicale una proteina CFTR difettosa che viene trattenuta nella cellula e rapidamente distrutta: è il campo dei farmaci correttori. Si è discusso ovviamente dei risultati dei primi studi (fase II, su limitato numero di casi) sul trattamento combinato di potenziatore + correttore in pazienti omozigoti DF508: kalydeco + lumacaftor (VX-809) o kalydeco + VX-661. Ricordiamo che il potenziatore è un farmaco che agisce sulla proteina CFTR mutata e mal funzionante che è peraltro giunta nella sua sede di azione, la membrana apicale delle cellule epiteliali; mentre il correttore agisce su CFTR bloccata entro la cellula, aiutandola a fare il suo percorso maturativo per poi essere stimolata a funzionare tramite un potenziatore tipo kalydeco o forse altri. I risultati di sicurezza della terapia ci sono e ci sono anche risultati clinici (un piccolo aumento medio di FEV1 e una piccola riduzione di concentrazione del cloro nel sudore), ma sono ancora troppo modesti per attribuire definitivamente a questa combinazione un utile significato clinico. E tuttavia la compagnia Vertex ha già avviato due studi di fase III su un gran numero di pazienti omozigoti DF508, con dosaggi di lumacaftor (VX-809) ottimizzati e per più lungo periodo di trattamento; vi è anche intenzione di testare la combinazione in FC eterozigoti DF508. Ma il congresso ha dato molto spazio agli studi sui correttori di nuova generazione (un nuovo correttore è già stato testato in fase I su soggetti sani). Per questo c’è uno sforzo enorme per scoprire quale sia il punto di attacco utile del correttore sulla proteina difettosa e si sta già profilando la convinzione che occorra agire con almeno due correttori attivi su punti diversi e su passaggi diversi del processo di maturazione della proteina. In questa gara si sta cimentando con un grosso progetto strategico anche la Fondazione FFC.

Per le mutazioni stop sono stati portati i risultati ottenuti con Ataluren (PTC124) in un anno di trattamento controllato con placebo: nell’insieme dei trattati non dimostrato significativo miglioramento sulla funzione polmonare rispetto al placebo. Tuttavia, si è trovata significativa stabilizzazione polmonare nel sottogruppo di pazienti che non facevano trattamento aerosolico con tobramicina, quasi che l’antibiotico in qualche modo neutralizzasse, in competizione, l’effetto di rimozione dello stop indotto dall’ataluren. Si sta ora valutando l’opportunità di ripetere lo studio con dosaggi del farmaco aggiustati e ottimizzati in pazienti con mutazioni stop che non fanno aerosol antibiotico. Nel frattempo si stanno muovendo studi rivolti a individuare farmaci alternativi e più efficaci sulle mutazioni stop.

Non abbiamo qui spazio per parlarne, ma parecchi contributi sono stati portati su nuovi antibiotici somministrabili per aerosol, anche con modalità (strumenti e particelle) innovative rispetto a quelle tradizionali. Una messe di esperienze e informazioni sono state poi portate sulle terapie antinfiammatorie, su ottimizzazione dell’impiego di antibiotici, su nuove conoscenze sui batteri che popolano i polmoni FC. Si parla oggi di “microbioma” per riferirsi alla comunità di batteri, che non sono solo i classici di cui ci siamo sinora occupati, e che probabilmente apriranno nuove frontiere per monitorare e trattare in futuro l’infezione polmonare (importante contributo FFC in questo settore). Una ricca sessione è stata dedicata al trapianto polmonare: di rilievo il fatto che da quando il sistema di allocazione degli organi negli Stati Uniti si è dato un criterio nazionale omogeneo (un punteggio molto dettagliato per definire le priorità della lista di attesa) è drasticamente calata la mortalità in lista di attesa, migliorando anche la durata di vita dopo trapianto (la mediana è di 8 anni): i malati CF, rispetto a tutti i trapiantati per malattie polmonari, sono quelli che vanno complessivamente meglio.