Si sta dibattendo molto nel mondo scientifico FC quali possano essere vantaggi e svantaggi dell’uso della CT (=Tomografia Computerizzata, conosciuta anche con il nome di TAC; oggi si impiega prevalentemente una tecnica “ad alta risoluzione” = HRCT ) nella malattia polmonare FC. Quello che viene discusso è soprattutto il suo uso come indagine di routine per valutare presenza e progressione nel tempo delle lesioni polmonari : ci sono rispetto a questo sostenitori e oppositori. Le ragioni degli uni e degli altri sono riportate in due articoli distinti della stessa rivista (1,2).
Il dr Tiddens, del Dipartimento di Pneumologia dell’Università di Rotterdam, è il principale sostenitore e il coordinatore di una vasta ricerca policentrica sui vantaggi della CT . Egli parte dall’assunto che l’obiettivo delle terapie FC è prevenire o ritardare le lesioni che danneggiano la struttura del polmone. E che sia l’esecuzione d’indagini radiologiche standard (RX del torace in due proiezioni) sia le prove di funzionalità polmonare correntemente usate (= la “spirometria” ) non danno sufficienti informazioni sulla presenza e sull’entità delle lesioni polmonari, in particolare sulla presenza di bronchiectasie, che possono essere anche precoci nel polmone FC. Secondo Tiddens, la CT può descrivere più accuratamente e fedelmente la situazione polmonare e può farlo anche nei bambini molto piccoli che non sono in grado di eseguire prove di funzionalità respiratoria. Quindi, in base al risultato della CT il medico potrebbe meglio decidere qualità e quantità delle terapie FC, sia quelle a breve termine (per esempio per valutare i risultati di un trattamento antibiotico intensivo) sia quelle impegnative e a lungo termine (per esempio l’introduzione di un trattamento aerosolico abituale con DNAse =Pulmozyme). Rispetto a questi vantaggi si valuta che passi in seconda linea l’aumento del rischio di tumori indotti da un eccesso di radiazioni dovute a CT: sarebbe sufficiente rimanere al di sotto di due CT per anno e perfezionare la tecnica in modo da avere il massimo d’informazioni con il minimo d’immagini prodotte.
Ma chi si oppone alla CT routinaria (nell’articolo a cui ci riferiamo due medici del Children Hospital di Sydney, Australia) fa presente che questa è un’ indagine sofisticata e costosa, non ancora pienamente standardizzata nei suoi aspetti tecnici. Inoltre, è vero che può fornire una valutazione più precoce e precisa dello stato del polmone, ma è d’esecuzione problematica proprio nella fascia d’età in cui dovrebbe offrire maggiori vantaggi, cioè nei bambini al di sotto dei sei anni d’età: questi, che non sono in grado di eseguire prove di funzionalità polmonare, per eseguire la CT necessitano d’anestesia o comunque di sedazione profonda (a meno che non riescano ad essere molto tranquilli e a trattenere il respiro su richiesta del radiologo). Riguardo poi alla possibilità che la CT indirizzi meglio il programma terapeutico, viene ricordato che non sappiamo oggi con certezza quale intervento specifico (aerosol con mucolitici, trattamento preventivo anti-Pseudomonas, uso di farmaci antinfiammatori ?) sarebbe in grado di modificare il decorso della malattia se applicato nell’infanzia. In sostanza, per ora al risultato della CT non corrisponderebbe nessuna reale possibilità di applicare un protocollo terapeutico rispetto ad un altro. A tutto questo si aggiunge l’impatto della comunicazione del risultato TAC nei genitori: non si vede quale possa essere il vantaggio di informarli della presenza di lesioni polmonari minime in un bambino che sia assiduamente curato, si mostri senza sintomi respiratori, in buono stato di salute e di nutrizione, con buona qualità di vita, dato che a quest’informazione non può far seguito nessun cambiamento nelle cure. Quindi, attualmente l’uso della CT, secondo gli autori australiani, va riservato a situazioni cliniche particolari (per le quali si debba fare una scelta terapeutica mirata) o alla misura dei risultati riguardanti lo stato del polmone nell’ambito di progetti di ricerca clinica.
Il problema è aperto e ne sentiremo ancora discutere. Come sempre, la realtà delle evidenze è quella che può fornire la soluzione e in questo senso anche piccole ricerche ben fatte possono essere preziose (3): un gruppo inglese ha sottoposto una trentina di malati FC (d’età compresa fra i 5 e i 17 anni), in condizioni di stabilità di malattia, sia a RX-torace sia a CT polmonare. Ha poi fatto valutare le immagini del RX-torace ad un radiologo pediatra e della CT polmonare ad un altro, naturalmente senza che l’uno sapesse dell’altro (=in cieco). La valutazione era fatta secondo certi parametri in uso per questo tipo di valutazioni (punteggio di Mafessanti per CT e di Crispin-Norman per RX-torace). Il risultato è stato che il punteggio di gravità radiologica è apparso simile in tutte e due le indagini, come se le informazioni che i radiologi avevano ricavato sullo stato del polmone fossero del tutto sovrapponibili.
1)Tiddens HA “Chest computed tomgraphy scans should be considered as a routine investigation in cystic fibrosis” Paediatric Respiratory Reviews 2006; 7:202-208
2) Cooper P , Mac Lean Joanna “High resolution computed tomography (HRCT) should not be considered as a routine assessment method in cystic fibrosis lung disese” Peadiatric Respiratory Reviews 2006; 7:197-201
3) Kollamparambil TG et all “Chest X-Ray and high-resolution tomography in cystic fibrosis” www.archdishchild .com, 9 March 2007