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16 Aprile 2009

Predire la risposta clinica di un ciclo antibiotico testando in vitro la sensibilità agli antibiotici su “biofilm” batterico.

G.M.

Sappiamo ormai che la maggior parte dei batteri che infettano l’albero respiratorio nei pazienti CF cresce attraverso la formazione di “biofilm”. Si tratta di una modalità con cui i batteri formano colonie protette contro le difese dell’organismo e contro gli antibiotici ed è la modalità con cui essi si insediano cronicamente nell’albero respiratorio. Nella pratica clinica tradizionale, quando c’è una esacerbazione dell’infezione, si tratta il paziente in genere con due antibiotici in vena di cui è stata testata la sensibilità in vitro verso i batteri isolati dallo sputo e fatti crescere in coltura in forma “plantonica”, cioè con i singoli batteri liberi nell’ambiente di coltura. Questa modalità non corrisponde a quella con cui i batteri crescono nel tratto respiratorio e pertanto il test in vitro mal riproduce le condizioni in cui i batteri affrontano l’antibiotico in vivo. Un gruppo di clinici e microbiologi canadesi di Ottawa hanno affrontato il problema con una proposta originale (1). Essi hanno preso i batteri (Pseudomoas aeruginosa, B. cepacia, St. maltophilia e Achromobacter xilosoxidans) isolati dallo sputo di 110 pazienti in corso di esacerbazione respiratoria e conservati negli ultimi 12 mesi. Hanno testato in vitro la sensibilità agli antibiotici usati sia con la modalità tradizionale (crescita “plantonica”) sia con la modalità nuova (crescita con modalità “biofilm”). La sensibilità ai diversi antibiotici è risultata assai diversa con le due modalità.

Dall’analisi retrospettiva dei dati è risultato che 66 dei 110 pazienti (60%) erano stati trattati con combinazioni di antibiotici attivi contro tutti gli isolati batterici fatti crescere con modalità “plantonica”, mentre soltanto 24 pazienti (22%) avevano tutti gli isolati batterici, fatti crescere con modalità “biofilm”, ancora sensibili agli stessi antibiotici. Sempre con analisi retrospettiva, si è osservato che quando i pazienti erano stati trattati con almeno un isolato batterico sensibile al test “biofilm” si era ottenuto una significativa riduzione di carica batterica nello sputo ed una significativa riduzione nella durata del ricovero ospedaliero rispetto ai pazienti trattati con antibiotici guidati da antibiogramma “plantonico”. Si è osservata anche una tendenza al miglioramento clinico complessivo nei soggetti trattati con antibiotici “biofilm”-attivi.

Questo studio è di grande interesse perché apre la strada ad una modalità nuova di testare in vitro l’attività degli antibiotici da impiegare nel trattamento delle esacerbazioni. Si tratterebbe di una modalità che imita più da vicino ciò che accade per i batteri entro l’albero respiratorio, dove essi non crescono liberi come nelle tradizionali colture impiegate per l’antibiogramma ma in colonie cementate da una mucillagine impenetrabile, appunto il “biofilm”. Questa modalità di testare gli antibiotici è oggi favorita da tecniche assai efficaci che fanno crescere in vitro i batteri con questa modalità. I limiti dello studio sono quelli di uno studio retrospettivo, ma i suoi risultati sono fortemente incoraggianti per realizzare studi prospettici rendomizzati in cui comparare i risultati conseguiti con antibiogramma “plantonico” rispetto all’antibiogramma “biofilm”.

1. Keays T, et al. A retrospective analysis of biofilm antibiotic susceptibility testing: a better predictor of clinical response in cystic fibrosis exacerbations. J Cystic Fibros. 2009;8:122.-127