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12 Aprile 2011

Patologia ossea, attività fisica e tolleranza allo sforzo in FC

Laura Minicucci, Centro Regionale Ligure Fib

L’attenzione rivolta alla patologia ossea è nata, in campo FC, in tempi relativamente recenti ed è legata, così come altri quadri clinici della malattia, alla migliorata prognosi dei pazienti che, al vantaggio di raggiungere anche un’età avanzata, uniscono però la necessità di affontare problemi un tempo sconosciuti.

Una bassa densità minerale ossea (Bone Mineral Density =BMD) determina una condizione di osteopenia (=”carenza della parte minerale calcio-fosforica dell’osso”), in caso di carenza lieve, e una condizione di osteoporosi (=”carenza anche della parte proteica dell’osso”), in caso di carenza grave. Entrambe le condizioni rappresentano un quadro clinico frequente nei pazienti FC. Una Bassa BMD predispone sia ad una maggiore incidenza di fratture ossee, soprattutto vertebrali, sia a deformazioni a livello della colonna vertebrale con conseguente peggioramento della normale espansione dei polmoni polmonari, difetto di ventilazione, peggioramento della condizione respiratoria.

In questo studio (1) è stato indagato se la presenza di una bassa BMD in FC sia associata, oltre che a altri fattori noti (soprattutto l’infiammazione cronica e l’uso di cortisone ), anche a ridotta attività fisica nei giovani adulti FC. Gli Autori hanno esaminato la BMD in 50 pazienti di età superiore ai 16 anni, escludendo i pazienti trapiantati di polmone e quelli che avevano presentato una riacutizzazione respiratoria entro sei settimane dall’inizio dello studio. In questi 50 soggetti è stata incoraggiata la pratica dell’attività fisica (senza una prescrizione precisa) ed è stata registrata quanta ne facevano mentre erano a casa, per cinque giorni consecutivi (comprensivi dei giorni di week end). Il dispositivo per registrarla era rappresentato da un sensore mobile applicato a livello del braccio di destra. Inoltre, sempre negli stessi soggetti è stata indagata la funzionalità respiratoria e fatto eseguire il test del cammino per 6 minuti. La situazione delle ossa è stata indagata con esame DXA (Dual energy X-ray Absorptiometry, comunemente conosciuta con il nome di “densitometria ossea”); inoltre sono state ricercate le eventuali fratture vertebrali, anche a decorso asintomatico, tramite radiografia della colonna.

Lo studio ha dimostrato una condizione di osteopenia nel 45% dei pazienti e una condizione di osteoporosi nel 20% dei pazienti. Nel 39% dei pazienti sono stati rinvenuti segni minimi di fratture vertebrali “occulte”, vale a dire non associabili ad eventi traumatici, e a decorso non sintomatico. Nel 46% dei pazienti era presente aumento del diametro antero-posteriore toracico a livello dorsale (cifosi). Mettendo in correlazione i dati ossei con quelli dell’attività fisica, si è potuto vedere che i soggetti che praticavano un’attività fisica scarsa o moderata erano gli stessi che avevano dati più scadenti per quanto riguarda la mineralizzazione delle ossa (a livello lombare, a livello del femore e dell’anca). I soggetti che avevano buoni risultati alla densitometria ossea erano quelli che praticavano un buon livello quotidiano di attività fisica, erano in buone condizioni di nutrizione e dimostravano migliori risultati con la prova da sforzo al cicloergometro e al test del cammino.

Era logico supporre che i pazienti con funzionalità respiratoria e condizione nutrizionale migliore fossero proprio quelli che facevano più attività fisica. Di nuovo c’è questa correlazione dell’attività fisica con la buona salute delle ossa. Ma per dimostrare questo in maniera più convincente gli autori avrebbero dovuto includere nel lavoro malati che avessero tutti circa la stessa funzionalità respiratoria e lo stesso stato nutrizionale, in modo da circoscrivere meglio la correlazione fra l’attività fisica (registrata possibilmente per un periodo più prolungato) e lo stato delle ossa.

Al lavoro di Tiengo Garcia, rimane comunque il merito di aver nuovamente richiamato l’attenzione degli “addetti ai lavori” e dei pazienti sulla necessità di considerare un corretto programma di attività fisica come parte integrante del protocollo terapeutico dei pazienti con FC. E’ da considerare inoltre interessante l’utilizzo proposto di uno strumento capace di misurare periodicamente l’attività fisica a domicilio. Questo strumento permetterebbe di ottenere non solo un dato obiettivo al riguardo, ma anche un parametro importante per la valutazione complessiva della qualità della vita del paziente.

1) Tejero Garcia S. et al” Bone health, daily physical activity and exercise tolerance in cystic fibrosis patients”. Chest, 2011. Prepublished on line February 3 PMID 21297259