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24 Agosto 2008

Passaggio dei malati FC dal centro pediatrico al centro adulti : inchiesta sugli usi americani

G. Borgo

Scopo di questa ricerca conoscere nei dettagli le modalità con cui negli USA avviene il passaggio dell’assistenza FC dal centro pediatrico al centro adulti. Questo per migliorare le pratiche correnti e nello stesso tempo creare un modello di valutazione utile anche per altre patologie croniche. La Fondazione americana (CFF) gestisce anche sul piano organizzativo e finanziario tutti i centri FC sparsi sul vasto territorio. Si occupa perciò anche di dare degli indirizzi all’assistenza: ha fatto conoscere di ritenere molto importante quest’aspetto della “transizione” (così è chiamato il processo di “passaggio” da un centro all’altro) e, preso atto con soddisfazione del notevolissimo aumento degli adulti FC, ancora nel 1996 aveva indicato come obbiettivo da raggiungere che più del 90% di pazienti sopra i 21 anni passassero in cura presso centri per adulti .

Per conoscere la situazione corrente tra il gennaio e il giugno 2004 ha svolto un’inchiesta (1) fra tutti i 195 centri americani. La ricerca non ci dice quanti malati FC siano passati da un tipo di assistenza all’altro. Però descrive bene gli aspetti operativi della transizione.

Le domande a cui rispondere erano 105 (!), ma, nonostante la lunghezza, il questionario è stato compilato dall’87% dei centri. Non vi era una figura particolare incaricata di rispondere, hanno risposto soprattutto medici (43%) e infermieri-e caposala (36%). Le domande riguardavano sette aree considerate cruciali : 1°) la preparazione del paziente al passaggio, 2°) la valutazione del suo grado di adeguatezza a compierlo, 3°) i rapporti con il medico curante e i consigli in tema di medicina preventiva, 4°) il cambiamento nelle pratiche assicurative (aspetto del tutto americano), 5°) il trasferimento di informazioni mediche, 6°) il follow-up dopo il trasferimento, 7°) l’autovalutazione dell’ intero processo della transizione, da esprimere con un voto fra 1 e 10 (10 il punteggio massimo).

Dalle risposte emergono aspetti interessanti anche per la sanità FC italiana, perché possono essere collegati ad un processo di “transizione mentale”, dall’età pediatrica all’età adulta, che entro certi limiti può essere perseguito pur in assenza di strutture o spazi fisici dedicati agli adulti (che si spera vengano in futuro). Il passaggio dal centro pediatrico al centro adulti avviene negli USA intorno ai 19 anni; ma se ne comincia a parlare in genere verso i 17 e secondo gli autori della ricerca bisognerebbe cominciare anche prima, perché già intorno ai 15 anni sarebbe opportuno introdurre il concetto di autonomia nelle cura FC, con l’autogestione di quanto è necessario fare. Per valutare il grado d’adeguatezza è opportuna una lista di “abilità” che il paziente deve possedere (l’85% dei centri indagati la possiede). La lista comprende naturalmente la capacità di fare da soli fisioterapia respiratoria, ricordare i farmaci da assumere, riconoscere i sintomi di peggioramento, contattare i curanti del centro e così via.

Il medico curante va informato del passaggio fra un centro e l’altro (il 68% dei centri americani lo fa). I temi “generali” da affrontare in vista del passaggio: i progetti di studio o di lavoro, l’attenzione ai sintomi anche psicologici (ansia e depressione), la prevenzione dell’uso di droghe, l’ attività sessuale, i consigli sulla contraccezione.

Il passaggio al centro adulti viene discusso nell’ambito del team pediatrico (80% dei casi), però solo in un terzo dei casi a questo incontro partecipano, come suggerito, quelli che saranno i nuovi curanti del centro adulti. Naturalmente, il centro pediatrico informa il centro adulti sul paziente che prenderà in carico: ma solo in poco più della metà dei casi viene scritta una relazione clinica dettagliata. Mentre praticamente tutti (98%) forniscono la lista dei farmaci e la storia di eventuali reazioni avverse a questi; altri aspetti fondamentali, come la difficoltà del malato nel curarsi da solo o nell’avere rapporti con i familiari, vengono riportati molto meno (59% dei casi).

In definitiva il lavoro descrive un quadro composto di luci e ombre, dal quale si può capire che molte cose buone vengono fatte, altre sono da migliorare. E in effetti questa valutazione è simile a quella che gli stessi che hanno risposto all’inchiesta hanno dato sul loro modo di operare: una sufficienza scarsa espressa con un voto medio di 5.8.

1) McLaughlin S.E et all “Improving transition from pediatric to adult cystic fibrosis care: lessons from a national survey of current practices “. Pediatrics 2008; 121, 5: 1160-1166