La frequenza del diabete e dell’intolleranza al glucosio è cresciuta notevolmente negli ultimi 20 anni nei malati di fibrosi cistica. Dai dati del Cystic Fibrosis Foundation Registry, che raccoglie informazioni su 22.732 malati FC di tutte le età sparsi sul territorio degli Stati Uniti e del Canada, sappiamo che la più recente inchiesta (svolta nel 2002) ha indicato un 12% di malati FC con diabete o intolleranza al glucosio. L’età media di comparsa dei sintomi è intorno a 20 anni(1). Il diabete è dovuto al progressivo danneggiamento della parte endocrina del pancreas, quella che ha il compito di secernere l’insulina; l’intolleranza al glucosio (livelli di glicemia variamente alterati ma che non raggiungono i valori alti del diabete vero e proprio) invece è indotta anche da altri fattori, come per esempio le infezioni respiratorie, che rendono l’organismo “resistente” all’insulina prodotta.
Il diabete secondario alla fibrosi cistica non solo causa i sintomi e le complicazioni degli altri tipi di diabete presenti nella popolazione generale, ma si può associare ad un peggioramento della funzionalità polmonare. Alcune ricerche starebbero ad indicare che gli effetti sfavorevoli sul quadro polmonare possono comparire prima della diagnosi di diabete e questo suggerisce che la stessa condizione di intolleranza al glucosio, che spesso precede il diabete, potrebbe esserne la causa.
Da tutto questo, il forte interesse verso nuove modalità di cura, che possano essere introdotte precocemente, già quando ai controlli si evidenzi l’intolleranza al glucosio.
Avviare il trattamento di questo problema, con le modalità tradizionali, vuol dire accollare all’adolescente o all’adulto FC (l’incidenza del diabete in FC aumenta con l’età), che già ha un programma terapeutico complesso (antibiotici per bocca o per aerosol, fisioterapia, estratti pancreatici, integratori nutrizionali, etc), un altro fardello consistente, dovuto ai controlli della glicemia e all’uso di insulina ai pasti principali. Si fronteggiano due esigenze opposte: da un lato quella del medico che vorrebbe iniziare il trattamento il prima possibile e vorrebbe che fosse il più accurato possibile (cosa che si può ottenere soprattutto con controlli frequenti della glicemia e frequenti somministrazioni di insulina, per mantenere un “profilo” della glicemia nell’arco della giornata il più normale possibile), dall’altro il malato, al quale, soprattutto nelle fasi iniziali, il nuovo problema non crea grossi sintomi, se non addirittura nessuno, essendo spesso scoperto solo attraverso le indagini di laboratorio; perciò “tirerebbe in là” il più possibile la decisione di intraprendere misure così invasive (come si fa quando si esce a pranzo, a cena con amici? sul lavoro? se si pratica uno sport?).
Gli aiuti per venire ad un compromesso vengono da due nuovi tipi di insulina: una insulina detta “glargine”(2) che, a differenza delle altre, per lo più estratte da animali (es: maiale o bue) e poi trattate per renderle il più possibile simili a quella dell’uomo, è prodotta con la tecnica del DNA ricombinante. Si introduce cioè in un batterio (Escherichia Coli) il gene per produrre insulina umana, e anzi un particolare tipo di insulina, modificata nella composizione in modo da essere assorbita molto lentamente. Il batterio ingloba il gene, si moltiplica e produce in grande quantità l’insulina geneticamente programmata. Caratteristica di questa insulina è la sua lunga durata d’azione (24-30 ore), che la rende paragonabile per l’organismo ad una infusione continua sottocute. In questo modo, in determinate condizioni (esempio l’intolleranza al glucosio), spesso può bastare una sola somministrazione di insulina al giorno per avere la glicemia sotto controllo. Uno studio multicentrico sull’uso di insulina glargine nell’intolleranza al glucosio da FC è stato progettato nel recente convegno di Caserta ed è coordinato dalla Dr. Laura Minicucci di Genova.
Uno dei pochissimi svantaggi che questa insulina al momento presenta è che non è raccomandata per il diabete che può comparire in gravidanza, dal momento che non sono ancora stati svolti studi che dimostrino la sua innocuità per il feto.
L’altra novità è l’insulina che si può assumere per via inalatoria orale(3), attraverso un dispositivo simile a quelli in uso per l’inalazione di farmaci sotto forma di polvere secca (vedi il disodiocromogligato per le allergie) o inalatori dose-tarati e pressurizzati (tipo quelli per i broncodilatatori). Questo nuovo preparato è una insulina che ha un effetto immediato e una durata breve. In pratica si propone per essere inalata prima del pasto, sostituendo l’iniezione sottocute dell’insulina “rapida” tradizionale. Finora non sono stati eseguiti studi nel diabete CF. In altri tipi di diabete gli studi hanno paragonato due schemi terapeutici: quello convenzionale con almeno due iniezioni sottocutanee di insulina al giorno e quello “nuovo”, basato su inalazione di insulina prima dei pasti durante il giorno e una iniezione sottocute di insulina prima della notte. Si è ottenuto un buon controllo della glicemia, con un efficacia simile con entrambi gli schemi. I malati hanno meglio accettato e ritenuto più tollerabile lo schema basato sull’insulina per via inalatoria.
1) Brennan AL, Geddes DM. “Clinical importance of cystic fibrosis-related diabetes”. Journal of Cystic Fibrosis 2004;3:209
2) Owens DR, Zinman B, Bolli G. “Alternative routes of insulin delivery”. Diabet Med 2003;20:886
3) Odegard PS, Capoccia KL . “Inhaled insulin: Exubera”. Ann Pharmacother 2005 Apr 12,PMID 15827072