Nella fase in cui si valuta la fattibilità di una strategia sanitaria, è importante conoscere il parere di coloro che vi sarebbero direttamente implicati. Per questo, a Melbourne, in Australia, un gruppo di ricercatori ha pensato di esplorare in maniera qualitativa (vale a dire in profondità su piccoli numeri, piuttosto che genericamente su vasta scala) le attitudini e le necessità espresse dalla popolazione nei confronti dello screening per il portatore FC. Per farlo ha realizzato una serie di interviste dirette (da persona a persona) e organizzato gruppi di discussione: in totale sono state sentite 64 persone come rappresentanti, scelti casualmente, di alcune categorie di popolazione. Per quanto riguarda i possibili utenti dello screening: donne in gravidanza, studenti e coppie non in gravidanza, persone con storia familiare di FC; per quanto riguarda il personale sanitario che dovrebbe offrire lo screening: assistenti sanitarie, medici di base e ginecologi. Prima di raccogliere i pareri è stata fornita informazione sulla malattia FC ei suoi caratteri ereditari e sul test genetico FC.
Dalle conversazioni con gli intervistati sono emerse valutazioni interessanti, alcune già segnalate da studi precedenti, altre originali. Per quanto riguarda i fattori chiave in grado di influenzare la decisione di sottoporsi o no al test: il fatto di non aver mai sentito parlare prima di questa malattia
( “malattia che non fa parte del mio mondo”) scoraggia l’utilizzo del test; mentre al contrario spinge ad utilizzarlo la presenza in famiglia di altre malattie ritenute di origine genetica; inoltre, l’età materna avanzata (perchè gli intervistati ritengono, erroneamente, che anche la malattia FC, come la sindrome di Down, sia più frequente nelle donne di una certa età); e naturalmente le raccomandazioni a favore del test espresse da qualche sanitario. Di questa capacità di influenzare le decisioni degli utenti, i sanitari (in particolare i ginecologi) sono perfettamente consapevoli ed è proprio questo che li trattiene dall’offrire il test, perchè ritengono che una volta fatta l’offerta sarebbero ben pochi quelli che si sentirebbero liberi di dire di no. Altre ragioni importanti espresse dai sanitari: i limiti di tempo che rendono impossibile un’informazione accurata, il timore dell’insorgere di sentimenti di colpa e disagio nei soggetti che risultassero portatori.
Per quanto riguarda il momento opportuno per l’offerta del test: pareri molto contrastanti sulla possibilità di offrirlo a gravidanza già iniziata (troppo tardi secondo alcune donne in gravidanza, unico momento in cui vi è interesse secondo altre non in gravidanza). Gli studenti non sono d’accordo sull’opportunità di offrirlo in massa all’epoca delle scuole superiori: la scelta di farlo sarebbe una decisione “di gruppo”, poco maturata a livello individuale.
Infine tutti i possibili utenti hanno contribuito a suggerire i contenuti del materiale informativo per il test FC: dovrebbe prima di tutto contenere notizie realistiche sulla malattia FC; e poi informazioni su come si esegue il test (prelievo di sangue o prelievo di saliva), sulla sua sensibilità (“quanto sbaglia?”), su che cosa deve fare chi risulta portatore, sulla diagnosi prenatale per le coppie di portatori; sul costo, sulla confidenzialità (“se risulto portatore la mia assicurazione può venire a saperlo e aumentare la polizza?”), sulla indicazione a farlo se la madre ha una certa età e infine se il farlo sia una scelta o rientri in una pratica routinaria.
Gli autori della ricerca riflettono molto sul fatto che il test per il portatore FC rischia di non essere utilizzato soprattutto perchè “non fa parte del mio mondo”. Nella sua semplicità questa frase suggerisce che un programma di screening della popolazione generale non può avere successo se non vengono avviate contemporaneamente iniziative rivolte ad ottenere un livello diffuso di conoscenza della malattia e della possibilità di prevenirla. Una malattia che non si vede, di cui nessuno sente parlare, “non entra nel mondo comune” e non si sente la necessità di prevenirla.
1) McClaren BJ, Delatycki MB et all “An exploration of attitudes and influences associated with cystic fibrosis carrier screening” Eur J Hum Genet 2008; 16:435-444