I modulatori di CFTR possono incidere sull’efficacia di ansiolitici e antidepressivi. I pazienti in trattamento con modulatori e farmaci psicotropi vanno strettamente seguiti sia sul versante organico che su quello psicologico/psichiatrico.
Alcuni correttori e potenziatori della proteina CFTR si avviano a essere utilizzati su grandi numeri di pazienti e su di essi poggiano concrete speranze di poter agire in modo significativo sul miglioramento della qualità di vita e sulla prognosi a distanza della malattia. Se l’efficacia di questi nuovi farmaci, pur con risultati quantitativamente molto differenti tra le varie nuove molecole a disposizione, è stata dimostrata nella broncopneumopatia e nella condizione nutrizionale, non è chiaro, a tutt’oggi, quale ne sia l’impatto su altri sintomi e problemi associati alla FC.
Tra questi problemi, di recente è stata posta l’attenzione sul disagio psicologico che in fibrosi cistica, come in altre malattie croniche, si manifesta prevalentemente con le caratteristiche cliniche proprie dell’ansia e della depressione, che talora richiedono un trattamento farmacologico appropriato (1). La prevalenza descritta in letteratura del problema psicologico in FC è variabile (2). In un recente lavoro multicentrico, riferito alla popolazione FC italiana (3), su un totale di 1178 pazienti, la prevalenza di sintomi clinicamente significativi era risultata pari al 14% per l’ansia e al 5,7% per la depressione. Esiste un elevato tasso di associazione tra alti gradi di disagio psicologico e maggiore gravità della malattia, e il rapporto causa-effetto tra condizione psicologica e severità della malattia è a doppio senso. Se, infatti, i pazienti più gravi sono comprensibilmente i pazienti più frequentemente ansiosi e depressi, è necessario però ricordare che un paziente, se ansioso e soprattutto se depresso, certamente non riesce a essere aderente alle terapie, con ricaduta negativa sulle sue condizioni cliniche.
Gli autori dello studio recentemente pubblicato su questo tema (1), medici operanti presso Centri FC U.S.A. e consulenti specialisti in psichiatria, hanno affrontano il problema della gestione dei farmaci di competenza psichiatrica in pazienti trattati con modulatori della CFTR, nello specifico con Orkambi, riportando alcune note riferite a tre pazienti e da queste prendendo lo spunto per una riflessione sull’argomento.
Tutti e tre i pazienti (una donna di 44 anni con storia di depressione e attacchi di panico; un uomo di 26 anni affetto da disturbo bipolare; un uomo di 36 anni con depressione e in fase di disintossicazione da uso di oppiacei), avevano presentato, a distanza variabile da uno a quattro mesi dall’inizio della terapia con Orkambi, un peggioramento delle condizioni respiratorie e un peggioramento dei sintomi psichiatrici preesistenti, per i quali erano in terapia con buoni risultati in epoca pre Orkambi. Nel primo caso, il peggioramento della depressione e dell’ansia e del quadro respiratorio (la FEV1 è passata da 74% a 49%) sono stati tali da indurre i curanti a sospendere Orkambi (assunto per 4 mesi), modificare la terapia psichiatrica e trattare i sintomi respiratori con ciclo di terapia antibiotica per via endovenosa. In questo modo, sia la condizione clinica sia quella psichiatrica sono tornate alla situazione precedente e Orkambi è stato abbandonato. Nel secondo caso Orkambi non è stato interrotto, ma anche qui sono stati modificati i farmaci psichiatrici e sono stati inoltre trattati i sintomi di esacerbazione polmonare, ottenendo un recupero generale (FEV1 pre-Orkambi 69%, peggioramento a 44%, stabilizzazione a 66%). Il terzo caso aveva fin dall’inizio un grave quadro polmonare (FEV1 34%) che il trattamento con Orkambi non ha modificato, per cui è stato messo in lista per il trapianto polmonare.
Gli autori dello studio pongono alcune ipotesi per spiegare l’apparente impatto negativo di Orkambi sulla condizione di disagio psicologico dei pazienti: 1) associazione casuale tra l’inizio della terapia con CFTR modulatore e il peggioramento psichico evidenziato; 2) impatto psicologico negativo della nuova terapia sul vissuto del paziente, che ripone su di essa speranze esagerate, prive di riscontro nella realtà dei fatti e ne subisce drammatica disillusione; 3) effetto diretto sul Sistema Nervoso Centrale di Orkambi, che, essendo in grado di passare la barriera emato-encefalica, potrebbe provocare un effetto farmacologico nocivo; 4) interazione tra Orkambi e i farmaci psichiatrici con conseguente impatto significativo sulla attività farmacologica di entrambe le terapie.
Naturalmente su numeri così piccoli come quelli considerati, l’associazione fra peggioramento respiratorio e psicologico può essere del tutto casuale (ipotesi 1); invece non sono mai emerse dagli studi preclinici e di tolleranza effettuati su animali, volontari sani e pazienti, evidenze di effetto diretto di Orkambi sul Sistema Nervoso Centrale (ipotesi 3). Più interessanti le altre due ipotesi. Per quanto riguarda l’potesi 2, possiamo segnalare l’esperienza del nostro Centro di Genova. I pazienti, al momento di iniziare la terapia con Orkambi, coltivano un’aspettativa molto alta circa le possibilità di miglioramento clinico, basata non solo sulle informazioni ricevute dagli operatori del Centro, ma soprattutto su informazioni, non sempre controllate e corrette, raccolte sul Web. Due di questi pazienti, di base psicologicamente fragili ma non in terapia psichiatrica, all’inizio della terapia con Orkambi, contrariamente alla loro attesa, hanno manifestato un peggioramento del quadro clinico. A questo si è accompagnata una sintomatologia depressiva in un caso e di ansia diffusa con attacchi di panico nell’altro, per i quali è stato necessario intraprendere una terapia farmacologica e una psicoterapia a indirizzo psicodinamico.
Infine, estremamente convincente, appare la quarta ipotesi prospettata. È noto infatti che, come altri farmaci, i correttori della CFTR possono presentare un’interazione importante con le terapie già assunte dal singolo paziente e, nello specifico, si sa che Orkambi, agendo su un enzima coinvolto nel metabolismo dei farmaci antidepressivi, ne accelera l’inattivazione e quindi causa la necessità di utilizzare dosi maggiori dei farmaci stessi.
Non si possono certo trarre conclusioni da questo studio, che si limita a riferire tre esperienze singole, di valore semplicemente aneddotico. Però sono utili gli spunti che offre, per un invito ai medici a portare su di un piano realistico le attese; e nel caso di pazienti fragili sotto il profilo psicologico/psichiatrico osservare non solo l’impatto organico, ma anche quello sulle dinamiche psicologiche, eventualmente con l’aiuto di psicologi o psichiatri.
1. Talwalkar JS, Koff JL, Lee HB, Britto CJ, Mulenos AM, Georgiopoulos AM. Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator Modulators: Implications for the Management of Depression and Anxiety in Cystic Fibrosis. Psychosomatics. 2017 Jul – Aug;58(4):343-354. doi: 10.1016/j.psym.2017.04.001. Epub 2017 Apr 5.
2. Goldbeck L1, Fidika A, Herle M, Quittner AL.Psychological interventions for individuals with cystic fibrosis and their families. Cochrane Database Syst Rev. 2014 Jun 18;(6):CD003148. doi: 10.1002/14651858.CD003148.pub3.
3. Catastini P1, Di Marco S2, Furriolo M3, Genovese C4, Grande A5, Iacinti E6, Iusco DR7, Nobili RM8, Pescini R9, Ragni R10, Randazzo R11, Risso C12, Tabarini P13, Braggion C1, De Masi S14, McGreevy KS15.The prevalence of anxiety and depression in Italian patients with cystic fibrosis and their caregivers. Pediatr Pulmonol. 2016 Dec;51(12):1311-1319. doi: 10.1002/ppul.23566. Epub 2016 Oct 19