Orkambi, il farmaco composto dal potenziatore ivacaftor e dal correttore lumacaftor, è in commercio negli Stati Uniti per soggetti con fibrosi cistica e F508del in doppia copia a partire dai 12 anni di età e il costo del farmaco è a carico del paziente; in Europa è stato approvato dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), ma sta alle singole nazioni decidere se e in che misura è a carico del Servizio Sanitario. Come altri farmaci rivolti al trattamento del difetto di base è ragionevole l’ipotesi di un uso precoce, se possibile precedente la comparsa delle lesioni polmonari tipiche della malattia FC. Per questo sono interessanti i risultati di uno studio condotto per sperimentare efficacia e sicurezza di Orkambi nei bambini dai 6 agli 11 anni (1). Si è trattato di un trial “in aperto”, in cui tutti sapevano che stavano sperimentando il farmaco e non c’era un gruppo controllo che assumesse il placebo.
Sono stati trattati 56 bambini omozigoti F508del, che hanno assunto due volte al giorno per 24 settimane un composto contenente 200 mg di lumacaftor + 250 mg di ivacaftor, oltre all’abituale terapia. Il dosaggio, che è in inferiore a quello indicato per i soggetti sopra i 12 anni, era stato scelto in base ai risultati di uno studio precedente.
I parametri considerati per la sicurezza comprendevano eventuali sintomi collaterali riconducibili al farmaco, indagini ematiche, elettrocardiogramma, ossimetria, esame dell’occhio. Ai fini dell’efficacia erano state valutate invece la variazione del cloro nel test del sudore, dello stato nutrizionale (BMI, peso e altezza), del punteggio del benessere respiratorio (indagato tramite questionario), della funzionalità respiratoria. Trattandosi di un gruppo di bambini che avevano un’età media di 9 anni, la loro FEV1 all’inizio dello studio aveva già valori molto buoni (media 91%) e questo ha reso più complesso valutare il possibile miglioramento indotto dal farmaco. Per questa ragione un sottogruppo di 27 pazienti ha eseguito un’indagine chiamata Lung Clearance Index (LCI – vedi nota sotto), più sensibile del FEV1 nel cogliere il difetto di ventilazione (2).
Questi i risultati per quanto riguarda la sicurezza: due pazienti hanno dovuto sospendere il farmaco, uno per una notevole elevazione delle transaminasi epatiche, l’altro per un esantema cutaneo. Sospeso il farmaco, i sintomi sono cessati. In un soggetto alla fine del trattamento è stata riscontrata cataratta (non ci sono altri dettagli). L’elevazione delle transaminasi epatiche è stato l’effetto collaterale più frequente: si è registrata complessivamente in 19 su 56 pazienti (33%) e l’aumento è stato da 3 a 8 volte i valori normali. Nel complesso, secondo gli autori, l’elevazione delle transaminasi è stato più frequente rispetto a quanto avviene nei pazienti adulti che assumono ivacaftor/lumacaftor, ma simile a quella indotta dal solo ivacaftor in bambini della stessa età.
Per quanto riguarda l’efficacia: il cloro nel sudore, da un valore medio di partenza di 105 millimol/L, dopo 24 settimane mostrava una diminuzione media di 24millimol/L; il BMI di partenza, che era di circa 17 kg/m2 (valore ai limiti inferiori della norma per l’età), presentava alla fine un modesto aumento medio di 0,6 punti; la FEV1 restava praticamente invariata (incremento medio di 2,5 punti). Se si considera l’indagine LCI (vedi nota sotto), si può parlare di un modesto miglioramento della funzione respiratoria nei 27 che l’hanno eseguita: da un valore medio iniziale di 9,9 è scesa alla fine di meno di un punto (-0,88). Il punteggio del questionario CFQ-R per valutare il benessere respiratorio è migliorato in maniera appena sufficiente, aumentato in media di circa 5 punti e da studi precedenti sappiamo che ci vogliono almeno 4 punti per la corrispondenza con un effettivo miglioramento clinico. Non viene invece detto niente riguardo alla frequenza delle esacerbazioni respiratorie.
In sintesi possiamo dire che certamente il farmaco agisce sul cloro sudorale e questo conferma che incrementa l’attività della proteina CFTR, ma agisce debolmente: la diminuzione del cloro infatti non è così marcata come quella prodotta dal potenziatore ivacaftor nei soggetti con mutazione G551D (in media di circa -50 mmol/L). Lo stato nutrizionale ha un lieve recupero; l’effetto sulla funzione respiratoria è difficile da valutare perché l’indice classico del FEV1 non sembra migliorare, dato che è già buono in partenza. Uno degli aspetti più interessanti del lavoro è la ricerca di un’indagine più sensibile della spirometria per la misura degli effetti polmonari del farmaco. La scelta è caduta su LCI, eseguita nella metà dei partecipanti perché non tutti i centri erano in grado di svolgerla, e che indicherebbe un miglioramento. Gli stessi autori dicono però che l’indagine LCI merita di essere più conosciuta, in modo da definire quali variazioni dei suoi valori si accompagnino a reale beneficio clinico (cosa ancora oggi non chiarita). Tutte queste ragioni, oltre ad alcuni dubbi metodologici che il lavoro induce, orientano a pensare che il trial nei bambini, ancor più di quello svolto nei soggetti più grandi, mostri come ivacaftor/lumacaftor sia un farmaco che ha necessità di essere migliorato.
1) Milla CE, Ratjen F, Marigowda G, Liu F, Waltz D, Rosenfeld M ; VX13-809-011 Part B Investigator Group. “Lumacaftor/Ivacaftor in Patients Aged 6-11 Years with Cystic Fibrosis Homozygous for F508del-CFTR”. Am J Respir Crit Care Med. 2016 Nov 2. [Epub ahead of print]
2) Subbarao P, Milla C, Aurora P, Davies JC, Davis SD, Hall GL, Heltshe S, Latzin P, Lindblad A, Pittman JE, Robinson PD, Rosenfeld M, Singer F, Starner TD, Ratjen F, Morgan W “Multiple-Breath Washout as a Lung Function Test in Cystic Fibrosis. A Cystic Fibrosis Foundation Workshop Report”. Ann Am Thorac Soc. 2015 Jun;12(6):932-9. doi: 10.1513/AnnalsATS.201501-021FR.