Carrier screening for cystic fibrosis in the new era of medications that restore CFTR function
Massie J., Castellani C., Grody W.
The Lancet 2013, August 30, published on line
Quest’articolo non riporta i risultati di una ricerca ma le opinioni di tre esperti che riflettono sul fatto che, dopo decadi di terapie solo sintomatiche, gli avanzamenti della ricerca scientifica hanno aperto una nuova prospettiva nella storia della FC: l’era delle molecole in grado di mirare al difetto genetico di base. Esse includono un soppressore del messaggio di stop nel caso delle mutazioni stop (Ataluren o PTC124 ), un potenziatore che promuove l’apertura del canale del cloro (ivacaftor) per pazienti con mutazione G551D e due correttori che favoriscono il passaggio della proteina CFTR dal compartimento intracellulare alla membrana apicale (lumacaftor e VX661).
La maggior parte di questi composti sono in fase di sperimentazione clinica di fase II o III, mentre altri farmaci mirati agli stessi obiettivi sono in corso di attenta ricerca. Ivacaftor è stata la prima di queste terapie ad essere immessa nel mercato, sulla base della dimostrata utilità per i malati di età superiore a 6 anni con mutazione G551D. Negli Stati Uniti questa mutazione è presente nel 4% circa dei pazienti, nel 6% nel Regno Unito, fino al 14% in Irlanda. E’ in corso la sperimentazione per quelli fra i 2 e i 5 anni. Altre ricerche sembrano suggerire l’efficacia di ivacaftor anche per mutazioni che permettono una funzione residua di CFTR (di classe III, IV e V) e quindi prospettano che il complesso di pazienti che ne beneficerebbe potrebbe salire intorno al 15%.
Fino ad oggi lo screening del portatore FC si è basato sull’assunzione che la malattia FC non ha una cura risolutiva: ma se si confermassero le promesse dei nuovi farmaci , se ne potrebbe dedurre che identificare i portatori, per lo meno quelli di mutazioni “trattabili”, non è più giustificato. E quindi queste mutazioni andrebbero tolte dal pannello di quelle che vengono comunemente ricercate. C’è però un modo alternativo di vedere le cose: potrebbe essere utile identificare le coppie con queste mutazioni perché comunque fosse data loro la possibilità di prendere decisioni: potrebbero utilizzare la diagnosi prenatale e, se attraverso questa, fosse diagnosticata la malattia FC nel feto, potrebbero prepararsi (come genitori, famiglia, ambiente sociale), ad avere un bambino con la fibrosi cistica, cui somministrare ivacaftor due volte al giorno fino dal primo giorno di vita.
Inoltre, a lungo termine c’è un’altra ipotesi: se gli studi dimostrassero la loro innocuità, i nuovi farmaci potrebbero essere somministrati durante la gravidanza stessa, in modo da prevenire le manifestazioni della malattia che sappiamo svilupparsi in parte nella vita fetale: l’ileo da meconio (lo presentano dal 10 al 20% dei pazienti), l’insufficienza pancreatica (interessa l’85% dei pazienti e almeno il 60% fino dalla nascita) e l’assenza congenita dei vasi deferenti ( 98% dei pazienti).
Fino a qui le prospettive ottimistiche: più problematiche le riflessioni sul tema dei costi dei nuovi farmaci e abbastanza imprevedibile lo scenario visto da questa angolatura. Il sistema sanitario potrebbe trovarsi in gravissime difficoltà, tali da impedirgli l’erogazione della terapia proprio quando per la prima volta è una terapia risolutiva. Si imporrebbero perciò decisioni fondamentali, basate su valori etici condivisi e soprattutto su una diversa politica commerciale delle grandi industrie farmaceutiche. Nel frattempo, secondo i nostri tre esperti, non ci sono cambiamenti sostanziali da introdurre nei programmi di screening del portatore (là dove vengono svolti), eccetto che per l’informazione dettagliata sulla terapia già disponibile per i portatori di G551D e prospettabile in futuro per altre mutazioni.