Aperta una nuova linea di ricerca per contrastare l’infiammazione e correggere il difetto di base FC, in attesa di conferme e approfondimenti.
La fibrosi cistica (FC) è causata da mutazioni in un gene che codifica per una proteina, localizzata sulla membrana delle cellule, chiamata CFTR che funziona come canale del cloruro, cioè permette il passaggio di ioni cloruro da un lato all’altro della membrana cellulare. La mutazione più comune fra i pazienti con fibrosi cistica causa la produzione di una proteina CFTR in cui manca un aminoacido, la fenilalanina in posizione 508 (F508del-CFTR). Quando è prodotta, la proteina mutata non riesce a ripiegarsi normalmente, e questo suo difetto viene rilevato da meccanismi di controllo di qualità cellulari che la marcano come difettosa (legandola a una sorta di etichetta, la ubiquitina) e la indirizzano alla degradazione. Esistono composti chimici, chiamati correttori, che riescono a migliorare la maturazione della proteina F508del-CFTR permettendole di arrivare sulla membrana plasmatica. Generalizzando, si può dire che il meccanismo di azione dei correttori può essere di due tipi: esistono correttori che agiscono direttamente sulla CFTR mutata, migliorandone il ripiegamento (chiamati chaperoni farmacologici) e altri che agiscono indirettamente, modulando l’attività di altre proteine, ad esempio inibendo proteine coinvolte nei meccanismi di controllo di qualità (chiamati regolatori di proteostasi). In questo modo la CFTR mutata riesce a “scappare” alla degradazione e arrivare in membrana. Quando la F508del-CFTR arriva sulla superficie cellulare, però, diventano evidenti altri due difetti: innanzitutto la proteina mutata permane sulla membrana per un tempo più breve rispetto alla proteina normale, inoltre la sua attività è ridotta. In aggiunta, la durata stessa di vita della F508del-CFTR è ridotta rispetto a quella della proteina normale.
Negli ultimi anni la ricerca di nuove terapie per la FC si sta focalizzando su composti in grado di correggere i difetti della F508del-CFTR, con un farmaco già commercializzato (Orkambi) e altri in vari stadi di sviluppo clinico e preclinico.
Un altro dato da tenere in considerazione è l’alto stato di infiammazione cronica dei tessuti, in particolare dei polmoni, che si osserva in questa patologia e che influisce negativamente sul decorso della malattia. Partendo da questa osservazione, un gruppo di ricercatori, coordinati dal prof. Garaci, ha pensato di verificare se la Timosina alfa 1 (Tα1), un farmaco immunomodulatore utilizzato nelle infezioni virali e nelle immunodeficienze, fosse in grado di alleviare l’infiammazione negli organi di soggetti con FC negli stadi iniziali della malattia (1). La Tα1 esplica la sua azione immunomodulatoria prevalentemente attraverso l’attivazione di un enzima chiamato IDO1. Questo enzima è carente nelle cellule che esprimono la CFTR mutata. Il trattamento con la Tα1 ripristina la corretta espressione di IDO1 sia in cellule bronchiali che esprimono la F508del-CFTR sia in modelli murini, riducendo lo stato infiammatorio dei tessuti misurato attraverso una serie di parametri diversi, sia a livello polmonare, sia a livello intestinale.
A questo punto c’è da fare una considerazione: l’enzima IDO1 è in grado di attivare un processo cellulare chiamato autofagia, attraverso il quale in pratica la cellula elimina quello di cui non necessita. Secondo studi precedenti di alcuni degli autori del presente lavoro, ripristinare l’autofagia nelle cellule FC migliora la maturazione di F508del-CFTR. Per questo motivo, negli esperimenti successivi i ricercatori hanno analizzato la capacità della Tα1 di aumentare la maturazione della CFTR mutata, trovando che in effetti questa aumenta di circa 10 volte, migliorando il ripiegamento della proteina e favorendo l’espressione sulla membrana plasmatica. Questo viene dimostrato anche attraverso l’analisi della localizzazione di CFTR rispetto alla localizzazione di altre proteine; tuttavia gli autori non si avvalgono qui della tecnica di microscopia di riferimento per questo tipo di studi, quella così detta confocale, lasciando quindi qualche margine di dubbio sui risultati ottenuti. I ricercatori trovano poi che il trattamento con Tα1 aumenta la durata della vita della F508del-CFTR, mentre ha un effetto ridotto sulla durata della proteina normale. Secondo gli autori questo è dovuto probabilmente a una interazione diretta della Tα1 con la CFTR mutata (ma non con quella normale), che presumibilmente ne perturberebbe l’interazione con i sistemi di controllo di qualità cellulari. Con un’ulteriore serie di esperimenti, viene poi dimostrato che la Tα1 in pratica agisce favorendo la rimozione dell’etichetta di ubiquitina che identifica la F508del-CFTR come difettosa. Questi effetti, secondo gli autori, sono dovuti all’attivazione dell’autofagia da parte di Tα1.
I ricercatori poi, con tecniche di elettrofisiologia, analizzano nei dettagli su linee cellulari bronchiali l’attività di canale ionico della CFTR mutata in assenza o in presenza di trattamento con Tα1, dimostrando come in presenza, ma non in assenza, di Tα1 il canale mutato sia aperto quanto un canale normale. Questo dato genera qualche perplessità, perché è descritto che tutti gli esperimenti sono stati condotti in presenza di un potenziatore (la genisteina), cioè di un composto che recupera totalmente l’attività di mutanti come F508del-CFTR, portandola a livelli comparabili a quello della proteina normale. Questo è stato dimostrato da innumerevoli studi pubblicati in letteratura. Non risulta quindi chiaro come, in assenza della Tα1, l’attività del mutante stimolato con il potenziatore possa essere così bassa.
Sempre utilizzando tecniche molecolari abbinate a tecniche elettrofisiologiche, gli autori dimostrano che il trattamento con Tα1 aumenterebbe anche l’espressione di una proteina, chiamata CLCA1, in grado di regolare l’attività di un altro canale del cloruro chiamato canale alternativo o calcio-dipendente, determinando così un potenziamento della secrezione di cloruro attraverso questo secondo canale. Per concludere, gli autori dimostrano che tutti questi effetti della Tα1 non si verificano solo su linee cellulari o su topi, ma anche su cellule derivate da diversi pazienti FC.
Questo lavoro è stato pubblicato su una rivista molto prestigiosa, e potrebbe cambiare radicalmente la terapia della FC, se confermato. Infatti, uno dei dogmi della scienza è che qualunque risultato, prima di essere accettato dalla comunità scientifica, debba essere riprodotto da altri laboratori indipendenti. Questo vale a maggior ragione per scoperte potenzialmente così importanti, così come è stato in precedenza e è ancora oggi ad esempio per i correttori. Inoltre, così come per gli studi clinici dei correttori, la reale importanza terapeutica della timosina alfa1 nella FC potrà essere solo giudicata attraverso l’esecuzione di trial clinici multicentrici.
Il mio personale pensiero, rivolto ai pazienti e ai loro familiari, è quello di avere fiducia nella ricerca e di attendere le validazioni necessarie, proseguendo nelle terapie decise dai medici curanti senza prendere alcuna iniziativa individuale.
1. Romani L, Oikonomou V, Moretti S, Iannitti RG, D’Adamo MC, Villella VR, Pariano M, Sforna L, Borghi M, Bellet MM, Fallarino F, Pallotta MT, Servillo G, Ferrari E, Puccetti P, Kroemer G, Pessia M, Maiuri L, Goldstein AL, Garaci E. Thymosin α1 represents a potential potent single-molecule-based therapy for cystic fibrosis. Nat Med. 2017 Apr 10. doi: 10.1038/nm.4305.