Nell’ultima decina d’anni, con l’aumentare del numero degli adulti FC, sono state realizzate non poche indagini sulle conoscenze che i maschi FC hanno del problema dell’infertilità, su quanto questo problema incida sulle loro relazioni e su quali abitudini siano correntemente adottate dai centri di cura (negli Stati Uniti, in Scozia, in Inghilterra) per informarli e mettere in atto la diagnosi. Segnaliamo questa recente ricerca (1) per la numerosità dei partecipanti e perchè realizzata molto distante dall’Europa: in Australasia, vale a dire in 4 grossi centri FC dell’Australia e in un servizio specializzato per adulti FC della Nuova Zelanda.
E’ stato inviato a casa per posta un questionario a 415 soggetti in cura presso queste cinque sedi, hanno risposto 264 (64%), con età mediana di 30 anni (range 17-56). Sul totale di 264, 42 soggetti (15%) avevano fatto trapianto polmonare.
Non sapevano dell’infertilità 5 soggetti, di età inferiore a 25 anni. Tutti gli altri ne erano a conoscenza e la fonte principale di informazione era stata un medico del centro (41% dei casi), seguita dai genitori (20%), dal materiale educativo (libretti o depliant informativi,17%), dagli amici (8%). Li aveva informati prevalentemente la persona che avrebbero preferito che lo facesse; è interessante notare come, in relazione all’età, le preferenze sono diverse: prima dei 16 anni la fonte preferita sono i genitori, dopo tale età il medico o una combinazione dei genitori e del medico. Nel complesso l’impatto provocato dalla notizia è riferito maggiore se in quel momento avevano più di 20 anni, minore se ne avevano meno di 16 anni.
Coerentemente con questa risposta, l’età dichiarata come preferibile per avere informazioni sulla fertilità/infertilità è di 14 anni e quella per eseguire l’analisi del seme prima dei 20 anni. Ma in contrasto con le preferenze espresse nei confronti di una estrema precocità dell’informazione e una certa precocità della diagnosi certa del problema, poi in pratica ben 140 soggetti (52 % del totale) non hanno mai eseguito l’analisi; e questo, nonostante la maggioranza dichiari di essere interessata ad eseguirla.
C’è qualcosa dunque nelle consuetudini adottate dai centri e negli stessi comportamenti dei pazienti che sembra essere non conseguente alle preferenze espresse. A meno che le difficoltà non vengano anche dai pazienti stessi: un conto è dichiarare una certa preferenza, un conto è realizzarla “affrontando il problema” (questa ipotesi non è però studiata dagli autori della ricerca) .
Il questionario indagava anche gli eventi della vita riproduttiva dei malati. Di particolare rilievo l’elevato numero di soggetti che hanno dichiarato di avere figli: sono il 22% del totale (57 su 264). 29 li hanno avuti attraverso tecnica di procreazione medicalmente assistita, 15 con seme di donatore; 9 erano padri adottivi, due non hanno fornito dettagli, altri due (che non avevano fatto analisi del seme) hanno detto di aver procreato naturalmente. E’ interessante anche il fatto che hanno avuto figli ben il 26 % dei soggetti sottoposti a trapianto polmonare (11 su 42) .
1) Sawyer SM et all. “Sexual and reproductive health in men with cystic fibrosis: consistent preferences, inconsistent practices”. J Cystic Fibros 2009 Jul; 8(4): 264-9