I bambini CFSPID (Cystic fibrosis screen positive inconclusive diagnosis) sono quelli che risultano positivi allo screening neonatale, ma che in seguito non hanno una diagnosi conclusiva a favore o contro la malattia FC. Il loro numero è in aumento, in particolare nelle regioni in cui il test genetico, che fa seguito al dosaggio della tripsina su goccia di sangue nei primi giorni di vita, viene eseguito con la tecnica del sequenziamento dell’intero gene. Il sequenziamento identifica le mutazioni CFTR capaci di dare sintomi di malattia, ma anche le varianti che hanno significato incerto o sconosciuto. Quindi il test genetico può complicare il percorso diagnostico, invece che semplificarlo. Inoltre spesso questi bambini hanno valori del test del sudore dove il cloro risulta borderline. Succede così che, a seconda dei protocolli di screening applicati, siano diagnosticati un numero simile o addirittura maggiore di bambini con CFSPID rispetto ai bambini con FC.
La maggioranza dei bambini CFSPID non evolvono verso la malattia FC, ma fra il 10 e il 20% di loro può farlo. Non ci sono ricerche a lungo termine rispetto a queste stime, infatti la maggior parte degli studi condotti si ferma intorno ai tre anni. Ma anche dopo quest’età, se la diagnosi non si è chiarita, le linee-guida prevedono l’esecuzione di un test del sudore almeno una volta all’anno e il rimanere in contatto con il centro FC per l’osservazione di eventuali sintomi. Si può capire il disagio delle famiglie e dei curanti stessi. Sarebbe importante identificare fra i CFSPID quelli che hanno maggior rischio di evolvere verso la FC, al fine di diminuire l’elevato costo psicologico e sociosanitario di questo effetto collaterale sfavorevole dello screening neonatale FC.
In questo studio longitudinale prospettico (1), frutto della collaborazione fra 9 centri FC canadesi e il centro FC di Verona, il periodo considerato va dal giugno 2007 all’aprile 2016. In questo arco di tempo sono stati diagnosticati 120 bambini con FC e 98 con CFSPID. Il protocollo di screening purtroppo non è stato purtroppo omogeneo in tutti i centri, ma per lo meno in tutti si è basato sul dosaggio alla nascita della tripsina su sangue con metodo immunoreattivo (IRT) ed è sul valore dell’IRT che lo studio focalizza alcune osservazioni.
Nei 9 anni considerati 14 bambini CFSPID su 98 (il 14,3%) hanno maturato i criteri per la diagnosi di FC, i rimanenti sono rimasti incerti. Di questi non ci vengono date altre notizie, né sul monitoraggio clinico, né su quale sia stato il tempo minimo e massimo di osservazione. Dei 98 complessivi è interessante sottolineare che avevano tutti (tranne 1) due mutazioni nel genotipo, ma una sola era una mutazione certamente causante FC e circa la metà avevano test del sudore con valori borderline, i restanti valori normali . In sostanza la maggior parte dei CFSPID è stata definita tale per il risultato incerto del test genetico.
Come sono arrivati i 14 CFSPID alla diagnosi di fibrosi cistica? In 10 su 14, il TS, inizialmente borderline, si è positivizzato: è successo all’età media di circa due anni e ha indicato un valore medio di cloro pari a 68 mmol/L. Negli altri 4 casi il TS è rimasto borderline, però la seconda mutazione, classificata in un primo momento come variante innocente, è stata riclassificata come patogena.
Per quanto riguarda il valore dell’IRT, nei casi che sono subito approdati alla diagnosi di FC è risultato mediamente superiore a quello dei CFSPID: 143 ng/ml vs 75. L’analisi interessante riguarda il confronto fra i CFSPID che vengono in un secondo momento diagnosticati FC e gli altri che rimangono ancora tali (rispettivamente 14 rispetto a 84): l’IRT dei primi è 108 (con valori minimi e massimi fra 72 e 126) rispetto a 73 dei secondi (valori minimi 60, massimi 96). Purtroppo non c’è una linea netta di demarcazione, anzi c’è discreta sovrapposizione per una certa fascia di valori. Però indubbiamente i CFSPID che sono poi diagnosticati FC hanno valori IRT più elevati sia all’inizio che alla fine del percorso diagnostico.
Gli autori osservano che il livello di tripsina riflette nel lattante la severità dell’interessamento pancreatico: i livelli più levati indicano un danno pancreatico più estensivo e questo danno correla con una più severa disfunzione della proteina CFTR. La disfunzione della proteina dipende dalla mutazione in gioco e spesso il sequenziamento individua mutazioni di cui non si conosce l’effetto. Ecco che l’IRT elevata può rappresentare il segnale di un effetto patogeno, fornendo così quell’informazione che la genetica da sola (senza la clinica) non può dare. Per questa ragione il comportamento dell’IRT nei CFSPID (magari in associazione con il comportamento del test del sudore nel tempo) va studiato su casistica più vasta, allo scopo di capire se può davvero individuare quelli a maggior rischio di essere classificati FC.
1) Ooi CY, Sutherland R, Castellani C, Keenan K, Boland M, Reisman J, Bjornson C, Chilvers MA, van Wylick R, Kent S, Price A, Mateos-Corral D, Hughes D, Solomon M, Zuberbuhler P, Brusky J, Durie PR, Ratjen F, GonskaT. “Immunoreactive trypsinogen levels in newborn screened infants with an inconclusive diagnosis of cystic fibrosis”. BMC Pediatr. 2019 Oct 22;19(1):369.