Quando la pandemia di COVID-19 ha avuto inizio, le persone affette da fibrosi cistica (FC) sono state considerate da subito tra i soggetti più a rischio di sviluppare le gravi complicanze polmonari causate dal virus SARS-CoV-2. Tuttavia, i dati raccolti fino a oggi mostrano che, nelle persone con FC, l’infezione ha un impatto clinico minore di quanto previsto inizialmente e la malattia ha spesso un decorso lieve, che non richiede il ricovero in terapia intensiva.
Per capire i motivi di questo fenomeno, i gruppi di ricerca del dott. Claudio Sorio e del dott. Davide Gibellini dell’Università di Verona, in collaborazione con l’Università di Chieti, hanno eseguito diversi test su cellule epiteliali bronchiali provenienti sia da persone sane sia da pazienti con FC.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica Cells (qui), hanno mostrato che, in seguito all’infezione con il virus SARS-CoV-2, le cellule in cui l’attività dell’intero gene CFTR è annullata oppure è presente la mutazione F508del mostrano una carica virale più bassa, come se l’infezione fosse ostacolata. Questo studio fornisce un primo interessante indizio del ruolo della proteina CFTR nel ciclo infettivo del coronavirus SARS-CoV-2. Se i risultati verranno confermati, questa informazione potrà essere utile non solo per gestire l’infezione da SARS-CoV-2 nei pazienti con FC ma anche per sviluppare nuove strategie terapeutiche anti-COVID-19 per la popolazione generale.
Per saperne di più
Quando la proteina CFTR è alterata per effetto di una mutazione del gene CFTR, il passaggio di ioni attraverso la membrana delle cellule epiteliali è ridotto: questo comporta, a livello dei bronchi, la produzione di un muco alterato e particolarmente denso, in cui gli agenti patogeni si insediano più facilmente e causano infezioni respiratorie croniche. Per questo, le persone con FC sono tuttora considerate tra i soggetti più a rischio di sviluppare le complicanze polmonari del COVID-19.
In modo del tutto inatteso, i dati scientifici raccolti fino a oggi suggeriscono però una tendenza diversa dal momento che, nelle persone con FC, l’infezione respiratoria da coronavirus SARS-CoV-2 ha mostrato decorrere per lo più senza gravi complicanze. Sulla base di queste osservazioni, i gruppi di ricerca di Sorio e Gibellini hanno ipotizzato che la forma mutata della proteina CFTR potesse interferire con il ciclo infettivo del virus e hanno indagato in particolare CFTR con la più frequente mutazione genetica, la F508del.
Lo studio scientifico
Nel corso dello studio è stato testato in laboratorio l’effetto dell’infezione di SARS-CoV-2 su cellule epiteliali bronchiali ottenute da pazienti con FC. La carica virale è risultata inferiore a quella dei donatori sani (cioè con CFTR normale) e il picco di infezione si è presentato in ritardo, a suggerire che, nelle cellule con la forma mutata di CFTR, l’infezione fosse rallentata. Tra le possibili spiegazioni del fenomeno è stata avanzata l’ipotesi che la CFTR mutata per effetto di F508del potesse interferire con il recettore ACE-2, una proteina espressa sulla superficie delle cellule bronchiali che il virus usa come una porta per entrare nelle cellule e infettarle. Il recettore ACE-2 è presente in molte cellule umane ma, poiché il virus SARS-CoV-2 si trasmette principalmente per via aerea, i recettori ACE-2 delle cellule epiteliali bronchiali sono quelli considerati tra le principali porte di ingresso del virus nel nostro organismo.
Un altro risultato emerso dai test è che, dopo l’infezione, le cellule bronchiali dei donatori sani esprimevano livelli più elevati del recettore ACE-2 rispetto alle cellule con CFTR mutata, suggerendo che i fattori coinvolti nella suscettibilità delle cellule al virus potrebbero essere molteplici.
Per comprendere meglio il meccanismo alla base di questo fenomeno, i ricercatori hanno regolato il funzionamento della proteina CFTR con farmaci mirati. In presenza di un inibitore di CFTR, anche le cellule sane hanno mostrato una notevole diminuzione della carica virale. Come ulteriore conferma, le cellule con la forma mutata F508del-CTFR sono state trattate con farmaci che agiscono come correttori della funzione di CFTR: il risultato ha confermato che, se la CFTR viene attivata, la carica virale tende a crescere.
L’inibizione della replicazione virale nelle cellule con la forma mutata di CFTR può avere diverse spiegazioni. Un’ipotesi è che l’alterazione del flusso di ioni attraverso la membrana interrompa il ciclo di replicazione del virus e che le variazioni intracellulari del pH, normalmente regolate dalla proteina CFTR ma non più controllate in FC, interferiscano con l’assemblaggio delle proteine virali. Un altro meccanismo potrebbe riguardare la formazione di endosomi, che molti virus – incluso SARS-CoV-2 – usano per entrare nelle cellule. Gli endosomi sono piccole vescicole che permettono il transito attraverso la membrana cellulare di macromolecole e corpuscoli di particolari dimensioni. Diversi studi suggeriscono come la proteina CFTR sia coinvolta nel traffico degli endosomi e che un’alterazione di questo traffico potrebbe, in modo indiretto, interferire con l’infezione del coronavirus e ostacolarne la penetrazione nella cellula.
Le prospettive future degli studi su CFTR e SARS-CoV-2
Le osservazioni emerse da questo studio sono molto interessanti ma ancora preliminari, dal momento che i meccanismi molecolari alla base dei fenomeni osservati devono ancora essere chiariti.
Se le ipotesi avanzate verranno confermate, le nuove conoscenze acquisite riguardo all’interazione tra l’attività della proteina CFTR e i recettori cellulari ACE-2 potrebbero in futuro essere usate per progettare innovativi farmaci anti-COVID-19.