La beta-talassemia trasfusione-dipendente (TDT) e l’anemia a cellule falciformi (SCD) sono le più frequenti malattie genetiche con meccanismo di trasmissione simile a quello della fibrosi cistica: due portatori sani hanno a ogni gravidanza il 25% di rischio di avere un figlio malato. La loro diffusione è su scala mondiale, ogni anno ci sono circa 60000 nuovi casi di talassemia e circa 300.000 di anemia falciforme. Sono malattie che hanno maggior incidenza nei paesi a basso tenore economico del continente asiatico e africano, dove è meno facile l’accesso a un test per il portatore, disponibile da tempo per entrambe. Alla base di entrambe vi è una mutazione nel gene responsabile della sintesi dell’emoglobina all’interno del globulo rosso. La conseguenza è un’anemia grave, con necessità precoce di periodiche trasfusioni di sangue e netta diminuzione della qualità e dell’attesa di vita dei malati. La più grave e diffusa è comunque la beta-talassemia, in cui è stata studiata la possibilità di trapianto di midollo, che è purtroppo possibile solo in una modesta percentuale di casi perché difficile trovare il midollo istocompatibile (cioè che non va incontro a rigetto); inoltre ci sono studi nel campo della terapia genica classica (inserimento nelle cellule staminali del midollo osseo dell’intero gene deputato alla sintesi dell’emoglobina).
Ma la vera innovazione terapeutica potrebbe essere la nuova tecnica Crispr/Cas 9, che potrebbe intervenire in modo più circoscritto all’interno del gene dell’emoglobina. La molecola dell’emoglobina è composta di quattro catene proteiche (chiamate alfa, beta, gamma e delta); esse debbono essere presenti in determinate proporzioni e in tempi opportuni della vita. Delle quattro la catena proteica gamma è quella sintetizzata solo durante la vita fetale, caratterizzata da notevole affinità per le molecole di ossigeno; alla nascita la sua produzione cessa ed è sostituita dalla catena beta. Nei malati di talassemia o anemia falciforme l’errore genetico impedisce la produzione di una normale proteina beta, di qui la sintesi di un emoglobina non funzionante, con distruzione dei globuli rossi e le crisi di anemia.
L’idea degli scienziati è stata quella di identificare, nella lunghissima sequenza di basi che costituiscono il DNA, attraverso un RNA guida, lo specifico frammento genico che spegne la sintesi della catena proteica gamma alla nascita, ed eliminarlo attraverso la forbice molecolare Cas9. La forbice è contenuta nel complesso Crispr veicolato all’interno della cellula da un vettore virale. In questo modo può continuare anche dopo la nascita la produzione di catene gamma e, anche se la catena beta è sintetizzata poco o male, si ottiene emoglobina di tipo fetale ma funzionante. Le cellule interessate dalla correzione con Crispr/Cas 9 sono le staminali del midollo osseo che danno origine ai globuli rossi e contengono tutte le informazioni per la produzione dell’emoglobina.
La sperimentazione cui ci riferiamo si è svolta così: le staminali sono state prelevate dal midollo osseo delle due malate e quindi corrette in laboratorio. La correzione è stata ottenuta in circa l’80% degli alleli (frammenti del gene) da colpire. È stato ottenuto un preparato cui è stato dato il nome di CTX001, che è stato quindi infuso nelle due donne. La prima aveva 19 anni ed era affetta da una forma grave di beta-talassemia, con necessità di trasfusioni fin dalla nascita, con varie complicanze secondarie alla malattia (epatite C, splenomegalia, osteonecrosi del cranio). L’altra aveva 32 anni, presentava grave anemia falciforme trasfusione-dipendente, con molteplici episodi di occlusione dei vasi sanguigni (dovuti agli episodi di distruzione dei globuli rossi). Dall’infusione di CTX001 al momento della pubblicazione dello studio sono passati, rispettivamente, circa due anni e un anno e mezzo.
Che cosa è successo? Il notevole risultato è stato che in entrambe i casi le staminali corrette hanno raggiunto il midollo osseo, lo hanno “popolato” e hanno dato origine a globuli rossi con netto aumento dell’emoglobina fetale funzionante (da 8 a 13 g/l nel corso di 18 mesi nel primo caso, da 7 a 12 nel secondo). Non vi è stata più necessità di trasfusioni. Attenzione: nella donna con beta-talassemia vi sono stati due eventi sfavorevoli seri, entrambi risolti: una polmonite nel periodo iniziale post-infusione di CTX001, in cui per favorire l’attecchimento delle staminali corrette le restanti cellule midollari (fra cui i neutrofili responsabili delle difese immunitarie) vengono depresse; e un episodio di occlusione vasale a livello epatico. Nella donna con anemia a cellule falciformi, sempre nel periodo di immunodepressione iniziale, una sepsi (infezione generalizzata), fortunatamente risolta.
Con CTX001 sono stati finora trattati altri 8 soggetti (6 con beta talassemia, due con anemia falciforme), ma hanno un periodo di osservazione di soli 3 mesi. A questo punto la domanda aperta è se questa esperienza nel campo delle anemie ereditarie possa essere trasferibile alla fibrosi cistica. Ci sono molte differenze, che rappresentano un ostacolo: le staminali midollari sono molto più facilmente identificabili e prelevabili rispetto a quelle che danno origine alle cellule epiteliali che rivestono il lume dei bronchi e sono geneticamente difettose a causa delle mutazioni del gene CFTR. Infatti alcuni studi propongono l’uso di staminali che non provengono dal polmone, ma dal tessuto connettivo o dal tessuto adiposo, quelle chiamate “mesenchimali” (2). E con quale modalità potrebbero essere reinfuse, una volta corrette? E quanto sarebbero in grado di rigenerare il tessuto bronchiale, visto che le cellule epiteliali bronchiali sono soggette a un veloce ricambio (turnover), a differenza di quelle del sangue? Certamente sono interrogativi importanti, ma la strada è aperta e le esperienze riportate rappresentano risultati molto promettenti.
1) Haydar FH, Altshuler D, Cappellini MD et al. CRISPR-Cas9 Gene Editing for Sickle Cell Disease and β-Thalassemia. N Engl J Med. 2020 Dec 5
2) Cellule staminali mesenchimali nella terapia cellulare di patologie polmonari: facciamo il punto