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23 Marzo 2022

I numeri della fibrosi cistica nel mondo

Dott.ssa Graziella Borgo

Fino agli anni ‘70-‘80, i trattati sulla fibrosi cistica indicavano come questa malattia fosse di interesse esclusivo delle popolazioni di origine caucasica e di pelle bianca, quindi europei, nordamericani, australiani. Quando le migrazioni, la globalizzazione e la diffusione della conoscenza della malattia hanno portato a diagnosticarla, seppure con molta minor frequenza, anche in soggetti con pelle di altro colore, come africani, indiani e asiatici, l’assunto è caduto. Gli scienziati, i genetisti tra i primi, hanno dovuto ammettere che non esisteva, come non esiste a tutt’oggi, una spiegazione scientifica forte a supporto della teoria secondo cui il gene CFTR mutato è presente solo nei caucasici. E hanno cominciato a interrogarsi su quanto diffusa sia la malattia in tutti il mondo.

C’è un modo relativamente sicuro per saperlo: ricorrere ai dati dei registri-malattia, attivi in molti Paesi, specialmente quelli con condizioni di maggior benessere socio-sanitario. Questi registri riportano il numero dei malati che hanno avuto una diagnosi; se realizzati e gestiti in maniera efficiente, forniscono effettivamente un dato realistico, arrivando a registrare almeno il 90% dei malati di una data nazione.
Tuttavia, i registri validi sono presenti per lo più in Paesi economicamente avanzati in cui la popolazione è prevalentemente di pelle bianca e perciò riguardano solo questa parte dell’umanità.
Nei Paesi dove non esistono registri-malattia, il numero dei malati FC può essere solo una stima. A febbraio 2022 è stata pubblicata sulla rivista Journal of Cystic Fibrosis un’indagine sull’epidemiologia (cioè la distribuzione e la frequenza) della fibrosi cistica nel mondo e sull’accessibilità dell’intera popolazione dei malati ai nuovi farmaci modulatori in particolare Kaftrio. Secondo i dati raccolti in 94 Paesi, oggi le persone con fibrosi cistica sono 162.428; di queste, circa 19.516 sono in trattamento con Kaftrio.

Per saperne di più
I ricercatori hanno incluso nelle loro analisi 158 Paesi. Dove i registri-malattia non sono presenti, si sono affidati a segnalazioni scientifiche sporadiche di malati FC (per esempio africani o cinesi), studi epidemiologici su piccola scala, notizie da organizzazioni di pazienti e infrastrutture sanitarie, inchieste via mail e interviste a esponenti scientifici locali. Ragionando in maniera deduttiva su questo complesso di informazioni, hanno fornito la stima complessiva sulla prevalenza dei malati in vaste aree geografiche ancora poco considerate nel panorama della fibrosi cistica: sarebbero 57.076 soggetti. Un triste primato spetta all’India, dove potrebbero trovarsi 37.406 malati: il numero è dedotto dalla frequenza della diagnosi di malattia negli immigrati indiani in Canada e USA. Per citare solo altri dati di maggior interesse, vi è la stima di 5.349 malati in Asia e 1.665 in Africa.

Componendo numeri reali e numeri presunti, i dati complessivi mostrano che i malati FC oggi in vita in 94 Paesi di ogni parte del mondo sarebbero 162.428 (la stima per difetto è 144.606, per eccesso 186.620). Di questi, 105.352 (65%) sono conosciuti perché hanno avuto una diagnosi ufficiale riportata nei registri-malattia e perciò il dato può essere ritenuto molto vicino alla realtà. L’Europa conta 47.650 pazienti, il Nordamerica 37.002, il Sudamerica (dove Brasile e Argentina hanno registri-malattia di qualche aiuto) 10.034, l’Australasia (Australia e Nuova Zelanda) 3.652.

Chi ha la possibilità di curarsi con i nuovi farmaci
In questi ultimi anni la ricerca ha fatto passi da gigante con la scoperta dei nuovi farmaci, in particolare Kaftrio (ivacaftor/tezacaftor/elexacaftor). Non conosciamo però quanti sono i malati che ne avrebbero beneficio.
Attraverso i report pubblici degli introiti ricavati dall’azienda Vertex con Kaftrio, è possibile stimare quanti malati alla fine del 2020 sono stati in trattamento con questo farmaco: 19.516, numero che rappresenta il 12% dei malati FC stimati nel mondo, 162.428.
È una percentuale modesta, sicuramente sarebbe più alta se fosse rapportata solo al numero di malati per cui il farmaco è indicato, vale a dire quelli di una certa età e con F508del nel genotipo. Però è indicativa della realtà, che è fortemente problematica per l’alto costo del farmaco che rende difficili gli accordi fra l’azienda produttrice e gli Stati dotati di servizio sanitario pubblico che deve assumersi questo costo. Nel 2021 questi accordi sono progrediti, in particolare con molti Stati europei più avanzati dal punto di vista socioeconomico, ma restano una questione aperta dal momento che la titolarietà del brevetto di Vertex su Kaftrio scade nel lontano 2037. E non è detto che agli accordi corrisponda poi l’erogazione del farmaco da parte del sistema sanitario: gli autori sottolineano a questo riguardo le difficoltà presenti nei Paesi dell’Est e dell’area del Baltico dove lo stesso Orkambi (ivacaftor/lumacaftor) rimane inaccessibile dopo parecchi anni dall’approvazione ufficiale. Colgono quindi lo spunto per spezzare una lancia in favore di un’azione umanitaria che le nazioni più ricche dovrebbero sostenere. Queste dovrebbero ampliare l’accesso ai nuovi farmaci alle popolazioni dei Paesi meno avanzati, esercitando una pressione per la diminuzione del loro costo. Un’iniziativa di questo genere condotta nell’ambito dei farmaci contro l’AIDS permise, anni fa, che essi fossero utilizzati da milioni di persone che altrimenti non l’avrebbero mai avuto.