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17 Marzo 2015

I diversi benefici clinici ottenuti da ivacaftor negli studi su pazienti FC con mutazione G551D: un’analisi “post hoc”

G. Borgo

Questo studio “post hoc” mostra come tutti i pazienti FC con mutazione G551D inseriti nelle sperimentazioni cliniche hanno tratto vantaggio da Ivacaftor, indipendentemente dal livello di miglioramento ottenuto sulla funzionalità respiratoria.

L’analisi “post hoc” (dal latino “dopo questo”) consiste nel valutare i risultati ottenuti attraverso una sperimentazione clinica dopo che questa si è conclusa, per rispondere a ipotesi e/o domande che non erano previste nel disegno iniziale dello studio. Il metodo può essere in parte criticabile, perché frutto di elaborazioni statistiche che potrebbero essere “orientate” a dimostrare quello che ci si aspetta di trovare. Ma spesso è utile per mettere in luce comportamenti e/o effetti in sottogruppi di soggetti inseriti nella sperimentazione ma valutati solo nel complesso dei soggetti in esame. Nel caso degli studi clinici su Ivacaftor, questi hanno infatti valutato l’insieme dei pazienti arruolati, senza fornire peraltro risultati separati nei sottogruppi di soggetti: questi sono stati creati “a posteriori” nella pubblicazione che commentiamo (1) per capire come il farmaco avesse agito indipendentemente dal miglioramento ottenuto di funzionalità respiratoria.

I trial clinici denominati STRIVE e ENVISION hanno dimostrato l’efficacia di Ivacaftor in soggetti con almeno una mutazione G551D, con età maggiore di 12 anni e FEV1 fra 40% e 90% nel caso del trial STRIVE ed età fra 6 e 12 anni con FEV1 fra 40% e 105% nel caso di ENVISION. Sono in tutto 209 soggetti (109 trattati con Ivacaftor e 100 con placebo, come gruppo di controllo): messi insieme hanno un’età media di 22 anni, una concentrazione media di cloro nel sudore pari a 101 millimoli/L e una FEV1 media, prima di Ivacaftor, del 68%. L’efficacia di Ivacaftor era stata valutata soprattutto in base all’incremento medio del valore di FEV1 rispetto a quello iniziale, confrontando i dati ottenuti nei trattati con il farmaco rispetto ai trattati con placebo. Ma il valore medio non esprime la risposta individuale: potrebbe indicare che mediamente tutti i pazienti migliorano un po’ la FEV1, oppure che alcuni la migliorano molto e altri poco o anche niente o addirittura peggiorano. L’analisi “post hoc” si è posta quindi la questione di valutare la risposta in termini non solo di funzionalità respiratoria ma anche di guadagno di peso, di miglioramento dei sintomi respiratori e di riduzione del numero di esacerbazioni in tutti i pazienti, ma suddivisi in tre sottogruppi. Nei 109 soggetti trattati con il farmaco questi sottogruppi, ciascuno con eguale numero di pazienti, sono caratterizzati dal livello di variazione percentuale di FEV1 raggiunto dopo trattamento rispetto al valore di partenza. I sottogruppi di pazienti sono così definiti: quelli che hanno ottenuto incrementi minimi di FEV1 (inferiori o uguali a 5 punti percentuali), medi (tra 6 e 13 punti) e massimi (più di 13 punti). I sottogruppi sono omogenei per altre variabili cliniche (età, genere, peso, valori test del sudore, presenza di Pseudomonas). Per ogni sottogruppo si va a vedere l’efficacia di Ivacaftor: vengono valutati FEV1 (questa volta però considerando la differenza media di percentuale ottenuta rispetto ai sottogruppi placebo, pure separati con i criteri suddivisione in fasce di variazioni FEV1 rispetto alla partenza), ma anche peso corporeo, sintomi respiratori, numero di esacerbazioni polmonari, sempre come differenza rispetto al gruppo placebo. Si vede così che Ivacaftor risulta molto efficace nel sottogruppo composto dai soggetti con incremento massimo di FEV1: in questi, il trattamento apporta un miglioramento medio di FEV1 rispetto al placebo di oltre 15 punti; ma anche nei sottogruppi con livelli di incremento FEV1 medio e minimo c’è recupero medio di funzione in confronto al placebo: rispettivamente di oltre 9 e oltre 7 punti. Ma ciò che appare alquanto rilevante è che, oltre alla funzionalità respiratoria, aumenta in tutti il peso (dai 2,5 ai 3,5 Kg) e inaspettatamente migliora di più (in media oltre 3,5 Kg) in quelli in cui l’incremento di FEV1 è minimo. I sintomi respiratori e il numero di esacerbazioni si riducono in maniera statisticamente significativa nei sottogruppi con incremento funzionale massimo e medio, mostrano solo una tendenza alla riduzione, che non è però significativa, nel gruppo con incremento funzionale minimo.

In conclusione: il trattamento con Ivacaftor apporta a tutti i pazienti G551D dei benefici, ma non in misura eguale per tutti. Infatti la funzionalità respiratoria migliora di più in alcuni e meno in altri. Però migliora in tutti e, se il recupero funzionale è notevole, c’è da aspettarsi anche buon recupero del peso e marcata diminuzione delle infezioni respiratorie; ma anche se il recupero di FEV1 è modesto, sarà comunque accompagnato da brillante incremento del peso ed anche tendenza alla diminuzione delle esacerbazioni infettive e dei sintomi respiratori. Questo starebbe a dire che il parametro FEV1 non può essere assunto come unico o principale marcatore di risultato nei trial clinici in FC.

Ciò che questa analisi “post hoc” di due studi che hanno premiato il primo farmaco attivo sul difetto di base CF non fornisce è la valutazione dei risultati ottenuti in relazione alle condizioni cliniche di partenza: questo sarebbe stato molto importante perché oggi è in discussione in Italia l’erogazione del farmaco a carico del Servizio Sanitario Nazionale nei soggetti con FEV1 inferiore a 40% e superiore a 90%. Abbiamo peraltro già studi osservazionali che mostrano importanti benefici anche nei pazienti più gravi, mentre sarebbe incoerente non usare il farmaco nei soggetti che hanno normale funzionalità respiratoria, quelli cioè che in ultima analisi potrebbero beneficiare di più da un trattamento precoce del difetto di base. Ci sentiamo anche di dire che ciò che questa analisi ha comunque dimostrato dovrebbe essere applicabile anche a pazienti con mutazioni di gating diverse da G551D, più rappresentate in Italia rispetto a G551D, per i quali un apposito studio clinico controllato ha già dimostrato risultati del tutto sovrapponibili a quelli ottenuti nei pazienti con almeno una mutazione G551D.

1. Konstan MW, Plant BJ, Elborn JS, Rodriguez S, Munck A, Ahrens R, Johnson C. Efficacy response in CFpatients treated with ivacaftor: Post-hoc analysis. PediatrPulmonol. 2015 Mar 9. doi: 10.1002/ppul.23173. [Epub ahead of print]PMID:25755212