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Recensione di pubblicazione da progetto FFC

27 Agosto 2019

Eliminazione attraverso gene editing di due mutazioni CFTR di tipo splicing

Dott .Graziella Borgo

Il gruppo di ricerca del CIBIO (Center for Integrative Biology, Università di Trento) coordinato da Anna Cereseto, in collaborazione con Katholieke Universiteit Leuven in Belgio, in questo lavoro pubblicato sulla rivista Nature Communications (1) ha perfezionato la tecnica del gene editing per correggere due mutazioni CFTR con meccanismo splicing: 3849+10kbC->T e 3272-26A->G. L’obiettivo è stato raggiunto nell’ambito del progetto FFC#1/2017, dove è stata applicata per la prima volta in fibrosi cistica questa nuova tecnica per svolgere un’azione di “taglia e cuci” a livello del DNA cellulare, eliminando con molta precisione la parte mutata di DNA e dopo il taglio congiungendo i frammenti genici rimanenti (2).

Le mutazioni CFTR con meccanismo splicing non sono per niente rare: rappresentano circa il 12-13% delle oltre 2000 mutazioni del gene CFTR. Lo splicing (“montaggio”) è un complicato meccanismo molecolare che interviene per trasformare il DNA del gene nel RNA che porta il messaggio per sintetizzare la proteina CFTR. L’RNA messaggero in pratica è la trascrizione del DNA del gene, da cui però sono state eliminate attraverso lo splicing i tratti non fondamentali per il messaggio (chiamati introni) e lasciate solo le parti codificanti (gli esoni). Se una mutazione cambia la sequenza del DNA in alcune precise posizioni, altera il meccanismo dello splicing, per cui viene montato un RNA messaggero anomalo, che dà avvio alla produzione di una proteina alterata. Nel lavoro di Cereseto (1) sono state scelte le due mutazioni splicing 3849+10kbC->T e 3272-26A->G. La prima è una delle più comuni mutazioni splicing fra i soggetti FC italiani e l’altra è molto frequente nella popolazione FC belga. Non sono mutazioni splicing associate a un decorso severo della malattia, anzi sono state classificate fra le mutazioni con funzione residua (cioè in grado di produrre una certa quota di proteina funzionante) e come tali trattabili con il potenziatore Kalydeco negli USA, non ancora in Italia. Ma esistono anche mutazioni splicing severe, attribuite al gruppo delle mutazioni con funzione di CFTR minima (provocano grave alterazione o arresto della sintesi proteica ad esempio le mutazioni 1717+1G->A, 711+1G->T).

Nella mutazione 3272-26A->G c’è la sostituzione nel DNA genico di una singola base, l’Adenina al posto di Guanina. Anche se è una mutazione puntiforme, è sufficiente per alterare il punto in cui dovrebbe avvenire il taglio dello splicing (splicing site), così che si ha l’inclusione di un frammento anomalo. Nella mutazione 3849+10kbC->T, un’altra mutazione puntiforme, l’inserimento di Citosina al posto di Timina, agisce con meccanismo simile, alterando lo splicing e includendo il frammento anomalo. Per entrambe le mutazioni lo splicing difettoso porta ad RNAm che ha una sequenza diversa dal normale e che viene letta come un messaggio di stop alla sintesi della proteina.

Il lavoro di Cereseto si è svolto attraverso vari esperimenti. Dapprima i ricercatori hanno costruito un minigene composto solo dal tratto di DNA genico in cui si trovano gli esoni e gli introni interessati dalle mutazioni 3272-26A->G e 3849+10kbC->T. Hanno inserito questo minigene in cellule renali embrionarie umane (da embrioni abortiti). Sempre in queste cellule hanno sperimentato il CRISPR-Cas 9, già conosciuto, a confronto con un CRISPR nuovo, dotato di una forbice più efficace e precisa (AsCas 12a) e di un nuovo tipo di RNA guida (cr RNA+11 per 3272-26A->G e crRNA+14 per 3849+10kbC->T). Hanno ottenuto buoni risultati: la forbice tagliava bene (era efficiente) in corrispondenza delle mutazioni e precisa (tagliava solo dove doveva tagliare). La congiunzione dei due tratti di DNA dopo il taglio e l’eliminazione della mutazione avveniva con il processo Non-Homologous End-Joining (NHEJ, congiunzione di tratti terminali non omologhi) che non prevede l’inserimento nella cellula di una sequenza stampo da copiare.

Sono quindi passati a trattare con il nuovo sistema CRISPR cellule epiteliali bronchiali primarie (derivate da polmoni di soggetti con FC). Erano cellule con genotipo composto dalle mutazioni combinate 3272-26A->G /F508del e 3849+10kbC->T/F508del. Il virus vettore, usato per il trasferimento, ha infettato le cellule trasportando il sistema per la correzione (rispettivamente AsCas12a-cr RNA + 11 per 3272-26A->G e AsCas12a-cr RNA +14 per 3849+10kbC->T). Anche qui i risultati sono stati buoni: si otteneva la correzione della mutazione splicing in circa l’80 % degli alleli (copie mutate del gene) e il sistema non toccava l’altra mutazione F508del, quindi era altamente specifico.

Come ultimo esperimento sono stati usati organoidi intestinali: anche qui il genotipo era composto dalla mutazione splicing combinata con F508del ed è stata confermata efficienza e specificità del taglio. Il dato molto interessante è che l’organoide ha permesso di vedere l’effetto della correzione genetica: sappiamo che l’organoide da piatto com’è inizialmente si rigonfia solo se la proteina CFTR funziona. E qui si è visto che l’organoide geneticamente corretto si rigonfiava come quello usato per controllo, dotato di gene CFTR normale e di proteina normalmente funzionante.

ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI
L’importanza di questo lavoro consiste in un perfezionamento della tecnica del gene editing e nella sua applicazione a mutazioni con meccanismo splicing. I ricercatori hanno migliorato gli strumenti che sono alla base della tecnica: hanno individuato nuove forbici più efficienti (non più Cas9 ma Cas12a) e un RNA guida altamente specifico per le mutazioni in oggetto. Il sistema così com’è è verosimilmente applicabile ad altre mutazioni in cui l’alterazione dello splicing produca l’inclusione nell’RNA messaggero di frammenti genici anomali. Inoltre è molto interessante la dimostrazione su organoidi dell’efficacia della correzione genica: gli organoidi sono ritenuti oggi tra i più fedeli modelli biologici della malattia e la prova sperimentale avvicina i risultati molecolari a quelli clinici.

A questa valutazione, ci sembra opportuno aggiungere alcune considerazioni: tutto quello che riguarda la manipolazione del corredo genetico dell’individuo desta grande risonanza, soprattutto quando prospetta interventi terapeutici nei confronti di malattie genetiche. Il gene editing è tecnica innovativa che offre ottime prospettive, anche se sono tutti aperti i problemi che lo accompagnano, ad esempio come introdurre il sistema nelle cellule dell’organismo vivente (qual è il vettore ottimale?) e in particolare quale tipo di cellula dovrebbe essere presa di mira.
Si parla di gene editing come tecnica per la correzione permanente del gene, e questo evoca speranze di una terapia che magari somministrata in singola dose possa risolvere la malattia per tutta la vita (“guarire dalla fibrosi cistica”). È necessario essere realistici e intenderci sul significato del “permanente”: è una correzione permanente per la cellula trattata e per il suo DNA, che dal momento della correzione in poi, produce proteina normale. Ma la cellula è soggetta a un ciclo vitale: nasce, cresce, si replica in un certo numero di cellule con la stesse caratteristiche genetiche, però non si moltiplica definitivamente, a un certo punto è soggetta a invecchiamento e morte (turnover cellulare). Il turnover delle cellule epiteliali bronchiali è elevato, il che significa che il ricambio cellulare è frequente e quindi la correzione attraverso gene editing dovrebbe essere somministrata (supponiamo per via aerosolica) ripetutamente (non sappiamo quanto spesso). Per questo i ricercatori stanno studiando se siano veramente le epiteliali bronchiali il target più conveniente per il gene editing.

Una linea di ricerca promettente sembra essere quella di coniugare il sistema del gene editing con le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC). Queste ultime sono una nuova frontiera nell’ambito dell’utilizzo terapeutico di cellule staminali, in quanto vengono prodotte da cellule differenziate adulte dello stesso paziente (ad es. facilmente ottenibili come i fibroblasti della pelle) mediante una loro riprogrammazione in vitro e, in seguito alla correzione della mutazione, reintrodotte nello stesso paziente, senza quindi alcuna possibilità di un rigetto. Sono cellule capaci di replicarsi pressoché indefinitivamente, e quindi di dare origine a una numerosa popolazione di cellule corrette in maniera permanente. Per questa ragione la posizione della Fondazione americana è di sostenere di pari passo la ricerca sulle iPSC e sul gene editing “As such, stem cell and gene editing research must be conducted in tandem. To capitalize on these emerging technologies, the CF Foundation Therapeutics Lab has hired both gene editing and stem cell biologists to work together to explore and advance new treatments and to get us one step closer to our ultimate goal of a cure”.

Un’altra ipotesi sarebbe quella di individuare le staminali presenti nel tessuto polmonare del soggetto (sono le cellule progenitrici delle cellule bronchiali mature), correggerle geneticamente e poi reinfonderle, ma allo stato attuale sembra una strada meno percorribile. Di recente è però emersa un’altra scoperta dai contorni ancora piuttosto vaghi ma molto interessanti (3, 4, 5). Due gruppi di ricercatori americani (Massachusetts General Hospital e Harvard Medical School), lavorando in maniera indipendente, sono arrivati alla stessa conclusione: l’esistenza nel polmone di un particolare tipo di cellule chiamate ionociti, che sono poco diffuse ma molto più ricche di proteina CFTR rispetto a quelle conosciute fino ad oggi. Potrebbero essere le cellule ideali da colpire con l’editing genetico per ottenere grandi quantità di CFTR normale nel polmone FC.

IL GENE EDITING IN BREVE
Per capire meglio il lavoro di Cereseto e il commento sopra, riproponiamo alcune informazioni.
Riportiamo dal sito del CIBIO la spiegazione della tecnica che è alla base del gene editing (correzione genetica): “Il sistema CRISPR/Cas9 (si pronuncia crisper) è costituito da CRISPR, un’insieme di piccoli frammenti di DNA, e dalla proteina Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare un DNA bersaglio, che può essere programmata per effettuare specifiche modifiche al genoma di una cellula, sia questa animale, umana o vegetale. A seguito del taglio introdotto da Cas9, attraverso opportuni accorgimenti, è infatti possibile eliminare sequenze di DNA dannose dal genoma bersaglio. La programmazione del bersaglio di Cas9 avviene attraverso una molecola di RNA, chiamata RNA guida, che può essere facilmente modificata in laboratorio e, una volta associata a Cas9, agisce come una specie di guinzaglio, ancorando la sequenza di DNA bersaglio prescelta. Il sistema CRISPR/Cas9 è stato identificato originariamente studiando i batteri, dove la proteina Cas9 svolge la sua funzione di forbice molecolare aiutando questi microorganismi a proteggersi da virus patogeni, svolgendo quindi la funzione di una sorta di sistema immunitario dei batteri.”

Aggiungiamo un’informazione che ci sembra poco nota: per introdurre nella cellula che si vuole trattare il pacchetto CRISPR/Cas9 è necessario un vettore. Possono funzionare da vettore speciali particelle di natura lipidica oppure alcuni tipi di virus privati della loro capacità patogena e immunogena. I virus sembrano funzionare meglio dei lipidi per la loro straordinaria capacità di penetrare nelle cellule e nel corso delle ricerche ne sono stati sperimentati vari tipi. Oggi si punta sui virus del gruppo dei Lentivirus: il Lentivirus viene svuotato di gran parte del suo materiale genetico, che viene sostituito dal pacchetto CRISPR/Cas9 insieme all’RNA guida e così arrangiato penetra nella cellula fino all’interno del suo nucleo.

La guida di RNA individua, fra i tre bilioni di basi (A, T, C, G) che costituiscono il DNA genomico dell’uomo, quelle poche che contrassegnano in maniera specifica l’inizio della mutazione che si vuole trattare, e le aggancia. Sul frammento agganciato interviene la forbice Cas9 e lo elimina. Eliminato il frammento è necessario ricongiungere i due tratti di DNA: questo può avvenire in due modi, il primo è detto Non-Homologous End-Joining (NHEJ, congiunzione di tratti finali non omologhi) e consiste semplicemente nel riunire le due estremità, l’altro è detto Homologous End Joining (HEJ) ed è più complicato, in quanto prevede l’inserimento nella cellula di un frammento simile a quello eliminato ma con la sequenza corretta (5). Questo frammento viene inserito al posto di quello eliminato e salda le due estremità del DNA. La scelta dell’uso di NHEJ o di HEJ dipende dal tipo di mutazione che si intende colpire e dalla sequenza di DNA risultante dopo il taglio.

1) Maule G, Casini A, Montagna C, Ramalho AS, De Boeck K, Debyser Z, Carlon MS, Petris G, Cereseto A. “Allele specific repair of splicing mutations in cystic fibrosis through AsCas12a genome editing”. Nat Commun. 2019 Aug 7;10(1):3556. doi: 10.1038/s41467-019-11454-9.
2) Si conclude con successo il progetto di gene editing (FFC #1/2017): eliminate con la forbice molecolare alcune mutazioni del gene CFTR, 07/08/2019
3) Scoperta una cellula ricca di proteina CFTR nelle vie aeree: lo ionocita, 15/01/2019
4) Montoro DT Haber AL, Biton M et al “A revised airway epithelial hierarchy includes CFTR-expressing ionocytes”. Nature 2018 Aug;560(7718):319-324. doi: 10.1038/s41586-018-0393-7.
5) Plasschaert LW, Žilionis R, Choo-Wing R et al “A single-cell atlas of the airway epithelium reveals the CFTR-rich pulmonary ionocyte”. Nature. 2018 Aug;560(7718):377-381. doi: 10.1038/s41586-018-0394-6.