Hebestreit H, Sauer-Heilborn A, Fischer R, Käding M, Mainz JG.
Effects of Ivacaftor on severely ill patients with cystic fibrosis carrying a G551D mutation. J Cyst Fibros. 2013 Jun 8. pii: S1569-1993(13)00082-9. doi:
10.1016/j.jcf.2013.05.006. [Epub ahead of print]
L’argomento
Indicazioni ed effetti di Ivacaftor il nuovo farmaco potenziatore di CFTR mutata
Che cosa si conosce su questo argomento
Ivacaftor ha dimostrato di essere una molecola efficace e sicura nel ripristinare la normale funzione della proteina CFTR mutata a causa della mutazione G551D e di altre mutazioni di classe III, IV e V. La funzionalità respiratoria dei pazienti inclusi nei trial con Ivacaftor finora svolti era in partenza medio-buona (FEV1 uguale o superiore al 40% del predetto).
Che cosa aggiunge questo studio
Questo studio multicentrico retrospettivo, svolto in Germania, ha verificato la sicurezza e la parziale efficacia di Ivacaftor in pazienti con almeno una mutazione G551D caratterizzati però da grave situazione polmonare (FEV1 inferiore al 40% del predetto.)
Premesse.
La nuova molecola che agisce come potenziatore della proteina CFTR prodotta da alcune mutazioni cosiddette di “gating”, e in particolare dalla mutazione G551D, agisce potenziando la funzione della proteina CFTR che è riuscita a posizionarsi sulla membrana cellulare e lì agire come canale per il trasporto di cloro. Questo studio vuole indagare l’efficacia e la sicurezza del trattamento con Ivacaftor in pazienti FC con mutazione G551D ma con funzionalità polmonare scadente (FEV1% predetto inferiore a 40%).
Metodo
Si tratta di uno studio retrospettivo su 14 pazienti FC provenienti da 5 centri di cura in Germania. Questi pazienti hanno assunto Ivacaftor per un periodo variabile tra 200 e 400 giorni, nell’ambito di un programma nazionale che reclutava su base nominale, vale a dire al di fuori della normale regolamentazione (clinica e legislativa), i pazienti candidati al farmaco con almeno una mutazione G551D. Ai centri è stato chiesto di fornire i dati retrospettivi a Settembre 2012 e ad Aprile 2013 relativi a parametri di crescita (peso, altezza, BMI), funzionalità respiratoria, storia di esacerbazioni, microbiologia e complicanze. Sono stati confrontati i valori di peso, altezza, BMI e funzionalità respiratoria 400 giorni prima dell’inizio del trattamento con Kalydeco rispetto a quelli raggiunti al momento della sospensione all’ultimo controllo disponibile (da 200 a 400 giorni di trattamento). Il valore basale di funzionalità respiratoria è stato calcolato facendo la media dei valori nell’anno precedente l’inizio del trattamento.
Risultati
I 14 pazienti avevano un FEV1 medio di 25.0±7.5 % predetto e un BMI medio di 19.9±3.2 kg/m2. Di 14 (7 femmine e 7 maschi di età media 34±8 anni) 10 erano colonizzati con Pseudomonas aeruginosa (PA), 1 con Staphylococcus aureus (SA), 2 avevano colonizzazione mista da PA e SA, 1 colonizzazione mista da PA, SA e Aspergillus fumigatus. 6 su 14 (42,8%) erano affetti da diabete FC. 4 pazienti hanno sospeso il trattamento: 1 dopo 8 settimane per sottoporsi a trapianto polmonare; 1 dopo 10 settimane per mancanza di effetti; 1 dopo 4 mesi di assunzione irregolare per eccessiva produzione di muco. Dopo l’avvio del trattamento i pazienti sono stati controllati per un tempo medio di 235 giorni (range: 42-395).
I due parametri che hanno fatto registrare un aumento significativo sono stati il FEV1 (% del predetto) che è aumentato mediamente di 5.2±5.6 in 5 su 14 (35.7%) pazienti e il peso che è aumentato mediamente di 2.1±2.4 kg in 7 su 14 (50%). Assai interessante la significativa riduzione del volume residuo (RV: aria intrappolata che rimane nel polmone dopo espirazione forzata) in rapporto alla capacità polmonare totale (TLC: tutta l’aria che può essere contenuta nel polmone) ad indicare l’effetto di liberazione delle vie aeree periferiche ottenuto con il trattamento. 3 pazienti hanno fatto registrare un aumento significativo delle secrezioni bronchiali (1 di essi ha dovuto sospendere il trattamento); negli altri 2 casi poi le secrezioni respiratorie si sono ridotte nel tempo. Altri effetti avversi di lieve entità e che si sono risolti spontaneamente hanno riguardato la comparsa di cefalea, dolori addominali, aumento intermittente di bilirubina e degli enzimi epatici. La maggior parte di questi effetti si sono verificati subito dopo l’avvio del trattamento. Nessun paziente ha avuto necessità di cicli antibiotici ulteriori, oltre a quelli già programmati. Le impressioni dei pazienti sono state di migliorato benessere (8), riduzione delle secrezioni (5), miglioramento della respirazione nasale (1) e riduzione della supplementazione di enzimi pancreatici (2).
Conclusioni
Con i limiti dovuti ad una numerosità alquanto bassa di pazienti e ad un metodo di studio, basato su dati retrospettivi, che non ha preso in esame un gruppo di controllo attraverso uno studio randomizzato, questi risultati ci dicono in via del tutto preliminare che anche pazienti FC, con almeno una mutazione G551D, con broncopneumopatia in stadio avanzato possono beneficiare del trattamento con Ivacaftor. Il guadagno in termini di funzionalità respiratoria e di peso risulta variabile da soggetto a soggetto e inferiore a quello fatto registrare in pazienti con pneumopatia di grado medio o buono (FEV1 tra 40 e 90%). Tuttavia, bisogna considerare che una pneumopatia CF in fase molto avanzata comporta un sovvertimento strutturale dei polmoni, sul quale ivacaftor può avere un limitato impatto. C’è da attendersi in questi casi – e sarebbe molto importante – che la pneumopatia non peggiori nel tempo (nei casi dello studio peraltro ha registrato un miglioramento significativo). Un effetto collaterale sfavorevole del trattamento in alcuni pazienti può essere una massiccia fluidificazione delle secrezioni bronchiali che può comportare qualche prblema, se non tempestivamente gestita con fisioterapia e aerosolterapia.
Questa è una prima segnalazione degli effetti di Ivacaftor in pazienti con pneumopatia FC severa e con almeno una mutazione G551D; i risultati ottenuti vanno verificati con uno studio prospettico su una casistica molto più numerosa e con l’inserimento nello studio di un gruppo di controllo (studio clinico randomizzato e controllato).