Oggi si parla molto di tutela della privacy e di confidenzialità delle informazioni di tipo medico. Se ne parla sotto il profilo etico e giuridico. Ma sono pochi gli studi che hanno raccolto le esperienze e le opinioni dei malati che vivono direttamente questo problema in vari contesti: nell’ambito del lavoro, nella famiglia, in campo assicurativo.
Inoltre non sappiamo se ci siano delle differenze tra come vivono il problema i malati in età adulta e i genitori di malati ancora bambini. Per questo sono interessanti i risultati di questa ricerca condotta a Baltimora, USA(1).
Sono stati intervistati un totale di 296 persone: adulti con fibrosi cistica o anemia falciforme o diabete (non secondario a FC) e genitori di bambini con queste malattie. Oggetto delle domande: le esperienze, i desideri, le opinioni circa la diffusione di informazioni sulla malattia che li riguardava. I risultati delle interviste indicano che il comportamento dei genitori è molto diverso da quello degli adulti malati: i genitori parlano della malattia più dei malati adulti, non si sentono “costretti” a farlo, quando lo hanno fatto dicono di non essersene in seguito pentiti, nell’ambiente di lavoro nessuno chiede loro niente.
Gli adulti con la malattia invece sono molto più preoccupati circa il fatto di parlarne agli altri: prevale tra loro il timore che questo comporti la possibilità di essere discriminati, si sentono nello stesso tempo molto “costretti” dai loro familiari a farlo.
Una prima considerazione: come si può comporre il comportamento dei genitori con quello degli adulti? I bambini di oggi contesteranno un domani ai genitori di aver parlato un po’ troppo? O le cose sono destinate a cambiare in modo tale che gli adulti di domani abbiano meno timori?
Seconda considerazione: il comportamento degli adulti malati di questa ricerca, adulti che preferirebbero “non dire”, è in contrasto con l’ipotesi che nei paesi in cui la FC è più conosciuta e in cui adulti FC spesso compaiono con un ruolo di notevole esposizione ( nei siti web, in eventi pubblici, nelle iniziative sociali per raccolta fondi), parlare della propria malattia FC sia più facile che in Italia. In Italia il problema esiste ed è rilevante: ne è esempio il fatto che la Fondazione FFC ha trovato due testimonial di sesso femminile per la sua campagna di divulgazione, ma non ha trovato nessun adulto maschio disposto alla diffusione di sue immagini e notizie.
I risultati di questa ricerca indicano che il problema è complesso ed esiste a tutte le latitudini.
1) Johnson S, Kass NE, Natowicz M “Disclosure of personal medical information: differences among parents and affected adults for genetic and non genetic conditions”. Genet Test 2005; 9 (3):269-80