Intendiamo contribuire al dibattito in corso in questi giorni sulla stampa e sul web circa la sperimentazione sui modelli animali pubblicando una domanda, con relativa risposta, comparsa il 6 novembre scorso su questo sito.
06/11/2013
Salve, ho letto che la famosa petizione Stop Vivisection è riuscita a superare il milione di firme raccolte. Ora, da quello che ho capito, si chiederà alla Commissione europea di abrogare la direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e si presenterà una nuova proposta che abolisca l’uso della sperimentazione su animali. Vorrei conoscere la Vostra posizione a riguardo e cosa cambierebbe se la Commissione europea accogliesse queste richieste legiferando in merito. Ovviamente sono più interessato alle conseguenze che potrebbero interessare la ricerca sulla fibrosi cistica. Grazie.
Mirko
Ci sono ricerche, particolarmente quelle che debbono portare una molecola a diventare farmaco utile e sicuro per l’uomo, che debbono necessariamente passare attraverso la sperimentazione su organismi viventi non umani prima di essere testati sull’uomo, per vedere come il farmaco si muove e interagisce con l’organismo, per valutarne l’eventuale tossicità e per stabilirne un primo livello di dosaggio adeguato e sicuro. Senza l’indispensabile supporto dei modelli animali la medicina avrebbe fatto ben pochi passi: non avremmo oggi a disposizione strategie di cura che hanno risolto o avviato a soluzione moltissimi problemi di salute per l’uomo ed avrebbe fatto correre non pochi rischi ai malati che avessero assunto farmaci derivati direttamente dalla ricerca di base o da approcci puramente empirici. Nella fibrosi cistica non si conoscerebbero aspetti fondamentali dei meccanismi con cui il gene mutato provoca i danni che conosciamo senza l’ausilio di animali malati di fibrosi cistica. E nessun nuovo farmaco potrebbe approdare al malato di fibrosi cistica senza preliminari prove sul modello animale. E’ questo che vogliono i cosiddetti “animalisti” del milione di firme?
Poi va detto che il concetto di “vivisezione” si riferisce a modalità molto antiche di usare gli animali per ricerca: oggi l’animale che ci aiuta nei laboratori è rispettato e protetto in misura molto rigorosa. A questo proposito riportiamo di seguito parte dell’intervista (con alcune annotazioni editoriali, indicate con “ndr”) fatta recentemente alla dr.ssa Alessandra Bragonzi, responsabile del servizio modelli animali per FC (CFaCore) della Fondazione Ricerca FC, presso il Centro San Raffaele di Milano (pubblicata sul Notiziario FFC n.37, a pag. 8 e 9).
Chi ha accesso allo stabulario (la casa degli animali) e che tipo di formazione ha ricevuto?
«Al Centro San Raffaele di Milano quanti operano sugli animali devono essere laureati in una disciplina scientifica, avere fatto un corso specifico per la sperimentazione animale, superato un test e un colloquio con il veterinario, seguito un corso pratico individuale. Vengono inoltre sottoposti a una serie di esami clinici e a monitoraggio sanitario costante a tutela degli animali e di sé stessi».
Da dove provengono gli animali?
«Sono forniti da allevamenti autorizzati (e ben controllati secondo le disposizioni di legge, ndr)».
Come vengono tutelati?
«I topi (i modelli animali di cui l’intervistata ha più diretta esperienza, ndr) sono mantenuti in condizioni igienico-sanitarie controllate: con ricambio d’aria, temperatura costante, acqua e cibo solido sempre a disposizione. Ci prendiamo cura di loro molto seriamente perché è un dovere morale (cui i ricercatori sono stati educati, ndr) e perché è importante per la buona riuscita e la riproducibilità degli esperimenti che gli animali siano nelle migliori condizioni. La sperimentazione animale è regolata dal D. Lgs.vo 116/92 attuativo della direttiva CEE 86/609».
Che cosa prevede la direttiva CEE?
«Un progetto (che implichi l’uso di modelli animali, ndr), per trovare applicazione, deve passare al vaglio di un comitato etico e incontrare l’approvazione del Ministero, che presuppone siano ridotti al minimo il numero degli animali utilizzati ed eliminate le procedure che potrebbero causare sofferenza all’animale. Inoltre, la regola della sperimentazione rispettosa delle creature vuole che, dove possibile, si rimpiazzino sempre gli animali superiori (vertebrati) con quelli inferiori (microrganismi, piante, insetti, invertebrati); si massimizzino le informazioni ottenibili dal singolo animale; si raffinino le tecniche di sperimentazione per diminuire la sofferenza e si ricorra ad antidolorifici e anestetici quando necessario».
Non esistono metodi alternativi?
«Per quanto e fino a quando possibile, si cerca sempre di fare ricerca in laboratorio senza l’uso di animali, anche perché questi hanno elevati costi di gestione. Si fanno studi in vitro con colture cellulari; si utilizzano tessuti umani; si sfruttano modelli informatici (peraltro sviluppati sempre grazie alle conoscenze ottenute da studi su animali), che simulano quello che avviene nel corpo umano. In molti casi, però, non ci sono alternative all’uso degli animali».
Perché no?
«Solo un organismo vivente con organi e tessuti che interagiscono tra loro può dare risultati attendibili, che garantiscano l’assenza di un’eventuale tossicità sistemica anche con un’esposizione prolungata al farmaco (e che consentano di valutarne le caratteristiche farmacodinamiche e metaboliche, ndr). C’è poi da dire che prima di testare un farmaco sull’uomo, le autorità regolatorie richiedono sia testato su modelli animali. Molti progetti di ricerca falliscono quando i ricercatori tentano di trasferire direttamente le scoperte della ricerca di base in applicazioni terapeutiche. In tal modo, il 60-70% dei farmaci testati su animali non viene immesso sul mercato, evitando pertanto gravi effetti collaterali nei pazienti».
C’è chi sostiene che gli uomini assorbano e metabolizzino le sostanze in modo diverso dagli animali.
«Gli argomenti riportati restano delle eccezioni nel numero infinito di progetti su modello animale che si rivelano invece essere utili da questo punto di vista (e comunque la gran parte dei processi metabolici che interessano l’organismo umano si sovrappongono in varia misura a quelli valutabili negli animali, ndr). Ad oggi ancora non si è trovata soluzione intermedia per evitare il passaggio diretto e sicuro dalla ricerca di laboratorio a quella che sperimenta sull’uomo. Diversamente, significherebbe iniziare procedure non autorizzate e potenzialmente pericolose sui pazienti».