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25 Agosto 2014

Cani, gatti e fibrosi cistica

Dott. Natalia Cirilli, Centro Regionale Fibrosi Cistica delle Marche, Ancona

Qual è il problema
Per diversi fattori ambientali (fumo passivo, pollini, allergie ambientali, ecc) sappiamo quale sia l’impatto sulla salute del polmone di soggetti affetti da fibrosi cistica (FC); poco si sa invece sull’impatto di animali domestici, come cane e gatto.

Che cosa si sa
Studi in soggetti affetti da fibrosi cistica (FC) appartenenti allo stesso nucleo familiare suggeriscono che i fattori ambientali contribuiscono per il 50% alla variabilità della funzione respiratoria. Considerando la presenza di animali domestici un fattore ambientale non trascurabile, alcune segnalazioni in letteratura indicano che cani e gatti possono ospitare gli stessi batteri dei pazienti (fra cui Pseudomonas aeruginosa [PA], Staphylococcus aureus meticillino-resistente [MRSA], anche se non è chiara la possibilità di trasmissione crociata e se sia il paziente o l’animale la fonte della diffusione.

Che cosa aggiunge questo studio

Dai dati di questo studio sembra emergere che i pazienti FC con gatti in casa (ma non quelli che hanno cani) hanno una maggiore frequenza di polipi nasali e wheezing (respiro sibilante tipico dei soggetti affetti da asma), e quelli con cani e gatti insieme una maggiore frequenza di wheezing. Nessuna differenza invece tra chi ha cani e gatti e chi non ce li ha per quanto riguarda l’età di acquisizione e la prevalenza di batteri patogeni importanti come PA e MRSA. Tuttavia lo studio ha notevoli limiti metodologici e solo studi prospettici ben disegnati possono meglio chiarire se ospitare in casa cani e gatti costituisca un rischio o un beneficio per il benessere psico-fisico del paziente FC.

PREMESSE

In altre patologie polmonari di tipo ostruttivo come l’asma è stata dimostrata l’associazione tra esposizione ad allergeni ambientali e peggioramento della malattia. Gli animali domestici possono infatti indurre allergie con implicazioni respiratorie. A questo riguardo in FC ci sono pochi dati, come pure riguardo alla possibilità che siano fonte di trasmissione di germi caratteristici.

METODO

I soggetti inclusi in questo studio (1) sono stati reclutati tra i partecipanti allo studio sui gemelli-fratelli FC negli USA tra il 2000 ed il 2013; si tratta di 703 pazienti, con dati clinici raccolti nel Registro Nord Americano, che hanno risposto ad un questionario che indagava la presenza di cani e gatti in casa (nel periodo intercorrente fra la diagnosi di FC e la data di compilazione del questionario). I dati di funzionalità respiratoria riportati nello studio sono quelli dell’anno precedente il questionario; gli altri dati clinici sono quelli emersi nell’arco dell’intero periodo di osservazione.

RISULTATI

Lo studio riguarda 703 pazienti FC (maschi 52,2%) che avevano età media 11,8 anni; razza caucasica 94,9%; età media alla diagnosi 2,1 anni; F508del omozigoti 43,9%; pancreas insufficienti 85,8%. La loro FEV1 media (% predetto) nell’anno precedente il questionario era 83,9%. Su 703 totali possedevano un cane il 26%, un gatto il 7%, un cane e un gatto il 21%. Non sono state trovate differenze significative per FEV1, wheezing, allergie ambientali (es. allergia alle polveri di casa), poliposi nasale, malattia dei seni paranasali e ABPA (aspergillosi broncopolmonare allergica) tra chi possedeva un cane e chi no. Chi possedeva un gatto invece aveva un aumentato rischio di wheezing (70,7% vs 56,5%) e di polipi nasali (38,6% vs 26,3%) rispetto a chi non lo possedeva; però gli altri dati clinici, compreso il valore medio di FEV1, erano simili. Il rischio di wheezing era particolarmente elevato fra coloro che possedevano un cane e un gatto insieme (rischio doppio rispetto ai non possessori). Per quanto riguarda il rischio di acquisizione di germi come PA e MRSA, sia i possessori di gatti che di cani non mostravano una maggiore prevalenza di questi batteri, né una differenza significativa nell’età di acquisizione di questi batteri rispetto ai pazienti non possessori.

CONCLUSIONI E COMMENTI

In totale, il 47,2% dei pazienti inclusi in questo studio possedeva un cane: questa percentuale è più elevata di quella registrata nella popolazione generale americana (36,5%). Il 28,1% dei pazienti inclusi in questo studio possedeva un gatto come tutta la popolazione generale americana. Dopo accurata analisi statistica è emerso che i possessori di cani non hanno un rischio aumentato di malattie respiratorie, un’aumentata prevalenza o una più precoce acquisizione dei batteri respiratori (PA e MRSA) rispetto alle altre categorie di pazienti FC. I possessori di gatti invece hanno una probabilità maggiore di 1,66 volte di presentare polipi nasali e 1,8 volte maggiore di presentare wheezing; quelli con cane e gatto insieme hanno probabilità 2,01 volte maggiore di presentare wheezing rispetto a chi non li ha. In questo studio però non sono stati analizzati i dati clinici in senso longitudinale (si tratta di una fotografia ” trasversale”, presa cioè al momento del questionario); inoltre non si è potuta verificare l’allergia specifica a cane o gatto: infatti non vengono riportate indagini o test in campo allergologico, quindi non sappiamo in realtà quanto strettamente questo aumentato rischio di wheezing o di polipi nasali dipenda dall’animale in questione. Non è conosciuto neanche l’inizio e la durata dell’esposizione all’animale, fattore che potrebbe condizionare una diversa risposta clinica. Infine, per quanto riguarda i batteri tipici di FC, lo studio non aggiunge informazioni circa la direzionalità della trasmissione, dice solo che i possessori di cani e gatti acquisiscono PA e MRSA con la stessa frequenza e alla stessa età di chi non ha cani e gatti. Inoltre, si è tenuto conto solo dei batteri PA e MRSA e non di altri batteri comunque con un ruolo patogenetico chiaro nell’evoluzione della pneumopatia FC, che potrebbero allo stesso modo trasmettersi tra uomo e animale domestico. Diversi studi hanno già evidenziato quanto la pet therapy (terapia con gli animali), soprattutto nell’ambito delle patologie croniche sia un beneficio in senso psicologico e sociale per il paziente. Per confermare i dati di questo studio, che peraltro non sembra evidenziare particolari pericolosità nell’avere un animale in casa, sarebbe necessario procedere con uno studio prospettico, e non retrospettivo, che corregga le limitazioni segnalate in questo studio. Dati raccolti in modo longitudinale potrebbero chiarire inoltre quali reali rischi o benefici possano derivare dal tenere un cane o un gatto in casa per il benessere globale del bambino o dell’adulto affetto da FC.

1. Morrow CB, Raraigh KS, Green DM, Blackman SM, Cutting GR, Collaco JM. Cat and Dog Exposure and Respiratory Morbidities in Cystic Fibrosis. J Pediatr. 2014 Jul 12. pii: S0022-3476(14)00496-X. doi:10.1016/j.jpeds.2014.05.046. [Epub ahead of print]