Questo lavoro (1) ha il pregio di portare in evidenza una realtà poco conosciuta, e cioè il fatto che nella parte est del Veneto da anni di fatto la sanità pubblica offre alla popolazione (soprattutto coppie che programmano una gravidanza) il test per il portatore FC. Di questa esperienza sono appena stati resi noti i risultati nel lavoro di Picci et all (2). A nostra conoscenza, il Veneto è l’unica regione (almeno una parte della regione) in cui si adotta questa politica sanitaria, dal momento che in tutte le altre regioni italiane, nelle strutture pubbliche, il test è disponibile in genere solo per i familiari dei malati. Oltre al Veneto, anche la Sardegna offre il test per il portatore alla popolazione generale, ma lo sta facendo nell’ambito di un progetto-pilota, con obiettivi di ricerca, della durata di due anni, finanziato da FFC (3). Lo studio di Castellani e coll (1) che abbiamo analizzato è condotto sul territorio che comprende il Veneto e il Trentino-Alto Adige, poiché nel complesso di tale territorio viene svolto sin dal 1973 un programma di screening neonatale di massa della malattia, coordinato dall’Azienda Ospedaliera di Verona. Il test del portatore viene offerto alla popolazione generale solo nell’area est di questo territorio (l’articolo non ci dice purtroppo come venga definita geograficamente tale area), mentre nella parte ovest (Trentino-Alto Adige e presumibilmente provincia di Verona, ma il lavoro non ce lo dice con certezza) il test è stato riservato ai familiari dei malati. Nell’arco di quindici anni (1993-2007) nell’area est sono stati eseguiti 87.025 test per il portatore, che hanno portato all’identificazione di 82 coppie di portatori. 2599 test sono stati invece eseguiti nell’area ovest, dove sono state identificate 9 coppie di portatori. L’elemento originale della ricerca è la valutazione dell’andamento delle nascite di bambini FC nel corso degli anni in entrambe le aree e l’analisi della possibile associazione fra questo andamento e la diffusione del test del portatore. Questo è stato possibile perché nell’intero territorio considerato lo screening neonatale della malattia , che ha interessato la quasi totalità della popolazione neonatale, ha permesso di conoscere con discreta esattezza l’incidenza della malattia.
La ricerca dimostra che il numero di nati affetti da FC risulta in diminuzione anno dopo anno; la diminuzione è netta nell’area est (incidenza più che dimezzata dal 1993 ad oggi), quasi trascurabile nell’area ovest; e nell’area est sembra essere abbastanza stretta la relazione (indagata con test statistici) fra la diminuzione dei nati malati e l’aumento progressivo nel corso degli anni dell’identificazione di coppie di portatori (che vengono informate del rischio di avere un figlio malato di FC). Non è la prima ricerca che richiama l’attenzione sulla tendenza alla diminuzione dell’incidenza della malattia, perchè sembra si stia verificando in qualche misura anche in altri paesi (es: Canada) (4). Però, l’ipotesi dell’associazione di riduzione dell’incidenza con la diffusione del test per il portatore era stata finora solo teorizzata, mentre questo nuovo studio intende fornirne le prove.
Purtroppo queste prove hanno debolezze non piccole e suggeriscono la necessità di un approfondimento futuro prima di assumerle come evidenze. Sarebbe stato interessante, infatti, conoscere che cosa hanno deciso “realmente” di fare, rispetto al problema dei figli, le 82 coppie di portatori diagnosticate nell’area est, quella in cui la diminuzione dell’incidenza è vistosa; invece non ci sono dati, si ragiona solo sull’ipotesi che se ciascuna di loro avesse avuto un figlio malato, l’incidenza della malattia sarebbe stata più elevata (1 nato malato su 3393 nati sani, molto simile a quella osservata nell’area ovest). Sarebbe stato interessante conoscere quale sia la percentuale di popolazione che ha fatto il test nell’area est rispetto a tutta la popolazione in età fertile di quegli anni nella stessa area: una sicura elevata percentuale avrebbe fornito maggiore convinzione sull’influenza del test sul “potenziale riproduttivo” delle coppie. Inoltre, avrebbe meritato una chiara definizione la suddivisione in area Est e area Ovest (con le relative attribuzioni dei principali laboratori erogatori di test genetici FC), che resta piuttosto vaga: non è chiaro se l’attribuzione geografica sia basata sulla residenza dei soggetti testati o su quella dei laboratori che fanno il test. Importante sarebbe stata anche una maggiore caratterizzazione delle due regioni, perchè per sostenere l’ipotesi che le due differenti strategie di screening, quella rivolta alla popolazione generale e quella rivolta solo ai familiari FC, possano determinare effetti diversi, dovremmo essere molti sicuri che le due aree si somiglino veramente (come sostengono gli autori) per ciò che concerne gli aspetti culturali, socio economici, epidemiologici. Fra questi, in particolare, l’uguale presenza di popolazione extracomunitaria (e in particolare di quella appartenente a popolazioni con bassa prevalenza di gene CFTR mutato) e quindi l’uguale effetto di mescolamento genetico, ritenuto fattore importante anch’esso ai fini della diminuzione dell’incidenza della malattia FC, come sottolineato dagli stessi autori in una loro precedente ricerca (5).
1) Castellani C et all “Association between carrier screening and incidence of cystic fibrosis” JAMA 2009; 302(23):2573-2579
2) Picci L et all “A 10-yera large scale cystic fibrosis carrier screening in the Italian population” Journal of Cystic Fibrosis 2010; 9(1):29-35
3) Rosatelli C et all “Feasibility of a screening program for the preconceptional identification of Cystic Fibrosis carriers in Sardinian population” Progetto FFC 5/2008
4) Dupuis A et all “Cystic fibrosis birth rates in Canada: a decreasing trend since the onset of genetic testing” J Pediatr 2005; 147(3):312-5
5) Scotet V et all “Time trends in birth incidence of cystic fibrosis in two European areas: data from newborn screening programs” J Pediatr 2008; 152 (1):25-32