Halting the spread of epidemic pseudomonas aeruginosa in an adult cystic fibrosis centre: a prospective cohort study.
Ashish A, Shaw M, Winstanley C, Humphreys L, Walshaw MJ.
J R Soc Med Sh Rep 2013;4:1
Cosa si conosce su questo argomento
Si è pensato inizialmente che ogni soggetto con FC potesse essere infettato da un ceppo di Pseudomonas unico e personale, senza rischio di contagio per gli altri malati. In realtà si sono verificate epidemie infettive dovute alla trasmissione da paziente a paziente di uno stesso ceppo del batterio (es: Pseudomonas Liverpool Epidemic Strain).
Cosa aggiunge questo studio
Ribadisce l’importanza dell’uso di tecniche di genotipizzazione (identificazione attraverso genetica molecolare) per l’identificazione di ceppi di Pseudomonas ad alto rischio di diffusione. Inoltre dimostra l’utilità delle misure di separazione dei pazienti con infezione da Pseudomonas diffusivo, misure che hanno portato presso il centro adulti FC di Liverpool ad una consistente diminuzione del numero di pazienti infetti dal batterio
PREMESSE
Nonostante il successo di terapie antibiotiche sempre più aggressive l’infezione respiratoria cronica da Pseudomonas costituisce la manifestazione più pericolosa della pneumopatia FC. Si è pensato inizialmente che ogni individuo con FC potesse essere infettato da un personale e unico ceppo di Pseudomonas e che questo non avesse la possibilità di trasmettersi ad altri individui. Ma nel 1996 presso il centro pediatrico FC di Liverpool si dimostrò, analizzando il genotipo del batterio, che i bambini erano infettati da un comune ceppo di Pseudomonas che si era diffuso da paziente a paziente. Il ceppo fu chiamato Liverpool Epidemic Strain (LES) e fu riscontrato in vari centri FC inglesi, nel Canada e in altre nazioni. Oltre a Pseudomonas LES da allora sono stati identificati altri ceppi particolarmente diffusivi e pericolosi, ad esempio Burkholderia cepacia complex (BCC).
METODO
Presso il centro per adulti con FC di Liverpool (a cui sono trasferiti dopo l’adolescenza i pazienti del centro pediatrico) nel 2000 la percentuale di coloro che erano infettati da Pseudomonas risultava del 79%. Per prevenire la diffusione del LES da paziente a paziente, dal 2003 furono messe in atto misure di separazione fra i soggetti con LES e gli altri (visite di controllo in spazi separati, stanze di degenza separate, appuntamenti in giorni diversi). Inoltre furono adottate tecniche di genetica molecolare,sempre più sensibili nel corso del tempo, per indagare il genotipo di Pseudomonas e caratterizzarne così il ceppo di appartenenza; esse venivano eseguite ogni 3 mesi nei soggetti che non avevano Pseudomonas LES (per scoprirlo tempestivamente ) e una volta all’anno in quelli che erano già infetti. Questa stretta sorveglianza si è protratta fino al 2009 e ha portato ai seguenti risultati.
RISULTATI
Dal 2003 al 2009 la popolazione di adulti FC presso il centro di Liverpool è cresciuta da 148 a 244 soggetti. Nonostante l’età dei soggetti sia in aumento, la proporzione dei soggetti con infezione cronica da Pseudomonas è diminuita anno per anno, passando progressivamente dall’84% del 2003 al 74% del 2009. Fra tutti quelli con Pseudomonas, il 71% era infetto da Pseudomonas del tipo LES nel 2003, mentre lo è il 53% nel 2009. La costante diminuzione sia di Pseudomonas che di Pseudomonas LES rispecchia il fatto che il centro adulti ha ricevuto dal centro pediatrico un numero sempre minore di pazienti adolescenti infetti da Pseudomonas e ancora meno di pazienti infetti da Pseudomonas LES. Inoltre tra i pazienti adulti, in 7 anni solo 2 pazienti con Pseudomonas hanno acquisito il ceppo LES e in entrambi i casi la ragione è stata verosimilmente il contatto sociale al di fuori dell’ambiente ospedaliero. 6 pazienti hanno presentato infezione acuta da Pseudomonas, che è stato “eradicato” attraverso protocollo antibiotico. In un altro caso invece Pseudomonas è persistito nonostante il tentativo di eradicazione.
CONCLUSIONI
I ceppi trasmissibili di Pseudomonas, come LES, ma anche la pericolosa Burkholderia cepacia complex (BCC) sono più resistenti agli antibiotici e sono associati ad un andamento più severo della malattia. E’ fondamentale quindi identificare i ceppi rischiosi con tecniche di genetica molecolare (secondo gli autori non è sufficiente l’antibiogramma) e poi agire in modo da impedire che i pazienti FC ne siano infettati. Dal momento che questi ceppi non sopravvivono a lungo nell’ambiente e che non sono stati dimostrate eventuali serbatoi all’interno degli ospedali, la fonte più probabile di trasmissione è il contatto fra pazienti; per questo la separazione dei pazienti diventa la più importante ed efficace misura di prevenzione. Secondo gli autori non è chiaro tuttavia quale sia il grado di contatto necessario per favorire la trasmissione, anche se sappiamo che i ceppi trasmissibili (trasportati da gocce di saliva infette) persistono nell’ambiente e sulle superfici per parecchie ore. Probabilmente è importante la “densità” del contatto (=durata nel tempo della vicinanza fisica); improbabilmente può essere sufficiente il contatto che si può avere con la condivisione degli spazi dedicati ad una vista di controllo, mentre può essere rischiosa la prolungata e stretta condivisione degli spazi comuni nel corso di un ricovero, di qui l’utilità dimostrata delle misure di separazione.