Perché una terapia sia accettata, bisogna che sia SEMPLICE
Il problema di seguire fedelmente i consigli del medico e il programma di terapia suggerito, in una parola di aderire alle proposte di cura, è un problema ben conosciuto dai malati e dai medici, in particolare dai malati FC che hanno un programma di cure complesso. Ma in generale si sa che la non aderenza alla terapia provoca dal 10 al 25 % degli interventi sanitari, in ospedale o a domicilio. E aderenza alla terapia non vuol dire semplicemente assumere i farmaci, ma anche rispettare gli appuntamenti, seguire la dieta raccomandata o un certo stile di vita. Una ricerca inglese degli anni 90 aveva indicato che l’aderenza dei malati FC alla fisioterapia, all’assunzione degli estratti pancreatici e al consiglio di praticare attività fisica era rispettivamente del 53%, 83% e 46%.
Gli autori di uno studio recente hanno passato in rassegna tutte le pubblicazioni scientifiche relative all’aderenza alla terapia realizzate nel periodo 1990-2002 e hanno raggruppato gli studi in 6 categorie, a seconda del tipo di intervento usato per aumentare l’aderenza alla terapia. Le categorie si possono ricordare con la parola SIMPLE, cioè SEMPLICE.
In questo vi è un doppio messaggio, perché tutti i suggerimenti tendono a semplificare ciò che è complesso. Riportiamo gli spunti esenziali del lavoro, che chiama spesso in causa i medici, ma offre elementi utili anche a chi ha una malattia e deve seguire un programma di cure.
S come SEMPLIFICARE le caratteristiche della terapia: se per esempio un determinato farmaco deve essere preso in una certa dose più volte al giorno, per ottenere lo stesso dosaggio è meglio che il medico prescriva una sola pillola con dosaggio maggiore, invece che due a basso dosaggio. E’ utile anche adattare la somministrazione dei farmaci alle attività e agli orari della vita del malato: ad esempio, per molti assumere un farmaco prima di andare a letto è più semplice che assumerlo ad ora di cena. Serve l’uso di un linguaggio semplice per spiegare come il farmaco va preso: solo il 36% dei malati capisce correttamente che cosa voglia dire prendere una pillola “ogni 6 ore”, mentre tutti capiscono se è indicata l’ora in cui più volte al giorno deve essere presa. E’ bene consigliare l’uso di dispositivi che aiutino a ricordare e facilitano la vita, come ad esempio i contenitori per farmaci, suddivisi per ora e per giorno.
I come INFORMARE adeguatamente: non solo sul tipo di farmaci e come assumerli, ma sul perché vanno assunti, quale è il fine della terapia. Gli studi dimostrano che i malati che hanno capito qual è l’obbiettivo della prescrizione vi aderiscono in numero doppio rispetto a quelli che non hanno capito. Limitare però le informazioni ai punti essenziali (no alla mini-conferenza tenuta con linguaggio medico), usando un linguaggio corrente e non tecnico; supportare la prescrizione a voce con materiale scritto (ricetta, depliant illustrativo, schema) e comunque rinforzare e verificare quanto il malato ha capito, tenendo presente le difficoltà di molti anche di fronte alla carta stampata (per ragioni di cultura, lingua ecc.ecc.).
M come MODIFICARE le opinioni: questo vale in particolare per gli interventi che sono complessi e richiedono un cambiamento dello stile di vita. E’ importante chiedere al malato quanto si senta in grado di seguire il consiglio dato e quali sono secondo lui gli ostacoli e le difficoltà. Solo discutendo di questi aspetti si può tentare di modificare la sua opinione rispetto alla sua personale capacità o incapacità di fare quanto suggerito.
P come PERMETTERE che il malato parli, anzi più che parlare bisognerebbe che malato e medico comunicassero: le ricerche indicano che almeno il 50% dei malati lascia l’ambulatorio del medico non avendo chiaro quello che gli è stato detto, che almeno il 50% degli aspetti psico-sociali della malattia non viene nemmeno sfiorato nel colloquio, e che il medico interrompe il malato in media ogni 18 secondi quando egli descrive i suoi problemi.
L come LASCIARE i preconcetti: molte ricerche hanno tentato di mettere in relazione l’aderenza alla terapia con il sesso, la razza, il livello di scolarità, l’intelligenza, il tipo di lavoro svolto, la situazione economica, il fatto di essere sposati o no, il retroterra etnico o culturale. Alcuni studi hanno trovato una modesta relazione fra il sesso e il livello di scolarizzazione: sembrerebbero essere le donne più colte quelle che seguono più fedelmente la terapia. Ma il dato è stato poi smentito da successive inchieste e il messaggio di questa ricerca è di non lasciarsi fuorviare dai preconcetti e considerare l’aderenza alla terapia di ogni malato non influenzata dai fattori sopra citati. In pratica non c’è il malato ricco, povero, bianco, nero, sposato o single ma una aderenza alla terapia presumibilmente diversa in ciascuno di loro: c’è “il malato” che deve aderire alla terapia suggerita dal medico e il medico ha il compito di aiutarlo in questo.
E come ESAMINARE l’aderenza, adottando semplici metodi per valutarla. In generale, i medici sottostimano il problema dell’aderenza alla terapia e, non essendo in grado di riconoscere il paziente poco “aderente”, diventa impossibile modificare i suoi errori.
Una modalità utile può essere che il malato compili personalmente delle registrazioni quotidiane di ciò che ha fatto e dei farmaci che ha assunto e questo venga poi esaminato insieme al medico. Esiste la possibilità in molti casi di misurare il livello del farmaco assunto nel sangue e nelle urine . E soprattutto è utile un programma di visite programmate con regolarità, esse rappresentano per il malato l’appuntamento per confrontare ogni volta quanto viene suggerito con quanto ha realmente fatto .
Ashish Atreja, Naresh Bellam, Susan R.Levy. “Strategies to enhance patient adherence: making it simple”. Medscape General Medicine 2005;7:1.