Lo screening neonatale per FC si sta estendendo a un numero sempre maggiore di nazioni in Europa e al di fuori dell’Europa. Accanto ai vantaggi porta con sé nuovi problemi: uno di questi è quello dell’identificazione di neonati in cui la diagnosi di fibrosi cistica è incerta (“equivoca” ). A una diagnosi equivoca corrispondono spesso da parte dei sanitari comportamenti disomogenei e contradditori. Questo perché non ci sono esperienze cui rifarsi e le decisioni possono essere frutto di opinioni personali, oscillanti fra estremi anche molto vari: lasciar correre (sopratutto “non nuocere!”) o approfondire al massimo le indagini? E se si decide di approfondire e si deve ricorrere a test anche sofisticati e di incerta interpretazione, quale peso dare ai risultati che forniscono? Quale atteggiamento tenere nei confronti delle terapie? Essere “interventisti” o “attendisti”?
Per raggiungere un accordo su questi temi, un gruppo di esperti della Società Europea Fibrosi Cistica ha pensato di procedere in questo modo (1): ha riassunto gli aspetti più importanti della strategia in 21 punti fondamentali. E su questi punti ha chiesto ai medici FC (appartenenti a undici nazioni europee e specialisti in particolare nel campo dello screening neonatale) di esprimere accordo o disaccordo. E’ stato raggiunto accordo (dell’80% degli interpellati) su 12 dei 21 punti. Un successivo giro d’inchiesta ha fatto raggiungere l’accordo (del 60% degli interpellati) su altri 7 aspetti: quindi in totale si è raggiunto il consenso su 19 dei 21 punti stabiliti.
Riportiamo i concetti più importanti che emergono da questo “Consenso”: il test del sudore è sempre l’indagine più importante ai fini della diagnosi di FC. Particolare di rilievo: il test del sudore va eseguito presso un centro che ha esperienza (vale a dire ne esegue almeno 150 l’anno). Se il test del sudore dà risultati incerti bisogna approfondire al massimo l’analisi genetica e valutare il bambino anche in ambito clinico, cioè sottoporlo a esami base per conoscere il suo quadro respiratorio (RX torace ed esame dell’escreato) e intestinale (ricerca dell’enzima elastasi nelle feci). Però, anche il test genetico ha la sua importanza: perciò anche il bambino che ha test del sudore normale e un test genetico fortemente sospetto di fibrosi cistica (presenza di DUE mutazioni del gene CFTR ) è meglio che faccia un minimo di indagini cliniche.
Quando i due test, quello del sudore e quello genetico concordano per un quadro di normalità, il “caso” si chiude, anche se alla nascita la tripsina aveva segnalato il sospetto di fibrosi cistica: perciò, se il test del sudore è normale e vi è presenza di UNA sola mutazione, il bambino è definito portatore sano e non deve essere sottoposto a ulteriori indagini.
Ci sono bambini “speciali” in cui la diagnosi è particolarmente difficile, per esempio quelli in cui i valori del test del sudore rimangono ripetutamente incerti e l’analisi genetica è pure incerta perché indica la presenza di UNA sola mutazione: l’orientamento prevalente è per sottoporre il bambino a indagini cliniche minime (vedi sopra) ma anche ad altri test di “approfondimento” oggi disponibili.
Questi test hanno lo scopo di misurare il trasporto di sali attraverso la membrana della cellula e quindi dare indicazioni sul funzionamento (normale o alterato?) di CFTR. Gli esperti sono stati d’accordo nel dire che questi test (il più conosciuto è quello della misura dei potenziali nasali) in parte sono ancora oggetto di ricerca e quindi possono dare risposte difficili da interpretare. Possono essere quindi utili, ma la risposta che danno non ha l’importanza della risposta del sudore.
Sono poi state prese in esame altre possibilità di diagnosi equivoche, prodotte dalla grande varietà con cui i risultati dei vari test (sudore, genetica, funzione CFTR, clinica) possono combinarsi e per ogni possibilità è stato suggerito un comportamento pratico cui aderire.
E’ un documento importante e redatto con cura: nell’incertezza, può fornire la linea da applicare, in modo che i comportamenti siano univoci, si possano raccogliere insieme le esperienze e si possano analizzare. Insomma il modo più corretto che ha la medicina per affrontare quello che non conosce e su cui non può indicare evidenze certe.
1) Majell SJ, Munck A et all “A European consensus for the evaluation and management of infants with an equivocal diagnosis following newborn screening for cystic fibrosis” Journal of Cystic Fibrosis 2009; 8:71-78