La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo si è pronunciata sul ricorso presentato da una cittadina italiana, Adele Parrillo. Adele aveva un compagno, il regista Stefano Rolla, uno dei civili morti nella strage di Nassiriya nel 2003. Non riuscendo ad avere figli la coppia aveva deciso di effettuare la fecondazione assistita, da cui erano stati prodotti cinque embrioni, poi crioconservati. Dopo la morte del compagno, Parrillo ha chiesto di poterli donare alla ricerca, “per contribuire a trovare trattamenti per malattie difficili da curare”.
Ma la legge 40/2004, che regola ancora in Italia la complessa materia della procreazione medicalmente assistita, punisce con la reclusione in carcere dai 2 ai 6 anni chi pratica esperimenti su embrioni umani (art.13). La Corte Europea ha stabilito che l’Italia non viola la Convenzione europea sui diritti dell’uomo con questo norma e in pratica ha invitato Parrillo a rispettarla. Nello stesso tempo ha accettato il principio che la decisione sulla sorte degli embrioni riguarda la vita privata di una persona, aprendo quindi nuove possibilità di ricorsi in futuro.
L’utilizzo degli embrioni a scopo di ricerca suscita un acceso dibattito: dal punto di vista legislativo le nazioni europee hanno norme e comportamenti molto diversi, che riflettono la complessità del problema dal punto di vista etico e religioso. Dal punto di vista scientifico l’interesse per gli embrioni è dovuto in particolare alle cellule staminali che essi possono fornire: cellule che, non essendo ancora “differenziate”, hanno un’alta capacità di proliferazione e quindi in teoria possono dare origine, mediante coltivazione in vitro, a qualsiasi tessuto od organo. Negli ultimi anni sono stati fatti progressi nell’utilizzo di staminali dette pluripotenti, che derivano da tessuti dell’organismo umano adulto (es: da cellule della pelle o del sangue) e capaci lo stesso di trasformarsi in altri tipi di cellule, ma quelle embrionali sembrano avere il massimo di potenzialità evolutiva. Per questo sono importanti per le ricerca nel campo di malattie cosiddette degenerative (soprattutto neurodegerative come Parkinson e Alzheimer) in cui l’obiettivo è di poter sostituire i tessuti danneggiati con una popolazione di cellule sane. Anche nel campo della fibrosi cistica la ricerca sta esplorando l’utilizzo di cellule staminali: progetti di ricerca finanziati dalla Fondazione FFC hanno indagato su modelli animali la possibilità di ottenere da cellule polmonari mature e geneticamente normali cellule staminali capaci di insediarsi e riparare il tessuto polmonare compromesso dalla malattia.