Buongiorno, ho una figlia di 10 anni PA (ndr. Pseudomonas aeruginosa), e in questi giorni dovremo andare nel paese dove abita una sua amichetta affetta da FC come mia figlia e colonizzata da PA! Le bambine si sono conosciute durante i ricoveri , affacciandosi dalle stanze e si sono viste varie volte durante delle visite (con le protezioni)! Detto ciò volevo sapere qual è il reale rischio per un loro incontro , avendo lo.stesso ceppo! Potrebbero vedersi? Solo a distanza? Potrebbero abbracciarsi? Potrebbero vedersi all’aria aperta? Al chiuso? …. grazie mille in anticipo, un forte abbraccio.
Le linee guida elaborate dalla Cystic Fibrosis Foundation nel 2014 allo scopo di prevenire la trasmissione di batteri patogeni fra malati hanno implementato nei centri di cura FC la pratica del distanziamento, della mascherina, del lavaggio frequente delle mani, della disinfezione degli spazi e degli strumenti, delle visite programmate assieme ad altri malati portatori dello stesso batterio. La necessità di prevenzione si basa su evidenze scientifiche forti: numerose ricerche hanno dimostrato che l’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa si associa a evoluzione più severa della malattia e, per altri germi (es. Burkholderia cepacia), anche a rischio di peggioramenti improvvisi talvolta non controllabili e difficoltà, se in futuro fosse necessario, di entrare in lista per il trapianto di polmone. Le linee guida hanno avuto diffusione internazionale e sono state adottate, pur con livelli disomogenei di adesione, in tutti i centri di cura. Di recente gli esperti hanno voluto verificare la loro reale efficacia attraverso una revisione degli studi clinici svolti sull’argomento (qui e qui per un approfondimento). La conclusione è stata una sorta di bilancio fra costi e benefici: ci sono evidenze scientifiche a favore dell’applicazione delle principali misure (quelle con dimostrata efficacia, come la mascherina e il distanziamento), perché a esse è legata una diminuzione della trasmissione batterica fra malati. D’altro canto è stato rilevato che posizioni troppo rigide sono causa di ansia e conflittualità con i malati. Purtroppo i costi psicologici che queste misure comportano possono essere molto forti, perché riguardano il tempo del ricovero e delle visite presso il centro di cura, ma anche la vita quotidiana e le relazioni sociali in generale. A questo riguardo il suggerimento, espresso molto chiaramente, è di non stringere rapporti con altri malati (tranne nel caso di fratelli o genitori con fibrosi cistica). In questo sito è disponibile un documento importante (questo), tradotto dall’originale presente nel sito della Cystic Fibrosis Canada: invitiamo a leggerlo perché entra molto nello specifico della questione. Questa Fondazione ha sconsigliato ai malati la partecipazione a un recente iniziativa sociale (Seminario di primavera 2022), incoraggiandone piuttosto la presenza via web.
Riportiamo anche un estratto dal libretto informativo pubblicato nel 2007 con il supporto di SIFC (Società Italiana per lo studio della Fibrosi Cistica) e LIFC (Lega Italiana Fibrosi Cistica) dal titolo “Infezioni respiratorie e modalità di trasmissione in fibrosi cistica” (autori S. Ballarin, B. Grosso, F. Festini, G. Pizzamiglio. Ed.Sinergie).
“Tutte le linee guida sostengono l’opportunità di scoraggiare i contatti ravvicinati tra persone affette da FC. Da anni in tutto il mondo sono stati aboliti i campi estivi e le vacanze organizzate per persone con FC che avevano suscitato tanto entusiasmo intorno al decennio 1970-80. Va detto che la nascita di rapporti personali fra soggetti con FC è lo stesso un evento comune nonostante ormai da quasi tutti i centri si cerchi di ridurre le occasioni di incontro all’interno degli ambienti di cura. Il sostegno psicologico che può derivare dall’amicizia fra persone che condividono una realtà di malattia e problematiche comuni è spesso importante e rinunciare a coltivare questi rapporti all’esterno dei centri può rappresentare talvolta un vero sacrificio. È certamente riduttivo suggerire che si può mantenere un contatto attraverso le molte vie che oggi il web mette a disposizione: non è la stessa cosa! Nessuna raccomandazione, per quanto dettata da giuste e sensate considerazioni, può essere imposta: si tratta di una scelta personale il più possibile consapevole. È perciò necessario comprendere le motivazioni razionali e scientifiche che stanno alla base delle raccomandazioni dei medici per assecondarle e accettare di mantenere contatti con le altre persone affette da FC con modalità a basso o nullo rischio di contagio. Bisogna farsene una ragione, oppure accettare il rischio. Ci auguriamo che queste informazioni possano costituire un piccolo aiuto per motivare una scelta razionale ”
Venendo al caso della bambina della domanda, il nostro suggerimento pratico è di parlarne per le occasioni future con i medici e, se c’è, con la psicologa del centro di riferimento. La decisione da prendere è importante e va presa nel contesto della loro personale situazione. Se ci fosse l’orientamento ad assumersi il rischio di frequentarsi, dovrebbe essere una decisione condivisa da entrambe le famiglie, con la consapevolezza che oggi le due bambine hanno lo stesso batterio, un domani una potrebbe averne uno più severo dell’altra. Forse può essere d’aiuto ai genitori questa riflessione: le misure preventive, siano esse elastiche o rigide, che entrambe le bambine dovrebbero adottare per incontrarsi anche fuori dal centro FC le farebbero sentire sì uguali fra loro, ma diverse dalle altre/altri bambini. E rischierebbero, secondo chi scrive, di isolarle in un cerchio dove la fibrosi cistica avrebbe un peso rilevante, per vari motivi. Mentre invece coltivando amicizie con bambini che non hanno la fibrosi cistica potrebbero valorizzare maggiormente altri aspetti del loro modo di essere e di crescere.