Salve, sono uno dei pazienti che si sta sottoponendo alla sperimentazione del PTC124, sono passati solo 15 gg dall’inizio dell’assunzione e ho anche un amico che invece è un mese che sta prendendo il farmaco. A tutt’ora non abbiamo riscontrato nessun cambiamento. Possibile che a entrambi ci sia capitato il placebo? A questo punto lo spero, perchè sennò mi viene da pensare che il farmaco non funzioni. Abbiamo cercato di chiedere a una dottoressa che sta seguendo la sperimentazione se ci sono pazienti in cui c’è stato qualche cambiamento evidente, ma non ci ha fornito nessuna risposta esaustiva. Immaginerete voi quanto sia per noi importante avere per lo meno un minimo di riscontro, sempre nel rispetto della privacy, ma soltanto sapere se effettivamente se, tra i tanti pazienti che ci sono, si vede un qualche cosa. Spero vivamente che possiate riportarci anche una minima informazione: se non possibile qui, anche con una risposta in privato. Grazie di cuore
Abbiamo ripetutamente scritto su questo sito su come funzionano gli studi clinici randomizzati con placebo e in doppio cieco. Questo studio multicentrico su PTC124, coordinato centralmente, è appunto uno di questi studi. Nessuno, né il paziente né il medico sa se nel singolo caso sia stato assegnato il farmaco o il placebo. Difficile poi trarre qualsiasi considerazione dalle prime fasi di trattamento. Inoltre non è detto che l’eventuale efficacia clinica sia misurabile da come si sente o sta il singolo paziente e forse nemmeno dalle eventuali variazioni della funzione respiratoria. L’effetto del farmaco può essere molto diverso da caso a caso. Non è questione di privacy: purtroppo, per avere informazioni sul livello di efficacia del farmaco bisogna aspettare la conclusione dello studio, mettere insieme i dati di tutti i pazienti trattati (distribuiti in molti centri), fare elaborazioni statistiche per valutare le eventuali differenze tra farmaco e placebo. Fino a quel momento è del tutto inutile cercar di capire se il farmaco funziona terapeuticamente nel singolo caso.
Ci permettiamo di aggiungere una considerazione di ordine generale. Un paziente che accetta di partecipare ad un trial clinico dovrebbe realizzare il concetto che egli collabora a valutare se un farmaco possa avere in futuro un significato nel trattamento della malattia, non nel trattamento del suo caso specifico ma in generale. Accetta quindi tutte le incertezze della sperimentazione e non è detto che il partecipare allo studio porti ad un vantaggio personale, porta un vantaggio generale alla conoscenza delle possibilità di quel farmaco, che ha già superato con suggestioni positive le fasi di studio preclinico: le incertezze riguardano la possibilità di assumere placebo, la possibilità di qualche effetto collaterale (in questo caso probabilmente molto contenuta), la possibilità che il farmaco dia un effetto insufficiente e che la sua validazione possa richiedere anche uno studio successivo, eventualmente con dosi e modalità diverse di somministrazione, etc. Inoltre, in questo studio sono stati inseriti pazienti con diversi tipi di mutazioni stop e non è sicuro che il farmaco funzioni bene per tutti i tipi di mutazioni stop. In sostanza bisogna realizzare il concetto che il partecipare ad un trial clinico è innanzitutto un servizio vero e proprio che si fa all’intera comunità di malati. Senza questa decisa convinzione si rischia anche di mollare nel corso dello studio, mettendo così a rischio la qualità dello stesso. Una tale convinzione dev’essere associata anche all’idea che il malato è indispensabile alla riuscita di questi studi: senza l’aiuto dei malati non raggiungeremmo mai gli obiettivi di una cura innovativa per la fibrosi cistica.
PS. Gradiremmo che i nostri interlocutori non si certificassero nelle domande come “anonimo”.