Vista la modalità di trasmissione della FC, ha senso far eseguire il test genetico ad entrambi i genitori in prima battuta? Non sarebbe più corretto farlo eseguire prima ad uno e, qualora questi fosse portatore, farlo eseguire anche all’altro?
Effettivamente in base alle modalità di trasmissione della malattia FC solo le coppie in cui entrambi sono portatori hanno rischio di avere un figlio malato. E quindi potrebbe essere sufficiente che uno solo dei due facesse il test e risultasse “negativo”. Tra l’altro in questo modo, se il test fosse inserito in un programma a carico della sanità pubblica, ci sarebbe un risparmio sui costi. E numerosi progetti pilota di offerta del test alla popolazione generale realizzati negli anni 90 si sono basati su questa strategia: offerta del test inizialmente solo alla donna, specialmente alla donna che andava in ospedale o al consultorio per la prima visita per gravidanza. E solo se la donna risultava portatrice il test veniva esteso al partner (1,2). Gli svantaggi riscontrati con questa strategia sono stati: il notevole stato d’ansia che si veniva a creare nella donna in attesa del risultato del partner ; una sorta di eccessiva responsabilizzazione della donna rispetto all’uomo per quanto concerne i rischi genetici (presenti in entrambi i sessi !) e lo stato di salute del nascituro; a volte la difficoltà stessa di coinvolgere il partner, o perchè lontano, o perchè riluttante e meno disponibile in quanto informato solo indirettamente sulla malattia e sul test FC.
Forse per questo le esperienze più recenti hanno puntato all’esecuzione del test contemporaneamente in entrambi i partner. E questo modo di procedere è risultato meno economico, ma più accettabile da parte della coppia. Se il prelievo contemporaneo in entrambi non è stato possibile, si è realizzata una modalità semplice di raccolta (anche a casa) del campione di saliva nel partner, con invio al laboratorio per l’indagine il prima possibile e indipendentemente dal risultato nella donna.
Quando si applicasse la strategia del test in uno solo dei due partner, c’è anche un altro problema, che si potrebbe verificare molto raramente, ma è comunque da citare. E’ il problema delle coppie formate da un soggetto “negativo” al test e da un portatore accertato. Con il metodo del test eseguito in entrambi, queste coppie vengono identificate e informate di avere un certo rischio di FC nei figli (è un rischio chiamato ” intermedio”: 1 su 400 circa). Questa informazione può far decidere al soggetto “negativo” di eseguire un test genetico più approfondito: se risulta negativo anche a questo, il rischio di figli con FC per quella coppia diminuisce (può scendere intorno a 1 su 1000 circa, senza mai arrivare, con nessun tipo di test, a zero). Invece con il metodo del test eseguito in uno solo dei due, dal momento che dopo la negatività di uno non si procede con il test nell’altro, alcune di queste coppie non verrebbero identificate e informate. E’ intuibile come sia molto diversa, per varie ragioni, la situazione in cui la coppia “sa” del rischio e decide come affrontarlo (si possono leggere varie risposte su questo argomento delle coppie a rischio intermedio), da quella in cui lo ignora.
Per maggiori dettagli si può leggere su questo sito il documento “Il test per il portatore sano di fibrosi cistica” e osservare le tabelle finali del documento.
1) Loader S et all “Cystic fibrosis carrier population screening in the primary care ” Am J Hum Genet 1996; 59(1): 234-47
2) Harris H et all “Pilot study of the acceptability of cystic fibrosis carrier testing during antenatal consultations in general practice” Br J Gen Pract 1996; 46(405): 225-7