Salve. Ho letto che il Symdeko può essere utilizzato per trattare anche mutazioni con funzionalità residua. Mia figlia presenta le seguenti mutazioni: R1162X, appartenente alla prima classe, e L1077P, mutazione dalla classificazione incerta ma comunque con residua funzionalità. Vorrei sapere se c’è la possibilità che questo farmaco possa essere sperimentato su di lei. Grazie.
Non sappiamo se ci saranno altri trial clinici con Symdeko (terapia di combinazione del correttore tezacaftor con ivacaftor) (1), ci sembra improbabile dal momento che il farmaco è già entrato in commercio negli USA. Circa i malati candidati all’uso di Symdeko, abbiamo già detto che le informazioni fornite dalla casa farmaceutica produttrice non ci sono apparse chiare (si può leggere quanto già scritto nell’articolo pubblicato su questo sito il 19 febbraio). In particolare, ci sembra confondente la frase “Sono stati ritenuti indicati al trattamento con Symdeko i soggetti omozigoti per la mutazione F508del e quelli che hanno almeno una mutazione che risponde al trattamento con Symdeko”. Non si parla cioè di un tipo, meccanismo o classe di mutazione per cui il farmaco sarebbe indicato. Si dice che Symdeko è indicato per quelli che rispondono al suo trattamento. Come fa un malato, in assenza di altre informazioni, a sapere se le sue mutazioni rispondono a Symdeko? Assumendolo e sperimentandolo personalmente?
Non sappiamo se sia questo il senso del messaggio Vertex. È comunque un messaggio che lascia spazio all’ipotesi che il malato, americano o italiano che sia, disposto a spendere una fortuna per procurarsi il farmaco, dia inizio a sperimentazioni autogestite (per quanto tempo? con quali parametri di efficacia? quali effetti collaterali?). Sconsigliamo vivamente iniziative di questo genere e raccomandiamo di avere fiducia nei medici curanti FC e cercare di valutare sempre assieme a loro il significato di questo messaggio.
Confidiamo molto, piuttosto che nei comunicati orientati a politiche commerciali, nei progressi della ricerca: per esempio nell’avanzamento dei “modelli biologici” di malattia, derivati da cellule dello stesso paziente (per esempio gli organoidi intestinali), con i quali sarà possibile valutare individualmente, prima del loro impiego, il funzionamento di certe mutazioni CFTR e la risposta ai nuovi farmaci. Il test su “modelli biologici” (marcatori predittivi di efficacia) non si può considerare esattamente sovrapponibile alla prova nel malato, come sarebbe quella condotta attraverso trial clinico, ma è quanto di più vicino oggi potremmo disporre. Questi modelli di predizione di efficacia non sono però ancora entrati nella pratica corrente, ci sono degli aspetti metodologici che vanno perfezionati e risolti, speriamo in un futuro abbastanza breve. Di quest’ argomento si parlerà al prossimo Seminario di Primavera (Verona, 19 Maggio 2018).
1. Recenti studi clinici sul trattamento combinato con Tezacaftor-Ivacaftor, 23 novembre 2017