Prima domanda
Buongiorno, sono mamma di un ragazzo FC di 15 anni. Oggi ho contattato la sua scuola per capire le modalità di rientro. Con la massima apertura mi hanno comunicato che stanno pensando in modo particolare a mio figlio e a un altro ragazzo, sempre FC, ma che hanno bisogno del nostro supporto.
Credo che sarebbe utile che il mondo scientifico FC ci fornisca delle linee guida per supportare l’operato dei dirigenti scolastici. Avete pensato già a qualcosa a riguardo? L’opinione o suggerimento della singola famiglia non credo sia di grande aiuto ma oltretutto non competente. Grazie.
Lorena
Seconda domanda
Buon pomeriggio.Il mio bimbo di 3 anni e mezzo è affetto da fibrosi cistica e dovrebbe iniziare il secondo anno d’asilo. Considerando la situazione attuale con il Covid-19, vorrei chiedervi: se foste voi i genitori mandereste vostro figlio all’asilo, considerando che già il primo anno tra il lockdown e le varie infezioni ha frequentato poco? Questa situazione mi crea ansia, visto che il bimbo dovrebbe stare con gli altri bambini, ma ho anche tanta paura che possa contrarre il virus. Attendo vostra cortese risposta.Grazie.
Caterina
Premettiamo alcune essenziali informazioni generali sui bambini e la scuola in rapporto alla pandemia Covid-19. Sono nel complesso rassicuranti.
Il primo punto riguarda la diffusione e il carattere della manifestazioni cliniche nei bambini e ragazzi di età inferiore a 18 anni, rilevate prevalentemente nel periodo di chiusura delle scuole stesse. Sono oggi disponibili un buon numero di lavori scientifici, realizzati anche durante fasi molto gravi della pandemia, che indicano come la possibilità che i bambini si infettino (suscettibilità all’infezione) e che a loro volta trasmettano il virus (contagiosità) aumenti con l’età; e come sia l’una sia l’altra risultino certamente minori nei bambini che negli adulti. Ci sono varie ipotesi per spiegare questo dato, su cui ora non ci dilunghiamo. Sembra fare eccezione la fascia d’età dei bambini sotto l’anno, in cui i casi di infezione risulterebbero più frequenti che fra quelli fra 1 e 4 anni (immaturità del sistema immunitario?).
Il secondo punto riguarda quello d’attualità, e cioè suscettibilità all’infezione e contagiosità in rapporto alla frequenza scolastica. Mancano chiaramente dati italiani, essendo state tutte le scuole chiuse precocemente agli inizi della pandemia. Però ci si può rifare alle esperienze realizzate e pubblicate in altre nazioni: Francia, Israele, Olanda, Regno Unito, USA. Sono ricerche che nel complesso mettono insieme un numero molto elevato di bambini (per lo più dai 3 agli 11, un po’ meno dagli 11 ai 18 anni) e altrettanto elevato di adulti dello staff scolastico (insegnanti e altro). Sintetizzando molto, possiamo dire che il numero delle strutture che hanno avuto focolai di infezione è stato molto basso: ad esempio, nel Regno Unito, su 23.400 strutture riaperte per una ridotta sessione estiva, solo lo 0,01% ha avuto focolai di infezione; solo 70 bambini su oltre 1 milione hanno presentato l’infezione. Inoltre è abbastanza documentata l’evidenza che questi bambini abbiano avuto maggiore probabilità di infettarsi a casa o attraverso focolai infettivi extra-scolastici. È invece leggermente diverso il discorso riguardante il personale scolastico, che sembra aver presentato maggior rischio di infezione rispetto agli studenti di tutti i gradi e di tutte le scuole. Di qui l’importanza delle misure sanitarie di prevenzione in questa fascia di popolazione adulta.
In base ai dati raccolti e alla valutazione cruciale circa l’importanza della frequenza scolastica come elemento indispensabile di sviluppo psico-sociale per bambini e adolescenti, istituzioni, organizzazioni e società scientifiche si sono espresse, in Italia e all’estero, a favore della riapertura delle scuole. Ne deriva anche l’osservazione che perché questa riapertura non sia transitoria, è fondamentale ridurre o mantenere bassa la trasmissione del virus all’interno della comunità. Se questa è mantenuta bassa, dicono le ricerche, il virus si diffonde meno anche nelle scuole e non è la frequenza scolastica che la fa aumentare (dati da Finlandia, Belgio, Austria, Taiwan, Singapore).
Riportiamo sotto un elenco di documenti utili, disponibili su web per chi volesse approfondire. Molte delle informazioni qui sintetizzate sono presenti per esteso nelle pagine elettroniche (di prossima pubblicazione) della Rivista “Quaderni ACP” (1) , dove ACP sta per Associazione Culturale Pediatri. Nella rivista vi è anche una sezione dedicata alle famiglie. Ringraziamo il dottor Michele Gangemi, direttore della rivista, per averci dato la possibilità di queste sintesi ad uso del sito FFC.
Per quanto concerne i bambini con FC ingenerale, non abbiamo molte informazioni sull’impatto che ha avuto in loro la pandemia. Alcuni dati sono stati forniti recentemente (20 agosto 2020) dalla Società Europea FC (2), che ha raccolto informazioni da 38 nazioni europee: tra tutte, 18 hanno avuto casi con contagio (151 casi, di cui 21 dall’Italia), 19 nessun caso conosciuto; i bambini da 0 a 11 anni erano 16 e i ragazzi da 12 a 17 anni erano 19; situazioni serie hanno riguardato solo casi di adulti con situazione clinica compromessa. Complessivamente, sembra che l’infezione da Coronavirus non abbia coinvolto la popolazione delle persone con FC, bambini inclusi, più che la popolazione generale e comunque con virulenza piuttosto contenuta: su questo vi sono stati anche i primi tentativi di interpretazione scientifica (3).
Non ci sono linee guida dedicate al problema della frequentazione della scuola da parte di bambini con FC in questo periodo. Crediamo che, al momento, ci siano considerazioni di buon senso e di valutazione da fare caso per caso. Sappiamo che la SIFC (Società Italiana FC) sta elaborando un documento di suggerimenti per i Centri FC, che si basa sostanzialmente sull’opportunità che le famiglie prendano contatto con il proprio centro di riferimento, dopo aver consultato la scuola del bambino per averne informazioni sulle caratteristiche di sicurezza messe in atto. Si immagina che i Centri valuteranno le condizioni cliniche del singolo malato e le informazioni raccolte dalla famiglia sulla scuola, dando gli opportuni consigli.
Crediamo comunque che ogni sforzo ragionevole vada fatto per non privare della scuola i bambini e i ragazzi con FC, tenendo conto anche della possibilità, per qualche caso, di ripiegare su iniziative di insegnamento a distanza, che hanno avuto già esperienze nella fase di lockdown, e non ignorando peraltro la valenza umana e sociale che la scuola comporta per ogni persona.
1) acp.it/it/2020/07/quaderni-acp-2020-274.html
2) ecfs.eu/covid-cf-project-europe
3) I perché molecolari dell’impatto di SARS-CoV-2 (COVID-19) sui malati di fibrosi cistica
Per approfondimenti
– sip.it/2020/09/01/scuola-villani-sulle-mascherine-possibile-non-indossarle-in-posizione-di-staticita-e-con-rispetto-delle-regole/
– Ministero dell’Istruzione. Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia
– Gruppo di lavoro ISS, Ministero della salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Emilia Romagna, Regione Veneto. Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia. 21 agosto 2021
– European Centre for Disease Prevention and Control, Objectives for COVID-19 testing in school settings