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6 Marzo 2017

Come relazionarsi in maniera normale con la malattia

Autore: Paola
Argomenti: Vivere con FC
Domanda

Il mio rapporto con la FC cambia ogni giorno. Ci sono giorni in cui mi sembra che questa patologia possa essere effettivamente tenuta sotto controllo, che non rappresenti altro che un bagaglio da portare nel corso della vita e che non possa nuocere in alcun modo se tenuta sotto controllo. In altri mi sembra una patologia estremamente pericolosa, pronta a “divorare” chi ne soffre. Come relazionarsi in maniera “normale” con questa patologia e soprattutto riuscire a razionalizzarla? Come fare ad accettare la sua presenza in persone a noi care, senza cadere in un pessimismo irrazionale e a pensare solo che possa accadere il peggio?

Risposta

Il sentimento espresso in questo messaggio ha caratterizzato molta parte della nostra vita professionale e crediamo che sia comune a molte persone che debbono fare i conti con un problema importante con cui convivere, in un alternarsi di speranza e di sfiducia. La fibrosi cistica cimenta in modo particolare la nostra capacità di far fronte alla malattia e di comporne la presenza con i nostri progetti di vita e con lo sviluppo delle attitudini vitali di cui pure sono ricche le persone che ne soffrono.
Spiace non poter dare le risposte attese da chi ci interpella, perché Internet non è lo strumento che può servire a questo. Perché non vi sono regole né linee guida per relazionarsi in modo “normale” con la malattia. Perché le vie per non rimanere sempre tra il pessimismo e la speranza sono diverse e ogni persona cerca e spesso trova efficacemente la propria: hanno a che fare soprattutto con l’ambiente, soprattutto familiare, in cui la persona cresce, si confronta e condivide le fatiche delle cure ma anche gli stimoli a non vivere la malattia come dominante su tutto di noi. Il tema cruciale è piegarsi nell’attesa del peggio o darsi da fare per far crescere il meglio. Oggi più che in passato è possibile scegliere l’opzione positiva anche per chi ha a che fare con questa malattia.

G. M.


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