Buongiorno, sono reduce dal Seminario di Primavera tenutosi a Verona lo scorso 19 maggio. In merito a quanto illustrato dal Prof. Galietta, riguardo la ricerca e la sperimentazione su nuovi composti costituiti da tre farmaci (due correttori + potenziatore) per soggetti con mutazioni F508del sia omozigoti sia eterozigoti, volevo chiedere che tipo di risposte cliniche, ovvero che grado di efficacia ci si possa aspettare dall’impiego di questi triplici composti. Mi spiego, ascoltando l’intervento del Prof. Castaldo riguardo le future terapie genetiche – ancorché molto lontane dalla sperimentazione clinica – si è rappresentata comunque un’ipotetica cura risolutiva della patologia FC, conseguente al ripristino completo dell’attività della proteina CFTR. Nel caso invece delle cure allo studio mediante correttori e potenziatori, che grado di risultato è realisticamente ipotizzabile? Si lavora in sostanza per attenuare gli effetti della malattia, ovviamente a seconda delle risposte individuali di ogni malato, oppure l’obiettivo può considerarsi più ambizioso?
Entrambi gli interventi di terapia genica (terapia genica tradizionale e terapia genica con tecnica CRISPR/Cas9) mirano a risolvere il problema alla radice: la terapia genica con CRISPR/Cas9 in particolare elimina la mutazione e ricostruisce la sequenza normale del gene, che può così fornire una proteina CFTR normale.
La terapia farmacologica con farmaci modulatori di CFTR (tali sono i correttori e i potenziatori) interviene sulla proteina mutata: nel caso dei correttori usati per esempio nei soggetti con mutazioni di classe II (come F508del) il farmaco permette il recupero di una quota variabile della proteina e il suo arrivo sulla membrana cellulare, dove funziona come canale per il cloro, in misura inferiore al normale ma comunque sufficiente a prevenire la comparsa di sintomi FC. Nel caso dei potenziatori il farmaco potenzia la proteina mutata già presente in membrana già presente, aumentando il tempo di apertura del canale, la permeabilità o la stabilità.
Poiché sia la terapia genica che la terapia con modulatori di CFTR mutata sono rivolte a curare il difetto alla base della malattia, sono in grado di modificare fin da subito le sue manifestazioni cardine espresse a livello delle cellule degli epiteli, in dipendenza dalla modalità di somministrazione (la somministrazione orale dei modulatori interesserà tutti gli organi con epiteli secernenti, quella per aerosol interesserà solo o soprattutto le vie aeree). Con la somministrazione sistemica, per esempio, il sudore diventa meno concentrato in sale (livello di ione cloruro tendente alla normalità), il muco ritorna a essere fluido con restanti caratteristiche (acidità, presenza di batteri) simili al normale; con la somministrazione aerosolica (presumibile per la terapia genica) si avranno invece solo gli effetti a livello bronchiale. Cambiando le caratteristiche del muco e più in generale del fluido che riveste i bronchi (fluido periciliare), le esacerbazioni infettive diminuiscono nettamente e la salute del malato migliora. Venendo meno il danno polmonare quotidiano legato a muco e batteri, la malattia si ferma, il danno anatomico viene stabilizzato mentre la funzionalità respiratoria in genere ha un certo miglioramento (se il danno anatomico non è molto avanzato). Si riduce la necessità di aerosolterapia e fisioterapia appunto in funzione di quale è la situazione polmonare su cui si interviene. I nuovi farmaci tolgono alla malattia il suo carattere progressivo-peggiorativo, questo è l’effetto fondamentale, che nessuna cura tradizionale è in grado di determinare.
Per questo, la risposta è che con le nuove terapie certamente si mira a questo obiettivo più ambizioso.
Bisogna peraltro dire anche dei limiti delle nuove terapie: se somministrate molto precocemente, per esempio vicino alla nascita, potrebbero prevenire anche completamente l’instaurarsi di danni irreversibili agli organi interessati (ma non abbiamo sinora esperienze di questo). Se il trattamento inizia più tardi, quando alcune alterazioni organiche si sono già instaurate (per esempio, bronchiectasie importanti e fibrosi nei polmoni, trasformazione fibrosa del pancreas), le nuove terapie possono stabilizzare la malattia, ma non possono eliminare il danno eventualmente già presente (es. recupero delle bronchiectasie e della fibrosi polmonare). Alcuni studi indicherebbero che, in qualche misura, ci sarebbe un lento miglioramento anche di questi aspetti, ma assai improbabilmente una regressione integrale. Lo stesso avviene a livello pancreatico: gli acini pancreatici deputati alla secrezione degli enzimi, se danneggiati e sostituiti da tessuto fibrotico, non tornano a una morfologia e funzione normale. Per questo permane la necessità di assumere enzimi pancreatici, che però probabilmente agiscono meglio di prima perché l’ambiente digestivo ha nel complesso caratteristiche generali più normali, e questo porta a un marcato aumento di peso e miglioramento della situazione nutrizionale in tutti i soggetti che iniziano terapie con nuovi modulatori di CFTR.
Dato il poco tempo trascorso dall’immissione nel mercato e nella pratica terapeutica dei modulatori di CFTR, manchiamo ad oggi di studi clinici che documentino per un arco di tempo prolungato che cosa succede nel malato dopo che li ha iniziati (studi post marketing); ma questi verranno sicuramente nei prossimi anni e daranno riposte importanti (1, 2).
Una delle sfide della ricerca nel campo dei nuovi farmaci è la possibilità di somministrarli, senza effetti collaterali importanti, a un’età sempre più precoce, quando ancora non ci sono danni polmonari e quelli pancreatici, se presenti, sono ancora modesti. In questo modo si mira a ottenere un obiettivo ancora più ambizioso: preservare la normalità degli organi e limitare quindi la terapia necessaria al solo impiego dei farmaci modulatori di CFTR, eliminando le terapie rivolte alle complicanze polmonari, pancreatiche e di altri organi. Anche in Italia l’indicazione alla terapia con Orkambi per soggetti con doppia copia di F508del si è abbassata dai 12 ai 6 anni, l’indicazione a Kalydeco dai 6 anni ai 2 anni. Per Kalydeco è in corso un trial clinico internazionale per studiarne la sicurezza e tollerabilità in piccolo gruppo di bambini di 1-2 anni, la conclusione è prevista per il 2020 (3).
1) Hubert D, Chiron R, Camara B et all. “Real-life initiation of lumacaftor/ivacaftor combination in adults with cystic fibrosis homozygous for the Phe508del CFTR mutation and severe lung disease”. J Cyst Fibros. 2017 May;16(3):388-391
2) Jennings MT, Dezube R, Paranjape S, West NE, Hong G, Braun A, Grant J, Merlo CA, Lechtzin N. “An Observational Study of Outcomes and Tolerances in Patients with Cystic Fibrosis Initiated on Lumacaftor/Ivacaftor”. Ann Am Thorac Soc. 2017 Nov;14(11):1662-1666.
3) A Study to Evaluate the Safety, Pharmacokinetics, and Pharmacodynamics of Ivacaftor in Subjects With Cystic Fibrosis Who Are Less Than 24 Months of Age and Have a CFTR Gating Mutation. ClinicalTrials.gov Identifier: NCT02725567.